Dubitare per approfondire la nostra fede (Gv 20:19-31)
Riflessioni bibliche* di Christine Smith, Deirdre Hinz e Douglas Abbott tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2008, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
I temi dei passi biblici di questa settimana spaziano dall’ammissione al tempio a ciò che che succede quando la nuova comunità riceve lo Spirito Santo, al pregare Dio per avere protezione e rifugio, alla nuova nascita e alla resurrezione, alla realtà della paura e delle porte chiuse. Tutti questi temi si collegano all’esperienza vissuta di lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Comunque i testi dominanti, quelli che hanno catturato l’immaginazione durante la nostra conversazione, sono il Salmo 15 (16) e il racconto tratto dal vangelo di Giovanni. Non vogliamo fingere una lettura e una esperienza oggettiva di questi passi; piuttosto noi, due lesbiche e un gay, vi invitiamo a “origliare” la nostra conversazione faccia a faccia, la nostra lotta con questi testi messi in relazione alla nostra vita e alla vita della comunità LGBT.
Giovanni 20:19-31 ci mette di fronte alla realtà della paura e alla realtà delle porte chiuse. Difficilmente potremmo non notare la connessione tra la porta chiusa con la realtà di nascondimento di tante persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT). Questa banda di seguaci giudei di Gesù ha paura dei Romani e della violenta crocefissione di cui sono stati testimoni, hanno paura delle loro autorità religiose che hanno il potere di fare loro del male. Le persone LGBT conoscono la paura della violenza inflitta loro nel contesto sociale e politico generale e quella delle autorità religiose che decidono se possono o meno “entrare nel tempio” (Salmo 15 [16]) e fare parte a pieno titolo della loro comunità religiosa.
Come i seguaci perseguitati di Gesù, le persone LGBT sono state costrette al dubbio e alla segretezza. Eppure questo passo di Giovanni ci ricorda che, per quanto possiamo essere nascosti, la presenza di Dio in Cristo ci può trovare e soffiare su di noi lo Spirito della nuova vita.
In quello Spirito abbiamo il potere di smettere di nasconderci, di vivere pienamente e di rispondere alla nostra vocazione di discepoli di Cristo. Certo, è una speranza di resurrezione per la comunità LGBT che un giorno tutti noi potremo uscire fuori dai luoghi del nostro nascondimento ed entrare nella pienezza della nuova vita.
– In che modo il popolo cristiano continua a obbligare le persone LGBT al nascondimento e alla segretezza? Quando la divina presenza vi ha trovati anche se vi stavate nascondendo?
Come membri della comunità LGBT abbiamo un particolare riguardo per il personaggio di Tommaso. Crediamo che egli non si limiti ad accettare ciò che dicono gli altri ma che sia disposto, più di quanto non lo siano gli altri, ad entrare nel processo del dubbio e dell’avvicinamento alle ferite del Crocefisso (versetti 24-25). Molti di noi sono stati disponibili a “toccare le ferite” dei membri della nostra comunità infettati e morti di AIDS. Ci siamo tenuti la mano e abbiamo pianto assieme dall’altra sponda delle percosse, delle nostre famiglie che ci hanno diseredato e dei figli che abbiamo perso semplicemente perché eravamo gay o lesbiche.
Tommaso si muove con sospetto, e a ragione, in quanto parte di una comunità che è stata testimone della morte violenta di Gesù. Tommaso non prende a prestito la fede da qualcun altro né accetta semplicemente ciò che dicono gli altri ma sceglie, in quel momento critico, di approfondire la sua fede esprimendo sia un sincero dubbio che il desiderio di credere.
– Quando avete sperimentato o notato il fatto che la fede diventa più profonda quando esprimiamo con sincerità i nostri dubbi? Quando siete stati disposti ad avvicinarvi intimamente alla ferite degli altri? Che impatto ha avuto sulla vostra vita di fede?
Le persone LGBT hanno molte ragioni per identificarsi con Tommaso. Le persone oppresse sviluppano una speciale intuizione per capire chi è degno di fiducia e chi no, chi le accetterà e chi le rifiuterà. Così la maggior parte delle persone LGBT capisce benissimo perché i seguaci di Gesù stanno dietro a una porta chiusa (versetto 19). E noi sappiamo che dietro a quelle porte chiuse non c’è solo la morte ma è presente anche il potere della comunità radunata. Lì c’è il santuario, la presenza della nostra famiglia di elezione che tiene il lutto e aspetta che la morte lasci il passo alla vita. Creiamo pareti imbottite nella privacy di quei santuari per ricordarci di chi è morto di AIDS. Piangiamo assieme di fronte alle famiglie che ci negano l’accesso ai chiusi santuari. Ci confortiamo e ci diamo forza a vicenda in questi santuari quando la Chiesa ci ha abbandonati. Conosciamo bene queste porte chiuse, la paura e la vita dietro di esse.
– Quando, da membri della comunità eterosessuale, vi siete chiusi dietro una porta di segretezza perché avevate paura per la vostra vita? Quali esperienze della vita vi hanno spinto a cercare un santuario dalle porte chiuse in cui solo la famiglia di elezione può entrare?
Anche le parole del salmista nel Salmo 15 (16) pronunciano una potente parola di verità per noi persone LGBT. Per gran parte della nostra vita abbiamo pregato per “essere ammessi nel tempio”. Alla stregua del salmista sappiamo e crediamo di “appartenere” a Dio (versetto 2) eppure non abbiamo la gioiosa sicurezza e la nuova vita che dovremmo ottenere da questa consapevolezza fin tanto che la Chiesa istituzionale continua a rifiutarci e a condannarci. Mentre lottavamo con il testo abbiamo capito che la persecuzione implacabile di cui siamo testimoni spesso minaccia la stessa presenza di Dio nella nostra vita. Desideriamo sentire quella presenza come la sente il salmista (vedi versetti 5-11) e ricevere le cose piacevoli e buone assicurate dalla presenza e dalla benedizione di Dio. Eppure, troppo spesso abbiamo avuto un assaggio della “fossa” e dello “Sheol” (versetto 10) più che della benedizione di Dio nel tempio.
– Quando avete avuto un assaggio della “fossa” o dello “Sheol”? Quale impatto ha avuto questa esperienza sulla vostra vita e sulla vostra fede? Quali sono i “sentieri della vita” che esprimono la vostra solidarietà con le persone LGBT?
Nella seconda domenica di Pasqua la Chiesa farebbe bene a riflettere su come diventare un rifugio per le persone LGBT. Come possiamo trasformare la Chiesa in un luogo che inviti gli esseri umani di ogni tipo verso un “sentiero della vita” (versetto 11) che sia per tutti?
Anche se le persone LGBT sono state spesso fedelissime alla Chiesa cristiana e hanno scelto fermamente Dio, per noi “la sorte non è caduta su luoghi deliziosi”. Non abbiamo ricevuto una magnifica eredità (versetto 6). È tempo che queste promesse e queste benedizioni si realizzino per le persone LGBT e per tutta la creazione.
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La nostra preghiera
Ti rendiamo grazie, o Dio,
perché ci trovi sempre
per quanta ingiustizia e oppressione ci circondino.
Ti rendiamo grazie, o Dio,
perché tu sei il Santo
che continua a invitarci a uscire
dai luoghi di nascondimento e terrore
verso la novità e la speranza della resurrezione.
Ti rendiamo grazie, o Dio,
perché sei in grado di aiutarci
a fare dei luoghi di dolore e pericolo
dei sentieri di vita nuova.
Ti rendiamo grazie, o Dio,
perché le tue promesse di amore e giustizia
non sono per pochi prescelti
ma per tutta la creazione!
Amen
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* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
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Testo originale (PDF): Ash Wednesday, Lent and Easter through Pentecost Sunday Year A