L’Alleanza Evangelica Italiana, l’omosessualità e l’Assemblea Sinodo 2007
L'accoglienza delle persone omosessuali è un tema caldo all'interno delle varie chiese. Se tutti sono daccordo che bisogna "accoglierle" il come è ancora fonte di discussione. Così non devono stupire le considerazioni del Consiglio Esecutivo Federale dell'Alleanza Evangelica Italiana (AEI), che ha voluto recentemente riaffermare che "la normalità è indicata nel rapporto tra uomo e donna" rispetto alle aperture prospettate dal “Documento sull’omosessualità” approvato dall’Assemblea Battista/Sinodo valdo-metodista nel novembre 2007.
Continua a far discutere le chiese il “Documento sull’omosessualità” approvato dall’Assemblea battista/Sinodo valdo-metodista nel novembre 2007. Su questo documento il Consiglio Esecutivo Federale dell'Alleanza Evangelica Italiana (AEI), un organismo di collaborazione e collegamento di una parte delle Chiese evangeliche italiane, il 10 dicembre 2007 ha voluto esprimere alcune considerazioni e riffermare le sue "verità" su questo tema.
Infatti nel suo commento il Consiglio Esecutivo Federale dell'Alleanza Evangelica Italiana (AEI) si rammarica "di non aver avvertito" nel documento dell'Assemblea battista/Sinodo valdo-metodista un'adeguata considerazione delle posizioni espresse in precedenti documenti dall'Alleanza Evangelica Italiana (AEI), tra cui omosessualità: un approccio evangelico che termina con questa riflessione: "Un atteggiamento di accoglienza umana non significa quindi una legittimazione dell’orientamento omosessuale. L’omosessualità è e rimane un orientamento riduttivo rispetto alle potenzialità dell’essere umano.
I soggetti omosessuali, come del resto tutti i soggetti nessuno dei quali è normale sul piano etico, devono essere posti di fronte all’esigenza di ricostruire la propria identità secondo le piene potenzialità dell’essere umano e non secondo dei surrogati illusori che assolutizzano il sé e il simile a sé, non accettando la diversità delle relazioni e dell’altro da sé.
Questo cammino ricostruttivo dovrà essere sensibile ai costi umani richiesti a chi lo intraprende e dovrà trovare nella chiesa una comunità accogliente e simpatizzante, anche se ferma nella convinzione della superabilità della condizione omosessuale.
Per tutti gli esseri umani, senza distinzione alcuna di sesso e di orientamento, i cambiamenti radicali implicano rinuncia e dolore, ma sono gli unici a produrre una vera liberazione in vista di una piena umanità. Nessuna condizione umana deve essere considerata irreversibile; anzi, la possibilità della crescita umana presuppone la necessità del cambiamento".
Di fronte a queste affermazioni non deve stupire che il commento approvato dal Consiglio Esecutivo Federale dell'Alleanza Evangelica Italiana (AEI), pur affrontando "nodi qualificanti quali la comprensione dell'essere umano in relazione, in relazione davanti a Dio, e la comprensione dell'essere umano nel processo di salvezza, dunque nel discepolato e nella conversione", ricorda che "la normalità è indicata nel rapporto tra uomo e donna, dunque nel rapporto eterosessuale e monogamico".
Di fronte a quest'ultima affermazione Salvatore Rapisarda in qualità di vice presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (UCEBI), in una sua dichiarazione del 26 febbraio 2008 ha voluto ricordare al Consiglio Esecutivo Federale dell'Alleanza Evangelica Italiana (AEI) che «non c'è dubbio che questa posizione è ben nota e annovera dalla sua parte schiere di sostenitori. Tutto ciò, mi sia consentito ricordarlo, era noto alle persone che hanno formato il gruppo di lavoro sull'omosessualità (GLOM) e redatto il documento preparatorio; era anche noto alle chiese (n.d.r. Battista,Valdese e metodista) che hanno discusso il tema con interesse e passione, ed era noto alle credenti e ai credenti che hanno costituito l'Assemblea e il Sinodo. L'Atto che è stato approvato non dovrebbe essere abbassato a discorso "politically correct" o di "relativismo etico".
Nemmeno dovrebbe essere squalificato come distacco dalla Scrittura o come manipolazione di essa. Piuttosto dovrebbe essere visto, e così è stato formulato, come un atto di sobrietà intellettuale, di umiltà nei confronti della verità, di ascolto non finto delle esigenze di tutti (omosessuali e non) e di rivisitazione ubbidiente dalla Parola di Dio.
La verità, più che le esegesi bibliche sempre legate a contesti storici, è per noi colui che si definì "la Via, la Verità e la Vita": Gesù Cristo. Egli si è lasciato criticare dai formalisti del suo tempo, seppe accogliere tra i suoi le persone che venivano discriminate, mise la legge al servizio dell'uomo e non viceversa, aprì così il regno di Dio a tutti noi che lo confessiamo come Signore».
* * *
IL COMMENTO ESPRESSO DALL’ALLEANZA EVANGELICA ITALIANA SUL DOCUMENTO BATTISTA-VALDESE SULL’OMOSESSUALITÀ
Prendendo spunto dall’invito al confronto e alla riflessione contenuto nel “Documento sull’omosessualità” dell’Assemblea battista/Sinodo valdo-metodista (Nev, 7/11/2007):
1. Condividiamo totalmente i punti 4 e 5 quali necessarie condizioni (la condanna della violenza e della persecuzione) e finalità (le iniziative che promuovono la cultura del rispetto) su cui tutti gli evangelici devono e possono impegnarsi in modo congiunto. Ciò non vuol dire soccombere alla cultura del “politicamente corretto” che impedisce il libero (ancorché rispettoso) scambio di idee e bolla come “omofobe” tutte le visioni (compresa quella biblica) che non si adeguano al relativismo etico.
2. Rileviamo che, nonostante vi siano state prese di posizione da parte di altri organismi rappresentativi dell’evangelismo italiano sull’omosessualità (ad esempio il documento “Omosessualità: un approccio evangelico” dell’Alleanza Evangelica Italiana del 2003 [1] ), questi testi sono stati ignorati nel documento preparatorio del GLOM e nella discussione che ha preceduto l’Assemblea/Sinodo. Il dialogo tra componenti diverse dell’evangelismo italiano dovrebbe passare dalla conoscenza documentata delle posizioni altrui. Esprimiamo pertanto rammarico per questa ulteriore occasione mancata di confronto.
3. Notiamo nei punti 1 e 2 alcuni “vuoti” nella presentazione della prospettiva biblica sull’essere umano. E’ giusto il richiamo alla relazione come tratto fondamentale dell’antropologia biblica, ma manca il riferimento alla complementarietà dei generi maschile e femminile quale cornice della relazione d’amore che include la sfera sessuale. Dio ha creato l’essere umano “maschio e femmina” (Genesi 1,27) ed è questa relazione matrimoniale di coppia (“una stessa carne”, Genesi 2,24) che riceve la promessa di benedizione di Dio (Genesi 1,28).
E’ vero che il peccato ha infranto la complementarietà facendola diventare un luogo di conflitto tra uomo e donna (Genesi 3,16) e che la mascolinità e la femminilità sono soggetti a gravi distorsioni. Ma è altresì vero che, grazie all’opera di Gesù Cristo e nella potenza dello Spirito Santo, la complementarietà è ristabilita nell’ordine della redenzione (Matteo 19,4-5; Efesini 5,22-31; Colossesi 3,18-19; Ebrei 13,4).
Nel contempo, sempre nell’ordine della redenzione, sono considerati peccato tutte le relazioni sessuali (sia eterosessuali, sia omosessuali) che fuoriescono dal patto matrimoniale. Quindi affermare che una generica “relazione d’amore”, ancorché reciproca e libera, sia sostenuta dalla promessa di Dio è monca rispetto all’insegnamento biblico se omette di indicare quale sia la cornice biblica della relazione d’amore benedetta dal Signore e le distorsioni dell’adulterio e della fornicazione da cui la Parola di Dio mette in guardia.
4. Consideriamo bello il richiamo dei punti 1, 2 e 6 all’accoglienza reciproca basata sull’accoglienza di Dio. Anche qui, tuttavia, manca il riferimento all’appello alla “conversione” dalle varie forme d’idolatria a cui tutti gli esseri umani sono asserviti nel peccato alla libertà dei figli di Dio. Chi viene accolto da Dio intraprende un cammino di cambiamento e non rimane quello che è. Ciò vale per tutti, in quanto non esiste una persona che sia sessualmente “normale”. Tutti coloro che s’incamminano nella via del discepolato cristiano sono chiamati a ricostruire la propria identità di genere e di relazione sulla base del disegno biblico della complementarietà.
5. Riteniamo che l’invito a riconoscere i diritti civili delle coppie da parte dello stato (punto 7) debba avere come criterio la non equiparazione tra il matrimonio e altre forme di convivenza [2] e che i diritti debbano semmai essere riconosciuti alle libere scelte di individui nell’ambito di contratti privatistici.
6. Accogliamo con interesse l’invito a proseguire il confronto e la riflessione sul tema dell’omosessualità (punto 8) e condividiamo la base di partenza della discussione (“una lettura approfondita ed esegeticamente attenta della Scrittura”). Ci permettiamo di aggiungere che l’ascolto ubbidiente ed intellingente della Parola deve praticare i principi evangelici del tota Scriptura (non selezionando i testi, ma accogliendoli tutti) e del Scriptura sui ipsius interpres (non leggendoli in modo avulso, ma nell’ambito di tutto il consiglio di Dio).
Roma, 10 dicembre 2007
Il Consiglio Esecutivo Federale
dell'Alleanza Evangelica Italiana
[1] Disponibile sul sito www.alleanzaevangelica.org, pubblicato su Studi di teologia – Suppl. 2 (2004) pp. 2-9 dove si rende conto di un’ampia bibliografia evangelica sull’argomento e ripubblicato in Ideaitalia XI (2007/1).
[2] Si veda la “Dichiarazione sui Di.Co.” della Federazione della Chiese Pentecostali (4/4/2007) accessibile dal sito www.fcpitalia.org e i documenti dell’Alleanza Evangelica Italiana “Gli evangelici e le unioni di fatto” (18/9/2005) “Dico: tra ambiguità e para-matrimonio” (13/2/2007) accessibili dal sito www.alleanzaevangelica.org e pubblicati in Ideaitalia XI (2007/1).