Mio figlio è gay! E ora con chi ne parlo?
Articolo di Chuck Colbert pubblicato sul settimanale National Catholic Reporter (Stati Uniti) del 19 settembre 1997, tradotto da Antonio M.
Mary Ellen, quando seppe che suo figlio era gay, decise di parlarne prima al suo miglior amico. Ricorda “stavo meglio, trovavo molta serenità nel confidarmi e nessuno dei nostri amici o conoscenti ebbe delle reazioni negative. Almeno che io ricordi”. I coniugi Lapotas ora sono totalmente sinceri. “Non ci curiamo più di chi sa”, dice Mary Ellen. Il loro è stato un lungo cammino, come quello di tanti altri genitori credenti posti di fronte alla scoperta dell’omosessualità del proprio figlio.
Racconta Charles Connors di Boston, padre di un figlio gay, che “La rabbia che i genitori sentono, subito dopo questa scoperta, è diretta soprattutto verso la società e la chiesa, e secondariamente a quello che si sta dicendo o si sta tacendo” . Connors ricorda come la sua rabbia si inasprì durante una conversazione col suo parroco che gli ricordò l’insegnamento della chiesa ufficiale sull’omosessualità.
Tale insegnamento, inserito nel catechismo della chiesa cattolica, dal 1994, impone ai gay l’astinenza dall’attività sessuale perchè gli “atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati. … essi non vanno verso una complementarità affettiva e sessuale. In nessuna circostanza possono essere approvati”.
Ma il Catechismo stabilisce anche che le persone omosessuali devono “essere accettate con rispetto, compassione e sensibilità ed ogni segnale di discriminazione ingiusta, nei loro riguardi, dovrebbe essere evitato.” “Chiaramente io conoscevo la posizione della chiesa”, dice Connors, “non la condividevo allora e non la condivido certamente ora. Non penso ci sia una frase dove Gesù dice che un genitore deve fare una scelta tra suo figlio e la sua chiesa. E’ assurdo che qualcuno creda che c’è qualcosa di sbagliato in mio figlio”.
Il figlio di Connors, Mark , ha una relazione stabile da sette anni. Uno dei suoi cinque figli e rivelò ai suoi genitori la sua omosessualità cinque anni fa. La madre di una ragazza lesbica che vive nel Sud degli Stati Uniti, che ha chiesto che il suo nome non venga citato, descrive l’attesa e la depressione che possono accompagnare la scoperta di avere una figlia lesbica: “Io vissi per molto tempo con sensi di colpa e rammarico.
Io mi struggevo nella sindrome di amore per il peccatore, ma odio per il peccato, ma non potevo vedere mia figlia come un peccatore!”. Anche sua figlia ha da tempo una relazione stabile. Per i genitori intervistati, la vergogna e lo shock provati li ha fatti giungere all’amore e all’accettazione di questa situazione.
Qualche volta il cammino di accettazione è stato lungo un paio di anni. Per alcuni è stato più lungo. Connors descrive quello che lui sente per suo figlio come un “amore incondizionato”. E’ sulla stessa linea di pensiero Nancy Mascotte che aggiunge: “io non voglio amarlo, nonostante la sua omosessualità, ma lo voglio stringere a me perchè è una persona omosessuale”.
Non è solo l’insegnamento ufficiale che fa male a questi genitori cattolici, ma anche la riluttanza della chiesa ad offrire una pastorale e un sostegno ai genitori e alle famiglie con ragazzi gay. “Io ho servito la Chiesa per tutta la mia vita”, ha detto un genitore, ma “ora che io ho bisogno di aiuto, la mia chiesa non fa niente”. Molti genitori hanno detto che alcuni sacerdoti o vescovi diocesani sono stati lenti nel rispondergli, oppure hanno rifiutato di fare qualcosa.
D’altra parte Margine Mayer, che scrisse una lettera nel 1991 al cardinale Statunitense Roger Mahony sul bisogno di aiuto nei confronti dei gay e delle lesbiche cattoliche, ora collabora come assistente amministrativo nella pastorale dell’arcidiocesi per gay e lesbiche cattolici. Recentemente Mayer e suo marito Bob, che hanno cinque figli, hanno fondato un gruppo di genitori cattolici sotto gli auspici dell’Arcidiocesi.
Un segnale dell’attenzione crescente nei confronti dei gay e delle lesbiche cattoliche è stata la quarta Conferenza Annuale della National Association of Catholic Diocesan Lesbian and Gay Ministries (Associazione Nazionale cattolica per la pastorale Diocesana per le Lesbiche e i Gay), tenuta a Los Angeles.
Nel 1996, in un altra parte degli Stati Uniti, Casey e Mary Ellen Lapota fondavano la Catholic Gay & Lesbian Family Ministry (Pastorale cattolica per famiglie di gay & Lesbiche), nella diocesi di Rochester (New York). Dopo la loro esperienza i Lapotas decisero di rompere il silenzio non solo nelle parrocchie, ma anche in tutte le diocesi perchè è un passo importante che va fatto.
Ricorda Mary Ellen che il “silenzio sull’omosessualità è devastante”.Se l’istituzione ecclesiale è stata spesso incapace di prendere delle decisioni, alcuni genitori cattolici hanno iniziato invece un’azione diretta. Alcuni di loro diedero al loro impegno delle svolte impensabili. Jean Proia di Canton e suo marito, Sonny, un attivista pro-vita arrestato per ben tre volte per la sua partecipazione a proteste antiabortiste, sono dei cattolici conservatori.
Il risultato di 13 anni di formazione alla scuola parrocchiale e del loro profondo affidamento alla fede ed hanno servito nella chiesa tutta la loro vita. Per 18 anni parteciparono anche al movimento del Rinnovamento Carismatico. Ma quando Jane seppe dell’omosessualità di suo figlio Mark iniziò un nuovo viaggio spirituale. “Qualcosa mi condusse là quel giorno, ed ebbi un’intuizione” racconta la madre, mentre ricorda la maglietta di Chippendale e i volantini e la bandiera arcobaleno da lei trovata mentre puliva la stanza del figlio di 17anni.
“Bandiera arcobaleno” o “Genitori, famiglie ed amici di lesbiche e gay” oggi, a Washington, è l’organizzazione nazionale da loro fondata per le famiglie con membri gay . All’epoca Mark era un studente in un Liceo maschile, una scuola francescana in Westwood (Mass.) . Ricorda ancora che fra Gregory, il direttore spirituale di Mark, le disse che “il tuo concetto di chi è Dio sarebbe cambiato!
Avere un figlio gay può essere una benedizione o una maledizione”. Jane Proia ricorda: “Io sapevo che non era una maledizione e Dio è sempre rimasto vicino a me”. Guardando al passato ricorda, “io e mio marito siamo cambiati radicalmente, emotivamente e spiritualmente. Noi prima avevamo una visione del mondo più stretta.
Ora abbiamo uno scopo importante ed una visione della vita più ampia. Abbiamo capito che Gesù è venuto per le persone, non per la chiesa, intesa come struttura ecclesiale”. I genitori cattolici lottano infatti con gli stessi problemi e le stesse domande dei genitori non-cattolici: L’omosessualità è una scelta? E’ un peccato? E’ innaturale? Cosa ho fatto per causarla?
Il mio ragazzo può essere gay e cristiano? Ma i genitori cattolici si chiedono anche: “Il mio ragazzo può essere gay e cattolico? Può andare ancora a messa?”.
Scoprire che l’omosessualità non è una scelta ha favorito molto l’accettazione di questa situazione da parte di molti genitori, come hanno dichiarato in diverse interviste. “E’ stata davvero una svolta per me”, così ricorda la madre di un ragazzo gay della Pennsylvania.
Suor Jeannine Gramick e Fra Robert Nugent, che hanno seguito gay e lesbiche cattoliche da almeno ventanni, sono d’accordo nell’affermare che le madri affrontano e risolvono più rapidamente l’accettazione dell’omosessualità del proprio figlio/a, mentre i padri sono più restii.
Suor Gramick e fra Nugent fondarono New Ways Ministry nel 1977, un centro cattolico nazionale nel Maryland che promuove la riconciliazione e la giustizia tra i gay e la chiesa.
Per alcuni padri, dice Charles Connors, il sesso è un problema. “Un problema scomodo per molti ragazzi ma anche per alcuni di noi.
I figli infatti non presumono che i loro genitori siano sessualmente attivi ed i genitori non presumono i loro ragazzi siano sessualmente attivi. Un modo un pò irlandese di risolvere il problema”. Le preoccupazioni principali per Connors sono la colpevolizzazione e la discriminazione che potrebbe colpire i giovani gay. “Pensavo che le persone estranee avrebbero odiato Mark, senza sapere realmente chi fosse e gli avrebbero fatto del male, solo a causa del suo orientamento”.
Per Jane Proia la domanda principale era di natura spirituale: “Il mio Mark andarà all’inferno? Perché ciò è quanto mi ha insegnato la chiesa, ed è ciò che io ho apprso sui gay”. “Io volevo sapere quello che diceva la chiesa cattolica.
Volevo sapere se vi erano altre persone nella chiesa che dicevano qualcosa di diverso. Quindi ho cominciato a cercare e a leggere.”
Uno dei primi libri che Proia ha letto è stato “Challenge to Love: Gay and Lesbian Catholics in the Church” (La sfida dell’more: gay e lesbiche cattoliche nella chiesa) di Gramick e Nugent.
Gramick e Nugent invitarono Proias ad un weekend con alri 55 genitori cattolici a Stamford (Connecticat) nell’ottobre di 1995. “Venerdì sera le persone parlarono al microfono per condividere le loro storie. Noi piangemmo tutta la notte. Era meraviglioso, gli uomini piansero di più tra tutti i presenti”, ricorda Proia. Dopo quella esperienza lei trovò aiuto in Catholic Parents Network (CPN), un’associazione di genitori cattolici di ragazzi gay e lesbiche presente negli Stati Uniti su scala nazionale. Catholic Parents Network non è un’organizzazione di appartenenza, ma i genitori possono dare i loro nominativi per formare così un elenco riservato di auto aiuto.
.Testo originale: What happens when child says, ‘I’m gay’?