Il don risponde. Perché la chiesa non vede l’amore gay
Email inviataci da Rosaria, risponde don Luca
Sono una ragazza come tante, studio all’università di una grande città. Sono stata impegnata nella mia parrocchia da anni e nel mondo del volontariato cattolico. Una vita piena, ma sino a ieri vuota di una presenza, l’amore.
Mi sono sempre chiesta perché non riuscissi a costruire una storia d’amore con un ragazzo, cosa non andava in me… Pensavo che prima o poi sarebbe successo… ed è successo! Solo che lui è una lei, una mia coetanea di corso. Amo una donna e finalmente sento il mio cuore fiorire. Mi sento viva e tutto acquista un senso. Con lei condivido la mia gioia ma anche la mia inquietudine di cristiana. Mi chiedo se è possibile che il mio amore, che mi ha fatto finalmente fiorire, sia per il mio parroco che per la mia chiesa qualcosa di pericoloso, di grave, di contro natura.
Sono parole che mi feriscono e mi allontano proprio da quella chiesa che ho amato sino a oggi… Ma perché la mia chiesa non riesce a gioire con me. Giro a voi questa domanda. Io di risposte sino ad ora non sono riuscita a trovarne. Grazie
Rosaria.
La risposta….
Cara Rosaria, è mai possibile che un amore possa essere pericoloso? Peccaminoso? Sbagliato? E’ mai possibile che due persone che si amano veramente possano veder condannato il loro amore? E’ sempre vero che il cuore deve lasciare spazio alla ragione? Che il “sentimento” deve prevalere su tutto e su tutti?
Vorrei rispondere alla tua lettera, riflettendo sulle domande che qui sopra mi sono posto, partendo da una premessa: il concetto di amore cristiano (se hai occasione leggi la “Deus caritas est” di Benedetto XVI) è un qualcosa di diverso dall’amore romantico che, soprattutto recentemente, ha preso sempre più spazio nella nostra cultura (e che tanto male ha fatto e sta facendo) perché vuole confinare o ridurre (e quindi banalizzare) l’amore al breve periodo in cui i due amati si chiamano con vezzeggiativi e la quotidianità è vissuta come una perenne luna di miele (forse un po’ ho estremizzato, ma non credo più di tanto), trasformando cioè l’amore da un sentimento profondo ad un mero sentimentalismo superficiale.
E, finita la luna di miele, finisce l’amore, la relazione si scioglie e si deve ricominciare a cercare, quasi fosse una perenne caccia al tesoro. Oggigiorno vediamo, infatti, quanto fragili siano le coppie, quando banali le relazioni… e il divorzio breve, che è all’esame del Legislatore, di certo non aiuta a costruire coppie più stabili. E questi sono i risultati dell’amore romantico, dell’amore che segue solo il cuore.
L’amore in realtà è qualcosa di più, perché l’amore vero richiede impegno che va rinnovato giorno dopo giorno, istante dopo istante, senza temere i momenti di difficoltà (che arriveranno, stanne certa) o di aridità (che ti colpiranno, perché un amore in cui tutto va sempre bene, PER FORTUNA, NON ESISTE: sarebbe noioso).
E quando questi tristi istanti arriveranno, sarà il momento di amare veramente l’altro (perché tanto nell’amore, quanto nella fede, è facile amare/credere quando le cose vanno bene; il bello viene quando arrivano le difficoltà, è lì che si sperimenta quanto grande è l’amore verso l’altro, quanto si è disposti ad investire per salvare, recuperare, quest’amore che ora sembra traballare).
L’amore è, metaforicamente parlando, comprare casa (= costruire una relazione) e poi abitarla fino alla morte (nella cultura italiana la casa è ancora oggi un bene sacro, una volta che la compri tendenzialmente è la stessa per tutta la vita), riparandola quando ha qualche problema (il tetto che filtra acqua, lo scaldabagno da sostituire, l’impianto elettrico da rifare), senza aver paura di spendere dei soldi (energie) per sistemare i danni, o di chiedere l’aiuto di qualche tecnico quando qualcosa da soli non lo si è capace di riparare.
Oggi invece per molti costruire una relazione vuol dire prendere in affitto un appartamento e poi, quando si è stanchi (magari anche solo di vedere lo stesso panorama fuori dalle finestre = la stessa persona), traslocare. E’ amore questo? No, è mercificazione dell’altro, che riduco ad un oggetto di piacere e non lo considero quale è realmente: un soggetto di amore. Questo sì è un “amore” peccaminoso, sbagliato, abominevole agli occhi di Dio.
Sono partito da questa premessa (forse noiosa, chissà, spero non troppo) perché ho voluto condividere con te cosa intenda la Chiesa quando parla di amore e come questo sentimento, tanto bello e nobile, non viva in funzione di un’onda emozionale (o ormonale) che ti coinvolge e a volte travolge ma trova fondamento e radicazione in un qualcosa di più grande, di più vero, di più autentico: il dono totale di sè all’altro.
Per quanto possa sembrare assurdo, a volte amare veramente una persona vuol dire anche rinunciare a lei. Se questa persona magari ha già una famiglia, è forse giusto rovinarla? Quale amore è più importante? Il tuo o quello dell’altro? A volte amare veramente vuol dire saper fare anche questo: mettere il bene dell’altro prima del proprio, donando così sè stesso completamente all’altro.
Tu ora hai cominciato a costruire questa relazione (hai comprato casa) con questa ragazza. Quindi se lo hai fatto vuol dire (e mi auguro) che in questo amore credi veramente, che questo amore per te e per lei è importante e soprattutto lo vedete SERIAMENTE per tutta la vita, perché se così non fosse (se è cioè solo un’emozione, un bisogno di non essere soli, una necessità di natura prettamente genitale – più caratteristico dell’ambito maschile ma non è che voi donne siete poi così sante), stiamo solo perdendo tempo, stiamo parlando del nulla.
Se invece tra voi c’è amore vero mi sembrano quanto mai lungimiranti e profetiche le parole dell’arcivescovo di Berlino, il card. Woelki quando dice “… se prendo sul serio il Catechismo, non posso vedere le relazioni omosessuali esclusivamente come negazione della legge naturale. Cerco anche di capire che ci sono persone che si assumono una durevole responsabilità reciproca, si sono promesse fedeltà e vogliono prendersi cura l’una dell’altra…”.
Presta attenzione a queste parole: responsabilità, fedeltà, cura… Sono parole impegnative, molto impegnative… Certo non tutti in seno alla Chiesa la pensano come lui. Ogni tanto, soprattutto da quelli che vengono definiti gli ambienti più “tradizionalisti” si sentono esternazioni molto gravi sull’amore omosessuale (con condanne spietate che a volte ti chiedi cosa abbiano di cristiano queste persone) e lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica usa parole severe non tanto sull’amore omosessuale, quando sull’espressione di questo amore tramite la genitalità (nella pratica: amatevi ma niente sesso). Facile a dirsi: il celibato è difficile per me che l’ho scelto, figurati cosa può essere per te che te lo trovi piombare addosso.
Tuttavia non dobbiamo perdere di vista che la Chiesa, che è comunque “semper reformanda” (che non vuol dire che è una banderuola che segue mode o tendenze sociali, ma che non si appiattisce su se stessa ma cerca di progredire sempre più verso l’amore per Dio e per i fratelli), è prima di tutto madre e accoglie ognuno dei propri figli che, per la cronaca, sono tutti peccatori: dal primo all’ultimo.
Quindi quando ti chiedi se tu sei sbagliata, se tu sei malata, dici delle fesserie. Quelli sono pensieri diabolici (dia-ballein in greco vuol dire divisione… sono pensieri che ti fanno, come dici tu, allontanare dalla Chiesa, dividerti da essa…). No! Lascia stare questi pensieri malsani, diabolici e sappiti, sentiti amata da Dio di un amore dolcissimo ed infinito, perché è lui che ti ha voluta, pensata, amata e chiamata all’esistenza. E’ lui che ti ha creato. E’ lui che ti plasmato.
E secondo te, può forse Dio sbagliare nella sua creazione? E anche l’amore che provate, se è vero, puro e sincero (e sopra ti ho indicato cosa vuol dire amore vero) non può essere sbagliato agli occhi di Dio, anzi Dio si compiace di questo amore ed in esso dimora: ubi caritas est vera, Deus ibi est: dove c’è amore vero, lì c’è Dio.
Alla sera della vita, infatti cara Rosaria, non ci verrà chiesto quanto sapienti siamo stati, o quanto ricchi siamo diventati, o potenti, o forti, o importanti. Non ci verrà chiesto quanti rosari abbiamo detto, o a quante messe abbiamo preso parte (perché l’Eucaristia non è una raccolta punti: “salve san Pietro sono Rosaria ho collezionato 14069 messe posso entrare? No, cara mi dispiace, il minimo è 14070…”, ho qualche dubbio sul fatto che funzioni così).
Alla sera della vita non ci verrà chiesto, pensa un po’, neppure quanto abbiamo peccato. Una sola domanda ci verrà rivolta: “Hai amato?”. Ecco tu, cara Rosaria, hai amato? Coraggio, amata figlia di Dio.
don Luca