La difficile realtà dei persone LGBT nelle comunità cristiane
Testimonianze tratte dal Rapport sur l’homophobie 2014 (Rapporto annuale sull’omofobia) a cura di SOS Homophobie (Francia), maggio 2014, pag.142, liberamente tradotte da Dino
Caroline, giovane donna innamorata di una straniera venuta in Francia come missionaria di una Chiesa cristiana, ci ha raccontato di come le è stato impedito da questa istituzione di vedere la sua compagna e conclude: “Ho avuto una forte depressione che mi ha causato dei problemi finanziari, poiché non riuscivo a lavorare dopo la devastazione causata da questa Chiesa, che va tanto lontano e distrugge tutto senza pietà, per un paio di frasi omofobe vecchie di 6.000 anni e che ai miei occhi non sono un segnale dell’amore di cui essa fa tanto sfoggio.”
Per Victor, la fine del suo periodo scolastico in un liceo cattolico è un sollievo: “Sono felice perché non dovrò più essere complice di questa ordinaria omofobia. Lo ammetto, ho sfilato sotto gli striscioni della Manif pour tous, quasi per certificare la mia buona eterosessualità.
Lo ammetto, ho applaudito alle prediche del prete della mia parrocchia tradizionalista, che sotto i dettami di Civitas ci mostrava perché le persone come me erano buone per essere bruciate.
Ma non so come ho fatto. Il mio ambiente famigliare è molto favorevole a questo genere di deviazione, ma io in fondo ho capito di odiarmi, ho capito che odio quello che sono.”
Dopo essersi espressa in classe a favore del matrimonio per tutti, Laure ha ricevuto la seguente email: “Sei una donnaccia, sei una fascista tu e tutti quelli favorevoli a questa follia, che vanno incontro [sic] ai fondamenti stessi dell’umanità, e il dirlo in pubblico dimostra che sei una donnaccia! Il matrimonio è un atto religioso, tutte le religioni proibiscono l’omosessualità. Perché è ciò che suggella la fine della civiltà”.
Testo originale: Rapport annuel 2014 (PDF)