La resurrezione di Gesù, un paradigma per noi
Riflessioni di Jacques F. tratte dal sito dell’associazione David et Jonathan (Francia), del maggio 2005, liberamente tradotte da Marco Galvagno
Ha sofferto, è morto, è disceso agli inferi, è resuscitato il terzo giorno, è salito al cielo. Recitiamo queste parole nella professione di fede senza chiederci il senso. Fissate nel terzo secolo dopo Cristo, queste formule codificate sono scritte in una lingua che non ci parla più. Per gli ebrei del tempo di Gesù la Terra era piatta e rotonda e appoggiata su colonne. Al di sopra, la volta celeste solida trapunta di stelle.
Al di là del firmamento vi era il cielo, dimora di Dio. Sottoterra vi erano gli inferi, la dimora dei morti, luogo impreciso e misterioso, poco desiderabile. Messo a morte in croce, Gesù viene sepolto e raggiunge la dimora dei morti. Resuscitato sale al Cielo e raggiunge la dimora di Dio.
Tradizionalmente 40 giorni separano i due avvenimenti. Noi festeggiamo questa Ascensione, oggi le parole umane sono impotenti e possono solo rendere in maniera simbolica ciò che è avvenuto dopo la Pasqua, sono ancora più impotenti perché la simbologia che vi sta dietro non ci appartiene più.
Quaranta giorni rappresentano, nella Bibbia, il tempo dell’esperienza spirituale. È probabile che siano trascorsi diversi anni tra il momento in cui le donne hanno costatato che il sepolcro era vuoto e il momento in cui i discepoli di Gesù hanno potuto dire insieme “È risorto!”. urante questo periodo ci sono state varie apparizioni. È impossibile fare una cronologia esatta di questa presa di coscienza della Resurrezione. Se prendiamo uno ad uno i racconti dell’apparizione del Risorto costatiamo che sono costruiti su un unico modello.
Gesù appare vivo, ma non sappiamo che è lui.
Viene iniziata una conversazione nel corso della quale una parola rivela che Gesù è presente ed è vivo.
Nel frattempo Cristo dà una consegna o un insegnamento.
Nel momento in cui il discepolo lo riconosce, Gesù non c’è già più.
Il comportamento del discepolo è radicalmente cambiato.
Ascoltatemi bene. Ognuno di noi l’ha visto resuscitato, ma questa resurrezione è avvenuta ai suoi tempi. L’ultima manifestazione di Cristo sarà l’episodio di san Paolo sulla via di Damasco, anni dopo. Gli autori che raccontano questi fatti si sono preoccupati unicamente del loro significato, non della loro cronologia. “È vivo, l’abbiamo visto, abbiamo mangiato e bevuto con lui.”
È apparso fino a 500 fratelli riuniti nel suo nome. È vivo, ma ancor di più dà la vita. Gli apostoli si sono riuniti e hanno continuato la sua azione di insegnamento, esorcismo e guarigione. Dei segni manifestano che lo Spirito sollevato da Gesù non si è spento sulla Croce.
L’epopea di Gesù continua. Bisognerà riunire i suoi insegnamenti e farli conoscere a chi vorrà accoglierli. Colui che crederà sarà battezzato e vivrà. Gli apostoli l’hanno visto salire al Cielo? per andare dove? È certo che non l’hanno più visto. Una nube l’ha celato alla loro vista. Il simbolo della nube rappresenta una manifestazione della presenza di Dio; una nube nel Sinai ha aiutato Mosè ad attraversare il deserto, una nube ha trasportato Enoc e il profeta Elia. E i due messaggeri confermano questo avvenimento: “Perché guardate verso il Cielo? È sulla Terra che lo incontrerete. È vivo, perché fa vivere oggi.”
Quarant’anni fa, per la prima volta, una domenica non sono andato a messa. Ero a una conferenza di Vie Libre, un’associazione in cui gli alcolisti celebravano i risultati della loro cura. Persone che erano giunte alle soglie della morte e che avevano visto il disfacimento del loro corpo, che avevano fatto soffrire le proprie famiglie a causa delle violenze e della povertà a cui le sottoponevano ci venivano a dire “Siamo vivi, ricominciamo a vivere”.
La gioia era visibile sui loro volti e su quelli delle loro famiglie. Era domenica e mi dicevo che bisognava celebrare la Resurrezione del Signore, ma l’orario del meeting non mi consentiva di andare a messa. In quel momento ho avuto una rivelazione. Dove si celebrava questa resurrezione? Nelle messe di una parrocchia triste o nel canto di vittoria di questi uomini e queste donne che avevano avuto la meglio su una morte programmata? La mia messa era in mezzo a loro, nella partecipazione al loro rendimento di grazie che è un’eucarestia. Quel giorno ho incontrato Gesù risorto e da allora in poi credo alla Resurrezione della carne in un modo nuovo.
Non chiedetemi cosa ne sarà del mio corpo nel giorno del Giudizio Universale, non ne so nulla, ma con Paolo affermo che siamo già risorti se crediamo nel Signore Risorto. Il mio Corpo non è carne ed ossa votate alla distruzione. Il mio corpo è l’insieme di ciò che questo mucchietto di carne ed ossa mi permette di vivere, tutti i mezzi di relazione che mi offre. Il mio corpo è una testa che pensa, un cuore che ama, dei sensi che mi mettono in relazione con voi. Il mio corpo è un insieme che vibra di gioia, di rabbia, di piacere, a volte di sofferenza, a volte di desiderio.
Il mio corpo esiste per voi, in mezzo a voi, con voi, senza di voi non è nulla. È questo corpo che è già resuscitato e che nella fede, animato dallo Spirito, vive in maniera nuova e che spero non finirà. Questo corpo può fare proprio lo sguardo di Gesù, guardare al di là delle apparenze, comprendere invece di giudicare, può fare proprie le rivolte di Gesù e condividere la sua compassione davanti agli esclusi.
Può manifestare l’amore di Gesù, come lui curare le piaghe, infondere la gioia di vivere, condividere le ricchezze. Attraverso tutto questo celebra la gloria di Dio. La nostra celebrazione è un tempo forte. Celebrare l’azione di un anno, il bilancio di trent’anni di vita associativa, una commissione internazionale che non fa scalpore ma che fornisce un bilancio straordinario, linee di ascolto che permettono ad alcuni di riconciliarsi con se stessi, gruppi d’accoglienza che settimana dopo settimana accompagnano quelli che vogliono tentare l’esperienza di David e Jonathan.
Potrei citare molte altre azioni che sono il segno della nostra vitalità. David e Jonathan (gruppo naziuonale di credenti omosessauli credenti francesi) è un movimento di resurrezione. Molti di voi chiedono di celebrarla sotto forma di Cena del Signore. Le nostre credenze, le nostre devozioni sono però fonti di divisione. Abbiamo un solo punto in comune, la fede in Cristo risorto. Rifaremo i gesti di Gesù che si dà simbolicamente ai discepoli durante la Cena perché il suo corpo venga mangiato e il suo sangue venga bevuto.
Nel suo progetto non pensava di essere rinchiuso in un tabernacolo e venerato dai fedeli. Per lui l’importante non era tanto che il pane e il vino diventassero il suo corpo e il suo sangue, ma che noi che ce ne cibiamo diventiamo corpo e sangue di Cristo per formare una sola cosa con lui, per diventare la sua presenza nel mondo, essere le sue mani che sanano, la sua parola che dà vita, in modo che il suo amore viva in mezzo agli uomini.
Vivere e far vivere una vita che non cessa.
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Testo originale (PDF): D&J est un mouvement de résurrection!