La Chiesa e l’omosessualità. Quando il cavallo non è ne un bue ne un asino
Articolo pubblicato da Marco Guerra pubblicato su intelligonews.it il 4 dicembre 2014
Continuano a far discutere le dichiarazioni dell’arcivescovo luterano, Kari Mäkinen, il quale ha espresso soddisfazione per l’approvazione da parte del parlamento Finlandese di una legge che consente i matrimoni omosessuali e le adozioni per le coppie gay.
La posizione dell’arcivescovo ha scatenato un’ondata di defezioni da parte dei fedeli della Chiesa luterana finlandese.
Nel corso del fine settimana, infatti, il sito ”Lascia la Chiesa” ha registrato un picco di 12mila iscrizioni.
Il processo per lasciare la chiesa luterana è molto più lungo e richiede una lettera all’ufficio del registro locale, ma quanto avvenuto è indicativo della distanza tra il sentimento di molti fedeli e l’indirizzo preso da alcuni esponenti apicali delle Chiese protestanti.
E il sostegno dell’arcivescovo Mäkinen alla legge sui matrimoni omosessuali, secondo quanto riferisce il sito christiantoday.com, ha provocato anche delle conseguenze ecumeniche: alcuni membri della Chiesa ortodossa russa hanno annullato un incontro con i luterani finlandesi. Sul processo di scollamento tra i fedeli e le Chiese protestanti che cercano di “piacere al mondo” e rapporti ecumenici con le altre confessioni cristiane, IntelligoNews ha intervistato Don Mauro Leonardi.
Le chiese protestanti con queste fughe in avanti sui temi etici non sembrano acquisire nuove schiere di fedeli mentre la devozione e la fede dei semplici sembra essere messa a dura prova. Insomma nei paesi del nord Europa dobbiamo rassegnarci alle Chiese vuote e alla dittatura del pensiero unico?
“Non mi piace l’espressione “dittatura del pensiero unico”. Siamo in un regime di grande libertà. Vede, qualsiasi istituzione che abbia di mira crescere di numero, sopravvivere in quanto tale, è destinata a morire.
Può chiamarsi Chiesa Cattolica, Luterana, Testimoni di Geova, Partito Democratico, o Croce Rossa. Un’istituzione vive solo se sa di essere a protezione del carisma che l’ha generata e che contiene. Posso chiamare il carisma, fuoco, luce, amore, ideale, verità: credo di essermi spiegato.
Pensi al matrimonio come istituzione: i matrimoni che durano, sono quelli che hanno chiaro di dover far crescere l’amore al loro interno, non semplicemente che devono durare e avere molti figli”.
A livello ecumenico, quali ripercussioni possono esserci con i protestanti alla luce delle posizioni più progressiste sui temi etici assunte da alcune Chiese luterane e anglicane?
“Non è come mettersi al tavolo del calcio mercato per fare una trattativa. Spero che nessuna Chiesa, nessuna confessione, si metta a fare ecumenismo pensando a se saremo di più o di meno facendo la tal mossa. Chi fa così è già morto. Ciascuno deve pensare al proprio dono, al proprio carisma.
La chiesa cattolica sa che nel proprio dono la parola matrimonio indica un patto indissolubile, potenzialmente generativo, tra un uomo e una donna. E sa anche che riceve questo dono non da Cristo ma da Javhé, cui Gesù rimanda. Pertanto ha questo dono in comune con tutti coloro che credono in Javhé. Si potrebbe rivolgere la stessa domanda alle altre confessioni, e sentire cosa dicono di sé stessi”.
Su quali basi si può riapre il dialogo con quella parte più relativista e secolarizzata dei Paesi protestanti?
“Ogni dialogo è possibile a due condizioni: avere una precisa cognizione della propria identità e forte desiderio di far crescere il mondo comune. In Italia convivono pacificamente molte confessioni religiose oltre la cattolica perché ciascuna di esse conosce sé stessa, la proprio identità, ha luoghi propri e specifici per il culto, e condivide la medesima idea di Stato e di società civile.
Ciò consente la pace, il dialogo, e quindi anche, qualora lo si desideri, di parlare degli elementi dogmatici che segnano le differenze. Quello che avviene in Italia deve poter avvenire anche in Europa. Se la propria identità è salda io posso dialogare.
Ce lo ha insegnato anche il Papa con l’ultimo viaggio in Turchia con la sua preghiera silenziosa nella moschea blu come aveva fatto Benedetto XVI. Certo, con un musulmano non posso celebrare la Messa e, forse, non posso neppure dire il padre nostro (dico forse, perché non so quanto il Corano accetti la preghiera di Gesù).
È poi importante dare importanza a quanto l’altro ha di bello e che è in comune con me: per questo, in aereo il Papa ha sottolineato che tanti musulmani dicono che il Corano è un “libro di pace”. Cioé, è come se avesse detto, io vi voglio credere. Però allora prendete le distanze dalla violenza, dall’Isis”.
In quei Paesi i fedeli vicini ai valori più tradizionali sono destinati ad essere culturalmente emarginati?
“L’espressione “essere vicini ai valori tradizionali” è equivoca. Tutti i romani pontefici, compreso l’ultimo ovviamente, sono assolutamente vicini e in linea con i valori tradizionali, ma conoscono perfettamente la grande lezione di san Vincenzo di Lerins su ciò che è vero progresso della fede, e non cambiamento della fede.
Il santo che cito fa l’esempio del bambino e dell’uomo adulto, che cambia ma è sempre lo stesso. Questo modo di essere vicino alla tradizione è meraviglioso e vitale perché, tramite lo Spirito Santo, asseconda l’azione di Dio che è Creatore e Padre. Se invece essere vicini ai valori tradizionali significa “si fa così perché si è sempre fatto così”, questo atteggiamento è solo foriero di morte. Non c’è da preoccuparsi di chi si comporta così perché, da solo, isterilisce, secca, e muore”.
Il rispetto e l’apertura verso gli omosessuali deve comportare necessariamente l’accettazione del matrimonio e dell’adozione tra persone dello stesso sesso? E come e possibile coniugare verità, accoglienza e misericordia?
“Per la chiesa cattolica il matrimonio è quello che ho detto sopra. È così da tanti millenni e la chiesa pensa che l’origine di ciò che Gesù chiama matrimonio non sia il vangelo ma la genesi. Non è possibile avere una vera pace nel paese se si continua a voler usare per cose diverse la sola parola “matrimonio”. Bisogna inventare altre parole.
Quando iniziò la crisi protestante si combatterono delle guerre perché – per fare un esempio – si usava la stessa parola “Messa” per indicare concetti diversi: il cattolico crede nella transustanziazione, il protestante no. Quando nacquero altre parole: culto, culto domenicale, ci si cominciò a parlare, si smisero le guerre, e, adesso, c’è l’ecumenismo”.
È possibile accogliere le coppie gay, senza confondere quello che è il ruolo e la difesa della famiglia tradizionale?
“Io non voglio dividere il mondo in omosessuali ed eterosessuali. Sul mio blog Come Gesù, c’è un grande dibattito in proposito, dove intervengono anche persone omosessuali cattoliche che non vogliono essere chiamate così ma che designano sé stessi come persone “attratte dallo stesso sesso”, o persone che preferiscono il termine “omo-affettività”.
E faccio solo qualche esempio. Io non voglio considerare le persone omosessuali “una classe” perché il catechismo (2357) dice che la genesi dell’omosessualità resta in gran parte inspiegabile. Io ho 55 anni e finora non ho mai provato attrazione per le persone del mio stesso sesso ma, dato che è un fenomeno inspiegabile, magari tra un po’ potrebbe capitarmi.
E allora, da che parte sto? No, ragionare per schemi e contrapposizioni non porta da nessuna parte. A me viene spesso in mente la fiaba del bambino che giunge in un villaggio su un cavallo e gli chiedono, in comune, di registrare il cavallo o nel quaderno del bue o in quello dell’asino. Il cavallo non è nessuno dei due, risponde.
Sì, insistono però loro, ma noi abbiamo solo questi due registri: mettiamolo dalla parte dell’asino perché gli assomigli di più. Il bambino se ne va perché dice: così offendete sia i cavalli che gli asini. Ecco, noi ci troviamo in questa situazione”.