Signore ti ringrazio perché sono gay!
Testimonianza di Jean-Marc tratta dal blog GayAnglican (Francia), liberamente tradotta da Dino M.
Qualche mese fa ho avuto l’occasione di partecipare ad un incontro di cristiani omosessuali che si riuniscono regolarmente a Parigi. All’inizio era in programma una messa. Mi sono sorpreso di sentire il prete che parlava dell’omosessualità a mezza voce e soltanto come se fosse un peso, una prova, qualcosa con cui si è costretti ad averci a che fare, ma che non per questo è meno problematica.
Poi alla messa seguì un pranzo comunitario in cui ciascuno di noi aveva portato qualcosa da mangiare. E’ stato molto bello, ma devo confessare che, parlando con molte persone che erano presenti, sono rimasto impressionato dal senso di colpa che pervadeva molti di loro.
Dunque al giorno d’oggi ci sono ancora persone che si sentono colpevoli del loro orientamento sessuale! E’ vero che l’insegnamento tradizionale della Chiesa non è fatto in modo da aiutarci ad accettare noi omosessuali per quello che siamo.
Siamo accettati, è vero, ma a condizione che noi rimaniamo il meno visibili possibile e che non rivendichiamo dei diritti uguali a quelli degli eterosessuali. Certo abbiamo “il diritto” di essere omosessuali, dato che quasi tutti oggi riconoscono che non si tratta sicuramente di una scelta, ma ci viene rifiutata la possibilità di avere una vita affettiva e sessuale che ci dia gioia. Dovremmo in pratica astenerci da qualsiasi relazione sessuale e vivere nella castità e nella continenza!
Come non comprendere che a forza di sentire questi discorsi qualcuno finisca poi per sentirsi in colpa per i suoi desideri, le sue fantasie e talvolta persino per la sua vita di coppia che la Chiesa spesso rifiuta di benedire? Questo concetto di colpevolezza è ancora più forte in alcuni ambienti ecclesiali dove si ricorre spesso ai selezionare ai versetti tratti dalla Bibbia, ma accuratamente selezionati ed isolati dal loro contesto.
Noi dobbiamo resistere con tutte le nostre forze a questa manovra di colpevolizzazione, dato che la colpevolizzazione è la mafia della mente. Essa non fa altro che inculcare in noi la convinzione che valiamo ben poco agli occhi degli uomini e di Dio e che ci meritiamo di essere infelici al punto che alcuni pensano addirittura di suicidarsi (il tasso di suicidi è tre volte più alto negli adolescenti gay!).
Gesù non è certo venuto per ispirarci questi pensieri negativi, ma al contrario per liberarci da essi. Egli ci ama così come siamo e per Lui non ci sono né ebrei né greci,né uomini né donne, né gay né etero. Noi siamo tutti uguali ai suoi occhi e destinati a ricevere le sue promesse attraverso il nostro battesimo che ci ha fatto addirittura “sprofondare” dentro Cristo. Qualunque sia il nostro orientamento sessuale, noi siamo chiamati a nascere di nuovo, lasciandoci rigenerare dallo Spirito Santo.
La prima tappa è dunque l’accettazione di noi stessi così come siamo, o piuttosto così come Dio ci ha creati. Per alcuni questa è una tappa difficile da superare, poiché comporta la loro rinuncia all’illusoria speranza di “cambiare”, li costringe a dire addio per sempre all’eterosessualità. Spesso si fa fatica ad accettare tutto questo. Pertanto è solamente accettando la realtà così com’è e non come vorremmo che fosse, che noi possiamo liberare noi stessi.
Allora Dio riesce ad occupare il posto che gli spetta in un cuore disponibile e non più in lotta contro dei sogni irrealizzabili. Allora potremo dire come Maria: “Che sia fatto ciò che deve essere!”
A volte abbiamo bisogno di fatti molto concreti per riuscire ad arrivarci. Per esempio, decidere di fare il proprio “coming out”, vale a dire di rivelarsi alla propria famiglia, agli amici, ai colleghi di lavoro. Ed è compito poi di ciascuno vedere cosa può essergli maggiormente di aiuto secondo il contesto in cui si trova. Non si tratta certo di esporsi inutilmente al rischio.
Il fatto di vivere nella verità ci libera di un grande peso e permette all’energia che abbiamo in noi di traboccare dal nostro essere e di pervadere anche gli altri. Non diceva Gesù stesso: “La Verità vi renderà liberi” e ne ha pagato il prezzo! Spesso noi stessi dobbiamo pagare di tasca nostra per poter essere veri, ma la fiducia nelle promesse di Gesù ci aiuta persino ad attraversare il fuoco!
Una volta che siamo riusciti ad accettarci per quello che siamo, e alle volte ci si mette una vita intera, allora possiamo scoprire gradatamente che ciò che ci rende unici, è anche ciò che Dio ci ha dato di più prezioso.
A questo punto allora non solo riesco ad accettarmi come gay, ma capisco che la mia omosessualità è proprio il luogo dove posso fare l’incontro con Dio. In questo senso il mio orientamento sessuale è una benedizione, non solamente una croce da portare. E le discriminazioni che talvolta subisco mi consentono di essere più solidale con chi è soggetto ad altri tipi di discriminazione.
Sto imparando anche a non accontentarmi di rinchiudermi in un guscio (la coppia etero con la sua casa, i bambini e…. il cane!), ma a cercare la volontà di Dio in giro per le strade, a fare della mia esistenza una testimonianza alla gloria di Dio. Ed è proprio allora che io stesso mi sorprendo, quando durante la preghiera mi sfugge questo grido: “Signore, ti ringrazio! io sono gay!”.
Articolo originale: Dieu merci! je suis gay!