Gli scout gay sfilano al Pride di New York per il diritto di esistere
Articolo di Vivian Yee pubblicato sul sito del New York Times (Stati Uniti) il 29 giugno 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
I portabandiera che aprono l’annuale marcia del Gay Pride nella Quinta Avenue a Manhattan domenica 29 giugno portano bandiere blu cielo, blu marino, rosso-bianco-blu e arcobaleno. Ma i colori che più stanno a cuore a quei partecipanti sono quelli che indossano. Camice kaki, pantaloni verde oliva e fazzolettoni arcobaleno: l’uniforme degli scout nello stile del Pride, uniforme che non si era mai vista indossata da un gruppo di partecipanti al Pride di New York. Sono venuti per segnare un’altra tappa dopo il voto storico dei Boy Scout d’America dell’anno scorso che ha messo fine al bando, durato decenni, verso i giovani apertamente gay.
Ora vogliono altro perchè l’organizzazione, pietra miliare dell’America tradizionale, proibisce tutt’ora agli adulti apertamente gay di diventare capi o fare i volontari. Mettere fine anche a questo bando è diventato una priorità per il movimento dei diritti gay. “Voglio che i genitori gay abbiano la possibilità di essere scout assieme ai loro figli” dice Greg Bourke, 56 anni, che racconta di essere stato costretto a dare le dimissioni da capo del reparto di suo figlio in Kentucky due anni fa, dopo che gli ufficiali avevano saputo che era gay e minacciato di revocare la promessa del reparto. “I capi adulti dovrebbero avere le stesse opportunità di chiunque altro di essere parte di un’organizzazione così fondamentale per l’America.”
Tra i costumi della sfilata, la tenuta degli scout è tra le meno eccitanti. Appena davanti a loro si può vedere un uomo con in testa un pappagallo vivo; sulla schiena di un altro sono spuntate enormi ali bianche.
Un terzo è vestito quasi solo di un paio di slip rossi ornati di medaglioni d’oro e munito di un paio di pattini. David Knapp invece sfoggia calzettoni verde oliva, scarpe da ginnastica nere e il fazzolettone del Jamboree nazionale del 1993, l’anno in cui gli ufficiali scout del Connecticut bussarono alla sua porta e lo espulsero dall’organizzazione dopo decenni di militanza in cui aveva ricoperto vari ruoli. Il cartello bianco e nero che Knapp, 87 anni, porta non può essere più esplicito: “Capo scout cacciato via perché gay”.
Ma la sua e le altre uniformi sono una provocazione. Gli ufficiali affermano che agli scout è proibito indossare le loro uniformi in manifestazioni ed eventi che sostengono posizioni sociali o politiche, incluso il Gay Pride, e in altri stati hanno sanzionato scout e capi per averlo fatto. Ma il consiglio della zona di New York ha adottato una politica di non discriminazione che i capi del gruppo che partecipa alla sfilata, chiamato Scout per l’Uguaglianza, ritengono li protegga.
Un portavoce dell’organizzazione nazionale ha rifiutato di commentare la vicenda. Assieme a scout e capi eterosessuali e omosessuali sfilano genitori ed eterosessuali sostenitori dei diritti gay.
C’è anche un contingente di giovanissime coccinelle e lupetti che trotterellano agitando bandiere a favore del matrimonio gay. David Knapp ha passato gli anni seguiti alla sua espulsione come agitatore per i diritti degli scout gay e ha sfilato al Pride per anni assieme allo PFLAG, un gruppo nazionale di genitori, famiglie e amici di lesbiche e gay, portando lo stesso cartello e vestendo la sua uniforme.
“È stato uno shock totale, perché tutto quello che ho fatto negli scout è stato buono” dice David a proposito del giorno in cui fu espulso. Poi ricorda come si innamorò dello scoutismo a 12 anni, nel 1938: “Non ero un atleta, ma amavo stare all’aria aperta, fare campeggio e quelle cose lì. Ero un introverso, il tipo dello studioso intellettuale, non avevo molti amici. Era magnifico avere degli amici”. Mentre parla, il fidanzato con cui ha una relazione da 14 anni, l’ottantaduenne Stan Wright, lo riempie di attenzioni passandogli l’acqua, un succo di frutta e un panino con burro di arachidi e gelatina. “Sono molto fiero e molto carico” dice David sorridendo tra un morso e l’altro.
Vicino a lui il diciassettenne Pascal Tessier di Kensington nel Maryland, forse il primo capo aquila apertamente gay, aspetta pazientemente l’inizio della festa. “Quel mattino mi svegliai molto nervoso, pensando ‘Forse questo è l’ultimo giorno in cui posso considerarmi uno scout’” dice riferendosi al giorno della votazione per rimuovere il bando ai giovani gay. “Mi guardo indietro e so che lo scoutismo ha formato la mia fanciullezza. Ha fatto di me quello che sono oggi. Mi ha insegnato a dirigere, mi ha insegnato ad essere rispettoso e responsabile”.
Gli scout non prendono la loro sfilata alla leggera. Non girovagano sull’asfalto, non ballano né danno il cinque agli spettatori. Mentre passano tra le urla eccitate della folla, portando le loro bandiere, vengono diretti da Peter Brownstein, determinati e in sordina, come se fosse una parata militare: “Dest sinist, dest sinist, dest sinist”.
Mentre il gruppo passa vicino allo Stonewall Inn, il bar del West Village noto per essere un monumento del movimento per i diritti gay, Brownstein e gli altri scout si fermano e fanno il saluto scout.
Brownstein, capo scout dello Utah, fu costretto a lasciare il suo reparto dopo aver sfilato al Pride di Salt Lake City lo scorso anno. Questo non gli ha minimamente impedito di venire alla festa di New York. Mostreremo che siamo fieri di essere qui” ha detto ai suoi scout.
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Testo originale: With Rainbow Neckerchiefs, Celebrating Pride and Progress at Parade