L’omofobia non è nella Bibbia ma nei sui traduttori. Intervista al teologo Lings
Intervista di Carlos Osma al teologo Renato Lings pubblicata sul blog Homoprotestantes (Spagna) il 16 luglio 2014, liberamente tradotta da Marco Galvagno
Renato Lings è traduttore e interprete, dottore in teologia e scrittore. Ha lavorato, tra l’altro, come interprete al Parlamento Europeo e come professore all’Università Biblica Latinoamericana e come ricercatore alla Queen’s Foundation for Ecumenical Theological Education.
Nel 2011 ha pubblicato “Biblia y homosexualidad; ¿se equivocaron los traductores?” (Bibbia e omosessualità: si sono sbagliati i traduttori?). Qualche giorno fa ha concesso un’intervista al blog Homoprotestantes. Lo ringraziamo di aver condiviso con noi la sua esperienza e le sue conoscenze.
– Iniziamo dal principio. Sei nato in Danimarca in una famiglia protestante molto impegnata nella chiesa, di fatto tuo padre era maestro e aveva molti incarichi parrocchiali. Com’è stato per te scoprire la tua omosessualità in quell’ambiente?
Scoprire la mia omosessualità è stata un’esperienza molto strana. A partire dagli undici anni mi resi conto che alcuni ragazzi mi attraevano tantissimo. Allo stesso tempo non osavo mostrare loro nessun affetto particolare.
Sono cresciuto in un ambiente rurale chiuso e repressivo nel quale era pericoloso mostrare le proprie pulsioni e il conformismo regnava su tutto. L’omosessualità era un argomento tabù e per proteggere me stesso tenevo per me i miei segreti. Durante la mia adolescenza nessuno si rese conto della mia vita sentimentale.
– Com’era il Dio che avevi nel cassetto? Cosa è cambiato quando hai fatto coming out?
Era un Dio contraddittorio: da un lato mi avevano insegnato, al catechismo, l’importanza di Giovanni 3:16: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.
È un’affermazione bellissima, che mi ha permesso di conservare la fede cristiana fino ad oggi. Contemporaneamente, il Dio che regnava nel mio ambiente famigliare era abbastanza dittatoriale, perché in suo nome molte cose ci venivano proibite.
Ad esempio a me, ai miei fratelli e alle mie sorelle era proibito imparare a ballare e non potevamo nemmeno leggere libri o riviste a contenuto erotico. A 18 anni cercai di fare coming out andando dal mio medico di famiglia, il quale mi inviò da uno psichiatra abbastanza retrogrado che mi consigliò di aspettare alcuni anni.
Sono riuscito a fare coming out solo a 24 anni ed è stata un’autentica esperienza liberatoria. Ho iniziato a concepire Dio in maniera diversa, come creatore dell’universo e quindi anche della sessualità umana.
– I tuoi primi studi, alla metà degli anni settanta, sono stati letteratura e cristianesimo, filosofia, greco ed ebraico; ne deduco che volevi conoscere la Bibbia più in profondità. Cosa era per te la Bibbia, una fonte di liberazione o di condanna?
Durante l’adolescenza ero annoiato dalla Bibbia per il modo autoritario in cui ce la imponevano. Per un ragazzo giovane come ero io era praticamente un documento fossilizzato. Inoltre, non ci permettevano di mettere in discussione nulla.
Quando avevo ventun anni ascoltai una conferenza nella quale un teologo analizzava il peccato di Sodoma e Gomorra e terminava le sue riflessioni asserendo che la Bibbia condannava l’omosessualità. Questo mi spaventò, e da quel giorno cominciai a cercare la verità nella Bibbia. A partire da quella esperienza mi sono sforzato di capire la natura della presunta condanna biblica e da allora in poi cerco il lato liberatorio delle Scritture.
– Se ci concentriamo adesso sui testi biblici che vengono utilizzati dai cristiani conservatori per condannare le persone omosessuali, mi sembra interessante la proposta dell’articolo “El yacer de una mujer” nel quale sostenevi che Levitico 18:22 si può tradurre “Non commetterai atti incestuosi con ragazzi”. Ci puoi spiegare brevemente, in modo che possiamo capire le ragioni della tua traduzione e le sue implicazioni?
È molto interessante il versetto 18:22 del Levitico. Il linguaggio ebraico è opaco, duro da capire. Per questo, fin dai tempi antichi, si sono accumulate diverse interpretazioni. Attualmente le mie ricerche bibliche mi consentono di catalogare ben 14 diverse interpretazioni di Levitico 18:22. Quale sarà quella giusta? La risposta è semplice, non lo sappiamo.
L’interpretazione meno plausibile è quella che pretende di presentare il versetto come una condanna dell’omosessualità. Da anni questa lettura va di moda perché facilita il lavoro dei traduttori. Nonostante questo, è un anacronismo attribuire al redattore del testo idee omofobiche.
Questo versetto non apporta nessun dato interessante per le persone gay, lesbiche e transgender dei nostri giorni. Se ci avvaliamo di criteri letterari e linguistici mentre lo analizziamo, la chiave interpretativa del testo andrà in un’altra direzione.
Fino a tempi recenti gli studiosi non hanno fatto attenzione al tema dell’incesto. Nonostante questo, buona parte del capitolo 18 parla di questo problema. Per cui mi raccomando di tener presente il tema dell’incesto quando ragioniamo su Levitico 18:22.
– In un altro dei tuoi articoli, “Sodoma escenario de un choque cultural”, affermi che drammi come quello di Sodoma possono mutarsi in strumenti di liberazione per le persone LGBT. Puoi fare qualche esempio? Come possiamo avvicinarci a questa storia biblica dalla nostra realtà LGBT e sentirci liberati?
Certo è una buona domanda, perché a prima vista la mia proposta può sembrare contraddittoria. Se ci atteniamo rigidamente alla tradizione cristiana, il dramma di Sodoma e Gomorra è un dramma di oppressione e violenza, qua troviamo l’origine di tutte le nostre vie crucis.
Adesso c’è un’altra maniera, diversa, di avvicinarci al racconto biblico. Se vogliamo rispettare le testimonianze che ci presenta la Bibbia ebraica, abbiamo i profeti Isaia, Geremia, Ezechiele e altri. Storicamente sono i primi interpreti del dramma di Sodoma.
Secondo questa corrente interpretativa, il peccato della città non ha nulla a che vedere con presunti delitti sessuali. Tutte le voci profetiche utilizzano il nome di Sodoma come metafora per criticare senza peli sulla lingua i governanti del proprio tempo dando loro degli idolatri, egoisti, oppressori e violenti.
Ad esempio, leggi il capitolo 1 di Isaia, concentrandoti sui versetti 10-17; vale inoltre la pena di studiare Ezechiele, capitolo 16 versetti 46- 51. Se impariamo ad ascoltare i profeti perché ci insegnino ad interpretare biblicamente il dramma di Sodoma, questo processo ci aiuterà a liberare noi stessi e a denunciare le ingiustizie e ad essere solidali con gli emarginati che vivono di stenti intorno a noi.
– E se andiamo al Nuovo Testamento e alle lettere di San Paolo, ad esempio Romani 1:26- 27 o Corinzi 6:9-10, potremmo interpretare che l’Apostolo prende posizione contro le relazioni omosessuali tra due uomini. Crede che sia così? Come dovremmo avvicinarci noi cristiani e cristiane a questi testi?
Bene, sono testi curiosi, ognuno dei quali presenta delle complessità. Ti suggerisco di procedere gradualmente. Se esaminiamo prima di tutto la prima lettera ai Corinzi, molti traduttori sbagliano nell’interpretare vocaboli greci come malakoi o arsenokoitai. Alla lettera, “malakoi” significa “blandi”, “deboli” o “smidollati”, mentre non sappiamo praticamente nulla di arsenokatoi. Alla lettera vorrebbe dire “uomini-letto” o “uomini che vanno a letto”.
Probabilmente la parola ha a che vedere con i bordelli e con il traffico illegale di prostitute e prostituti giovani, affare molto redditizio nell’impero romano. Insisto nel dire che sappiamo molto poco di questo vocabolo. È importante rendersi conto che di solito non appare in altri testi letterari greci. Per questa ragione non possiamo interpretarla come un riferimento a uomini omosessuali.
Dobbiamo rifiutare energicamente le traduzioni sbagliate, ve ne sono molte. In quanto alla lettera ai Romani 1:26-27, la situazione è diversa secondo la tradizione cristiana. Paolo critica le persone omosessuali, tuttavia, se sottoponiamo questi versetti a un’attenta analisi letteraria, vedremo che tutti i verbi principali compaiono al passato, indicando che l’Apostolo si riferisce ad episodi storici conosciuti.
Alcuni traduttori della nostra epoca hanno osato modificare i verbi trasformandoli al presente, a volte per ferire i gay e le lesbiche, ma si sbagliano. L’Apostolo cita fatti avvenuti in un passato remoto. Nel versetto 26 si riferisce probabilmente a un gruppo di donne che si prestarono in in momento preciso a dedicarsi ad attività contro natura con uomini. Nei tempi antichi, anti-naturale o contronatura significa tutto ciò che esula dal sesso vaginale; si può trattare sia di sesso orale che anale. Sembra invece che gli uomini descritti nel versetto 27 avessero praticato orgie in onore alla dea Cibele, originaria dell’Asia Minore.
Ad ogni modo, il discorso di Paolo in questo passaggio si ispira al libro della Sapienza, che denuncia le pratiche idolatre e gli eccessi che causano. Prima di ogni altra cosa le critiche di Paolo si concentrano sull’idolatria.
In nessun punto gli interessa condannare due persone che vivono in coppia. La gente di cui parla l’Apostolo in questo passaggio non è cristiana bensì pagana. È assurdo applicare questa polemica, che viene da un dibattito sorto 2000 anni fa, alle persone cristiane dei nostri tempi, che vivono in una realtà completamente diversa. Per capire meglio Paolo nella lettera ai Romani bisogna leggere tutta la lettera fino ad arrivare al capitolo 16.
Molti lettori si limitano a studiare alcuni versetti del capitolo 1, ignorando che il testo continua e serve per criticare una persona precisa che viveva a Roma.
Questa persona compare nel capitolo 2. Al tempo dell’Apostolo non esisteva la divisione in capitoli che conosciamo noi oggi, le denunce espresse nel capitolo 1 si concludono nel capitolo successivo, in cui Paolo castiga verbalmente il maestro di origine ebraica che semina confusione nella comunità cristiana romana appena costituita. Fino alla fine della lettera Paolo previene i suoi lettori contro quelli che predicano dottrine che gli sono estranee.
“Vi prego, fratelli, che vi guardiate da quelli che suscitano divisioni e scandali contro la dottrina che avete imparato.” Per studiare questo contesto raccomando le opere dei teologi James Alison e Douglas Campbell. Quest’ultimo intuisce che la diatriba espressa nel capitolo 1 della lettera appartiene realmente al maestro ebreo e che Paolo la cita per respingerla poi energicamente.
Letta in questo modo, la lettera inizia ad avere una profonda coerenza e ci permette di apprezzare meglio quale sia la missione principale dell’Apostolo delle genti. Come dice lui stesso in Romani 1:1 e Romani 1:3, il suo compito è quello di annunciare l’Evangelo di Cristo Gesù.
– Se analizziamo oggi la strada compiuta nel corso di vari decenni da molti cristiani e cristiane che tentano di chiarire o reinterpretare i testi biblici che i conservatori usano per giustificarsi, non mostri alla fine che non ci siamo liberati dall’omofobia?
Che ancora stiamo chiedendo loro che ci accettino nelle loro chiese e nel loro mondo? Non ti sembra che questa dinamica metta sempre le persone LGBT dalla parte di quelli che devono giustificarsi e gli eterosessuali come quelli che devono venire convinti e dare loro il benestare?
Questa domanda è molto importante; riconosco che anch’io a volte cado in questa posizione che mi obbliga a giustificare la mia posizione di cristiano e il mio diritto ad appartenere a una determinata chiesa.
Da tanti anni siamo abituati a questa routine ed è dura uscire dagli schemi, anche se questa routine è barbara e scomoda. Ho dedicato gli ultimi anni della mia vita a reinterpretare testi biblici e a spiegare che non condannano le persone LGBT. Sono sicuro, sono completamente convinto che la Bibbia non sia nostra nemica, ma anzi è nostra amica.
Però tutti abbiamo bisogno di educarci e studiare molto sia gli eterosessuali che quelli di noi che si definiscono in un altro modo. Partiamo da una tradizione ecclesiastica che ci ha amareggiato la vita. È chiaro che il problema è nella tradizione, non nelle Scritture.
Tornando alla tua domanda iniziale, mi sembra che solo ora ci stiamo abituando a interrogare e porre domande a quelli che vogliono condannarci, per conoscere i motivi del loro atteggiamento.
Loro credono di avere la Bibbia dalla loro parte, mentre la realtà è ben diversa. Da allora insisto e ripeto che è urgente imparare ad analizzare le traduzioni della Bibbia che usiamo abitualmente per poter denunciare gli sbagli e gli errori che sono purtroppo molto frequenti. A noi tocca dimostrare al mondo che ciò che significa amare veramente i testi biblici.
– Suppongo che ci siano molti testi biblici in cui hai riconosciuto un Dio che ti parla come cristiano e come gay. Testi che ti hanno liberato e dato forza, consolato, dato speranza, però senza dover lasciar da parte il tuo orientamento sessuale. Potresti condividerne uno con noi?
Un testo biblico che mi ha ispirato moltissimo è il libro di Rut. Si tratta di una perla letteraria e teologica. Il narratore dimostra come una giovane donna povera, vedova e straniera (Rut) viene accettata da tutta la comunità di Betlemme e benedetta dal Dio di Israele grazie al suo amore incondizionato per una donna israelita (Noemi).
Quando Rut dà alla luce Obed, il suo primogenito, tutte le vicine pongono il bebè in grembo a Noemi dicendo “A Noemi è nato un figlio”. In questo modo celebrano pubblicamente il vincolo affettivo che esiste tra le due donne.
– L’esperienza ci conferma che l’omofobia non può avere niente a che fare con l’Evangelo di Gesù né con l’amore di Dio. Puoi condividere anche un testo biblico che mostri l’incompatibilità tra la sequela di Gesù e l’omofobia?
L’omofobia esclude. Le persone che Gesù critica più sovente sono quelle che escludono e disprezzano il prossimo. Gesù non ha nulla di omofobo. In Matteo 19:12 parla degli “eunuchi”, un termine che designa persone che nascono asessuali o che non hanno il desiderio di un matrimonio eterosessuale, qualsiasi sia il motivo. È possibile che ciò includa le persone LGBT.
Ad ogni modo, il testo evidenzia il fatto che Gesù si riferisca a questi gruppi con rispetto. Ricordiamoci anche del centurione romano (Luca 7 e Matteo 8). Il dialogo che questo ufficiale intrattiene con Gesù ci dimostra che chiunque si accosti al Maestro con sincerità e umiltà sarà ascoltato, per quanto sia diverso dalla maggioranza e nonostante possa essere, come in questo caso, niente di meno che un rappresentante dell’odiata occupazione militare romana.
Dall’altra parte, è probabile che il centurione intrattenga una speciale relazione di affetto con il giovane servo moribondo e che sia proprio questo amore che lo spinge a sollecitare l’intervento di Gesù. Il Maestro celebra la grande fede dell’ufficiale e lo benedice con un atto pratico, sanando immediatamente l’amato domestico. Anche in questa situazione cogliamo, in un certo modo, le persone LGBT, se ci identifichiamo con il centurione e il suo partner.
Ultima cosa, c’è da segnalare la relazione di affetto che esiste tra Gesù e il discepolo amato come ripetutamente illustrata dall’evangelista Giovanni a partire dal capitolo 11. Gesù non è inquietato per nulla dalle relazioni autentiche tra due persone dello stesso sesso ma le accetta nella pratica. Questo è tanto vero che lo stesso si può dire della tenerezza speciale che lo unisce a un discepolo molto caro.
– Attualmente i cambiamenti sociali stanno facendo sì che le Chiese debbano prendere posizione riguardo le persone LGBT. Vediamo come alcune Chiese in Europa aprono loro le porte, altre invece, come nel caso della Spagna, le tengono ancora chiuse.
Tutto ciò si traduce in tensioni, contrasti… Che ruolo può avere la Bibbia per superare questa situazione? Come dovremmo accostarci ad essa perché sia un luogo dove trovare la luce e non un mattone da tirarci in testa?
La persecuzione omofobica orchestrata da alcune potenti Chiese si basa soprattutto sul pregiudizio e in un pugno di testi biblici erroneamente interpretati. Il problema non sta nella Bibbia, bensì nei suoi interpreti. Questi fatti sono sempre più documentati come dimostrano, per esempio, alcuni miei libri. La documentazione più ampia su questa tematica di può leggere nella mia ultima opera in inglese, intitolata Love Lost in Translation.
Dedico tutto il mio lavoro teologico a due obiettivi: (1) reinterpretare la Bibbia e (2) denunciare i numerosi errori commessi dai traduttori, che agiscono così non per cattiva volontà ma per ignoranza, a causa della loro formazione all’interno di una vasta tradizione ecclesiastica di carattere omofobo e misogino.
E finché vivrò non mi stancherò di parlare della grande ricchezza psicologica e teologica che la Bibbia contiene e che è a disposizione di tutte le persone LGBT che desiderano approfondire la propria fede e crescere spiritualmente. La miglior guida per questo viaggio è colui che ci chiama dicendo “Seguimi”.
Grazie mille a Renato Lings per le sue risposte e la sua collaborazione
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[1] Theology and Sexuality. Volume 15.2, 2009, pp. 231-250.
[2] Lisa Isherwood (ed.). Patriarchs, Prophets, and Other Villiains. Londres, 2007.
Testo originale: “La homofobia no está en la Biblia, sino en sus intérpretes”. Entrevista con el teólogo Renato Lings.
>PER APPROFONDIRE: OMOFOBIA.ORG – Cronache di Ordinaria Omofobia
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