Storie di coppie gay che aspettano che il loro sì venga riconosciuto
Articolo pubblicato sul sito de Il Tirreno l’11 aprile 2014
PRATO. Sono quattro le coppie omosex di Prato e provincia che sperano di poter regolarizzare la propria unione alla luce della sentenze del Tribunale di Grosseto sono almeno quattro. Si tratta di tre coppie di uomini e una di donne. Queste le loro storie.
Luciano e Davide e Cristina e Irene. Mercoledì Luciano Tanganelli si trovava a Parigi quanto ha letto, su un quotidiano italiano, la notizia che il Tribunale di Grosseto ha imposto al Comune di trascrivere il matrimonio di una coppia gay celebrato in America. Luciano è rientrato in Italia e si è subito messo in contatto con l’avvocatura Lgbt rete Lenford per saperne di più. Perché la cosa lo tocca da vicino.
Era il 26 settembre 2011 quando Luciano Tanganelli e Davide Sapienza pronunciarono il loro sì a New York. In quello stesso giorno, dopo di loro, si sposarono anche due ragazze di Prato, Cristina ed Irene.
«Ci facemmo da testimoni a vicenda – racconta Luciano – Una volta rientrati in Italia, dopo il matrimonio, io e Davide siamo andati ad abitare a Poggio a Caiano, le ragazze a Prato. Abbiamo chiesto di poter registrare il matrimonio nei rispettivi Comuni di residenza ma la risposta è stata negativa. La sentenza di Grosseto, quindi, è davvero storica e spero che questa possa essere un’apripista affinché anche noi e tante altre coppie possiamo finalmente vedere valido il nostro matrimonio. Che lo è in altri Stati – precisa Tanganelli – ma non in Italia».
Dal febbraio dello scorso anno la coppia si è trasferita da Poggio a Caiano a Lastra a Signa, paese originario di Luciano dove lavora come ragioniere. Con l’arrivo dei gemellini l’abitazione di Poggio era diventata piccola.
I due infatti sono genitori di Andrea ed Elisabetta, che a giugno festeggiano i due anni (nati da una “gestazione di sostegno”). «Mai abbiamo nascosto la nostra volontà di volere dei figli – spiega Luciano – conduciamo una vita normale perché siamo una famiglia normale e che fa tutto alla luce del sole. A Poggio a Caiano come a Lastra a Signa, dove siamo ora. Spero davvero – conclude – che si possa essere vicini ai riconoscimenti che ci spettano. Quei diritti e doveri di ogni coniuge».
Stefano e Stefano. Stefano Lastrucci e Stefano Tomassoli si sono sposati il 22 aprile dello scorso anno, dopo aver annunciato l’evento sul loro sito dove avevano inserito anche le istruzioni per il loro regalo di nozze. Ed hanno trasmesso in diretta streaming le immagini della loro cerimonia di nozze a New York.
Entrambi pratesi, Stefano Lastrucci e Stefano Tomassoli vivono insieme da oltre 10 anni. Galeotto per loro fu il Comune di Prato dove entrambi lavorano. La scelta degli Stati Uniti è arrivata perché nella Grande Mela è sufficiente recarsi presso l’Office of the New York City 24 ore prima della cerimonia per ottenere la licenza matrimoniale.
Marco e Alessandro. Marco e Alessandro, rispettivamente 50 e 42 anni, hanno coronato lo scorso anno il sogno della loro vita: unirsi in matrimonio. I due vivono insieme da 18 anni. Abitano a Carmignano e conducono una vita normale.
«Io e il mio compagno – racconta Alessandro – abbiamo comprato casa insieme alla suocera. Ci abbiamo messo un terzo dei soldi per uno. Abita con noi anche la cognata. Eppure – aggiunge con un filo di ironia – non litighiamo e conviviamo felicemente».
«Abbiamo il conto in banca in comune, paghiamo le tasse come tutti, e non capiamo perché lo Stato non ci riconosca quella che è una cosa sacrosanta: avere il riconoscimento legale del nostro matrimonio». Con l’aggravante che Carmignano, come del resto quasi tutti i comuni della Toscana, non ha un registro delle unioni civili che permetta almeno di riconoscere una coppia di fatto.
Così la battaglia di civiltà passa anche dalle stanze di un notaio. «Ci siamo andati per fare un testamento biologico olografo, cioé scritto a mano. E’ un documento che rimane, che ha più valore. Se succedesse qualcosa di grave a me o al mio compagno, dovrà essere rispettato».
Marco e Alessandro hanno pensato anche di adottare un bambino. «L’amore per un figlio, che sia preso da un orfanotrofio o meno, non dipende dal sesso dei genitori. La cura e l’affetto possono venire da una coppia etero come da una coppia omo. Noi ci siamo informati. Peccato che la pratica sia troppo lunga e forse avremmo dovuto attivarci qualche anno prima».