Sfogliando “L’amore omosessuale”. In dialogo tra psicoanalisi, teologia e pastorale
Intervista di Silvia Lanzi
Uscirà a poco un nuovo libro, “L’amore omosessuale”, il cui significativo sottotitolo suona “Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale, in dialogo per una nuova sintesi” (Cittadella Editrice, 2014). Autori sono Damiano Migliorini e la psicologa Beatrice Brogliato.
Il testo è un unicum in un panorama editoriale che si va aprendo ad una problematica così impellente ed attuale.
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Rigliano e Piana. Uno psicoterapeuta ed un teologo. Già la prefazione ci dice qualcosa sul contenuto del libro… Da dove l’idea di scrivere un libro con così tante sfaccettature?
DAMIANO: Più che un’idea è un’esigenza. Oggi più che mai le discipline devono porsi in ascolto le une delle altre, per camminare insieme.
Ormai non c’è argomento che non sia trattato in modo interdisciplinare: teologia (con tutte le sue discipline), storia, filosofia, psicoanalisi, sociologia, biologia, antropologia, s’interpellano vicendevolmente, ed è per questo che cerchiamo di farle interagire nel nostro testo. L’intento è, inoltre, quello di proporre una sintesi il più possibile coerente, che non lasci inesplorata alcuna problematica teoretica e pratica. Sia la psicoanalisi, sia la teologia che la pastorale hanno bisogno di riscrivere insieme una visione coerente, complessiva, architettonica della questione omosessuale.
L’idea nasce anche dalla costatazione che, sia nel mondo accademico-scientifico, sia in quello della quotidianità – all’interno del quale vi è l’universo delle realtà parrocchiali e delle famiglie – c’è una forte richiesta di una visione d’insieme, serena e limpida, che rompa le barricate che si sono innalzate negli ultimi anni.
In teologia sono molti gli autori che hanno aperto delle brecce importanti, proponendo delle argomentazioni e dei paradigmi nuovi. Ma un’opera di sintesi complessiva aspetta ancora di essere compiuta. Noi ci siamo incamminati su questo sentiero…
BEATRICE: La mia esperienza clinica mi ha portato a incontrare persone omosessuali che vivevano la loro sessualità nell’oscurità più totale, frequentando ambienti poco dignitosi e sicuri per poter condividere e vivere la loro identità. In loro vi era una fortissima sofferenza, legata al non-viversi nella propria totalità con le persone che erano loro accanto, con i loro genitori, i famigliari, gli amici…
Ritengo che le persone omosessuali subiscano una forma di fobia sociale (omofobia) molto particolare. Non essendo la loro preferenza sessuale una caratteristica “evidente” – come può essere il colore della pelle – sono spesso indotti a pensare di risolvere il loro problema nascondendola, non condividendo le proprie emozioni amorose e, anzi, fingendo di essere attratti dall’altro sesso.
Se questo all’inizio sembra essere la via migliore per stare bene, dopo un certo periodo di tempo la persona ha bisogno – un bisogno vitale – di emergere nella sua totalità come essere interagente, con tutte le sue peculiarità. E questo, se non avviene, porta il soggetto a soffrire di disturbi psico-emotivi che, alla lunga, si aggravano sempre più, fino a giungere a vere e proprie forme di patologie.
L’esperienza clinica mi ha portato a considerare, con ragionevole certezza, che le persone omosessuali nel momento in cui si sentono accolte nella loro totalità, e quindi portando tutte se stesse nella relazione con l’altro – anche la propria identità di genere – vivono in pieno equilibrio psichico e in loro non vi è nulla di patologico.
Purtroppo la realtà sociale porta queste persone a non essere completamente se stesse in relazione agli altri, ed è per questo che si riscontrano situazioni di grande disagio, fino ad arrivare a squilibri emotivi. Il mio lavoro, svolto con numerose persone omosessuali, è stato impostato sull’accoglienza incondizionata di quello che era la persona nella sua complessità, nelle sue sfaccettature e nelle sue peculiarità.
Questo è stato motivo di cura e, strada facendo, nel percorso psicoanalitico, molti pazienti hanno iniziato a vedersi in modo meno negativo e meno svalorizzante. E ciò ha portato a un aumento del benessere psicologico e a una forma di emancipazione psichica tale da rendere il soggetto libero da condizionamenti sociali.
Ho voluto, pertanto, condividere con un pubblico più vasto questa esperienza maturata. Ecco perché, riflettendo sulla sofferenza condivisa con queste persone, ho ritenuto essenziale far chiarezza su ciò che è veramente l’omosessualità, considerando quanto ancor oggi, in ambito psicologico, non vi è chiarezza sul fatto che omosessualità non significa patologia, ma diversità!
La prima parte non tratta forse di argomenti già noti o comunque “sdoganati” (lo stesso Rigliano non ha forse scritto un paio di anni fa “Curare i gay?”)? Quali nuovi apporti aggiunge questa parte del volume al dibattito corrente?
BEATRICE: Tutt’altro! La nostra esperienza sul campo ci ha portato a considerare quanto si parli e si scriva molto sull’omosessualità, ma la confusione su ciò che realmente è rimane presente, in ambito clinico e sociale. Per questo abbiamo voluto scrivere un testo cercando di affrontare le varie correnti di pensiero psicoanalitico e non, con l’intento di non lasciare spazio a facili e grossolane conclusioni su quello che è l’omosessualità.
Ma soprattutto per non consentire più ai nostri contemporanei (anche colleghi!), di pensare che l’omosessualità sia una patologia o una perversione, una problematica psichica grave che tocca la sfera individuale e familiare. Troppo spesso sentiamo e leggiamo facili conclusioni su ciò che determina l’omosessualità in una persona. E tale approccio semplicistico è estremamente grave, perché perpetua forme di omofobia ancora troppo presenti nella nostra cultura. E soprattutto crea un grande disagio e una grandissima sofferenza nelle persone omosessuali. Prima di arrivare alla scrittura del nostro testo abbiamo scandagliato la bibliografia pubblicata in Italia e ci siamo resi conto che non c’è poi molto.
A parte testi molto validi come quelli scritti dal Dott. Rigliano e dal Dott. Lingiardi, non c’è molto di altrettanto organico. Ma soprattutto, sembra che questi testi scientifici e seri fatichino a entrare nel perimetro della cultura cattolica. L’omosessualità sembra ancora oggi un argomento scottante per la nostra società, quando lo si voglia trattare in modo davvero scientifico. Il dott. Lopez la descriveva come una società impregnata di forme di politically correct, un velo di finto perbenismo e di finta apertura. In questo contesto, la parte psicoanalitica di questo testo vuole cercare di sollevare questo velo.
L’esperienza clinica di cui prima parlavo, viene fatta interagire, nel nostro testo, con le basi epistemologiche e teoriche della psicoanalisi, per dar loro un fondamento solido. E non manca, il lettore se ne accorgerà, qualche ipotesi innovativa. Abbiamo voluto iscrivere le nostre argomentazioni sull’omosessualità all’interno di una più complessiva visione della formazione dell’identità, e dell’identità sessuale, cercando di analizzare anche concetti problematici – in psicoanalisi e nel sentire comune – come quelli di mascolinità e femminilità, passività e attività. Del resto, il nostro vuole essere un testo che parli dell’amore omosessuale, anche nella sua componente più concreta: l’erotismo, che nelle sue linee fondamentali accomuna tanto l’eterosessuale quanto l’omosessuale.
La seconda parte mi sembra, almeno per il grande pubblico, un argomento abbastanza nuovo. Come lo si affronta “tradizionalmente” e come e perché è cambiata, o sta cambiando, la visione “tradizionale”?
DAMIANO: La carenza più grande che si riscontra nel modo “tradizionale” di affrontare la tematica è la scelta di non voler considerare la relazione tra due persone dello stesso sesso come una forma autentica d’amore. Le ambiguità della dottrina cattolica, espressa nei documenti più recenti, nascono principalmente da qui, ed è per questo motivo che l’omosessualità costituisce ancora un “punto ermeneutico molto critico” per la Chiesa.
Nell’analisi dell’esegesi, della Tradizione, di alcune categorie etiche fondamentali (come quella di legge morale naturale) che offriamo, cerchiamo proprio di mostrare come, introducendo una visione integrale e positiva dell’amore omosessuale, si possa tranquillamente rivedere la posizione corrente, senza abbandonare alcuna delle categorie etiche della tradizione morale della Chiesa; purché i cambiamenti si collochino al suo livello olistico di complessità e solidità. Il nostro tentativo è quello di mostrare come il rinnovamento dottrinale sia il risultato proprio di quelle categorie, e come sia la Tradizione, sia la Sacra Scrittura, sia la teologia morale abbiano al loro interno tutte le potenzialità per favorire questo rinnovamento, purché ci si accordi su quale sia l’antropologia biblica e la visione cattolica della sessualità.
È una strada che non è ancora stata battuta e che noi vorremmo contribuire a esplorare, attraverso l’esposizione del pensiero di studiosi e documenti “cattolici” e delle Chiese sorelle, di laici impegnati, anche non credenti. Per far sì che il dibattito interno alla Chiesa si apra agli apporti esterni, nei quali è depositato qualche seme di verità. Le corpose parti storiche che offriamo servono proprio a creare dialogo, scoprendo da dove provengono le nostre culture e identità.
Nella parte in cui analizziamo i questionari proposti nelle parrocchie in cui abbiamo tenuto alcuni incontri formativi, del resto, emerge con chiarezza che il sensus fidei si sta trasformando, soprattutto nelle generazioni più giovani.
La Chiesa non può ignorare questo dato, deve lasciarsi interrogare dal nuovo modo in cui i fedeli interpretano l’amore omosessuale. Crediamo che la Chiesa sia pronta per un cambio di passo, ma si deve interrogare – noi ci abbiamo provato – sulle ragioni profonde e umane che spingono a un riconoscimento giuridico e sacramentale di tale amore. Si tratta di chiedersi quali siano la forma e i presupposti teologici per vivere una vera fraternità con i fratelli omosessuali.
Una pastorale per gli omosessuali? Questa è avanguardia pura…
Sì, la parte relativa alla pastorale è del tutto nuova nel panorama della pubblicistica cattolica, almeno nella forma da noi proposta. Era tuttavia inevitabile tentare questa elaborazione, perché il Sinodo in corso è di carattere pastorale, e perché sono troppe le persone omosessuali che vivono con sofferenza e difficoltà la loro fede: c’è un grande bisogno di speranza! Nella nostra vita e nella nostra esperienza professionale abbiamo incontrato un gran numero di situazioni esistenziali che aspettano ancora di scoprire la “gioia del Vangelo”, per richiamare il pensiero di Papa Francesco (un costante riferimento nel nostro testo!).
Ecco allora che, dopo aver dipanato i nodi teoretici connessi all’azione pastorale (perché e quale pastorale? Come intendere oggi la castità?), non potevamo esimerci dal formulare alcuni “consigli” pastorali, raggruppandoli in ordine ai destinatari: i sacerdoti e i vescovi, le comunità cristiane, le singole persone omosessuali, i loro genitori, amici e parenti, le persone omosessuali che vivono in una relazione matrimoniale eterosessuale.
Oltre all’esperienza che abbiamo maturato personalmente, in questa parte abbiamo cercato di raccogliere la sapienza depositata nei documenti del Magistero, nei documenti di altre Chiese, nelle pubblicazioni cattoliche e non. L’abbiamo organizzata in base alle assunzioni teoriche delle parti precedenti, e abbiamo cercato di abbracciarla con un unico sguardo: quello che cerca di portare alle persone (e alle famiglie…) la serenità e la possibilità di vivere pienamente una vita cristiana autentica, al di là degli sterili “si può, non si può”. Si è trattato di trovare il modo di tenere la persona ancorata al fascino del messaggio di Cristo e della sua Chiesa, in qualsiasi situazione esistenziale si trovi.
Ci siamo permessi, inoltre, di dare alcune indicazioni molto pratiche su come la Chiesa potrebbe procedere – con la giusta gradualità e prudenza – a un rinnovamento, ad esempio tramite una sospensione del giudizio e un affidamento alle singole Conferenze Episcopali del compito di formulare una pastorale in linea con la situazione storico-sociale in cui operano.
Sarà poi compito di un nuovo Sinodo, tra qualche anno, quello di raccogliere i frutti di questa “esperienza”, integrandola con un sincronico aggiornamento dottrinale (anche in questo caso indichiamo strade precise e percorribili). La storia della Chiesa, del resto, ci insegna che non è un modo di procedere nuovo nella prassi pastorale e teologica…Proviamoci!
La bibliografia ragionata è ricchissima e non è composta solo da libri. Film, associazioni e soprattutto siti? In che modo i nuovi media possono aiutare a cambiare le cose?
L’ampia bibliografia nasce dalla costatazione che il nostro lavoro, per quanto cerchi di essere architettonico ed esaustivo, non è che il primo mattone di una costruzione che si deve ampliare. Ecco perché abbiamo voluto offrire ai lettori una traccia bibliografica – organizzata per discipline – che consenta ulteriori approfondimenti, e che possa loro offrire un’idea della vastità della cultura che ormai ruota intorno al mondo omosessuale.
Per capire l’amore omosessuale, però, non è sufficiente solo lo studio teorico: film, narrativa, siti di cultura, testimonianze, gruppi d’incontro, associazioni, sono altri luoghi reali dove lo si può incontrare.
Il mondo cattolico e il mondo omosessuale (permetteteci questa dicotomia, per quanto sommaria) spesso ignorano la fiorente cultura che germoglia all’interno del giardino che gli sta accanto. Abbiamo proprio bisogno, invece, di incontri, di entrare nei giardini altrui, per umanizzarci, per toccare con mano una realtà che solo chi ha la fortuna di incrociare può cogliere in tutta la sua ricchezza.
Gli autori hanno anche creato una pagina Facebook Omosessualità, Fede, Chiesa. Parlarsi per Capirsi grazie alla quale possono essere contattati e che diventerà, lo speriamo, un punto di incontro per un dibattito ed un’interazione più “spicciola” e quotidiana.
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Beatrice Brogliato, Damiano Migliorini, L’amore omosessuale, saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale, in dialogo per una nuova sintesi, Cittadella Editrice, 2014, Pagine 494