Una risposta pastorale cattolica per le persone gay e lesbiche del popolo di Dio (Quarta parte)
Riflessioni di Fr. Joseph Fortuna* pubblicate sul sito della pastorale LGBT della Diocesi cattolica di Cleveland (USA)**, 1997, liberamente tradotte da Maria Stella Iaria
Una delle cose sorprendenti che ho imparato preparando questi articoli è che la parola “omosessualità” fino all’ultimo terzo del XIX secolo non è stata usata per descrivere una persona con un’attrazione predominante verso lo stesso sesso. Prima di allora, le persone non erano considerate “eterosessuali” o “omosessuali”. Piuttosto, erano semplicemente persone che avevano “atti” sessuali con entrambi i sessi.
Quello che noi oggi chiameremmo “orientamento sessuale” non ha avuto parte in quanto tale nello sviluppo della tradizione morale cattolica riguardo gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso. Ciò che era messo al primo posto erano alcuni passi biblici che proibivano certi atti sessuali tra persone dello stesso sesso (Gen 19:1-29; Rm 1:24-27; 1 Cor 6:10; Tm 1:10) e la teoria del diritto naturale.
La teoria del diritto naturale non è esattamente ciò che il nome suggerisce. Non significa “fare ciò che viene naturalmente.” La teoria del diritto naturale nasce dal presupposto che tutto è creato con uno scopo o un fine specifico. Ogni azione di una persona dovrebbe contribuire a realizzare quel fine o almeno essere coerente con esso.
Usando il linguaggio tecnico, ogni azione di una persona dovrebbe essere “ordinata” per quel fine. Se un’azione non aiuta a promuovere quel fine o non è coerente con esso, allora è “disordinata”. Quindi, secondo la teoria del diritto naturale tale atto disordinato è malvagio e deve essere evitato.
A rischio di semplificare troppo, l’insegnamento morale cattolico afferma che lo scopo dell’atto sessuale dell’uomo è duplice: 1) rendere più profonda l’unione tra marito e moglie all’interno del matrimonio e 2) la procreazione di figli all’interno di tale matrimonio. Qualunque atto sessuale che non promuove questi scopi o non è coerente con essi è “disordinato”. Tale atto è malvagio e dovrebbe essere evitato.
Queste due parti della tradizione morale cattolica sull’omosessualità, ossia il divieto biblico degli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e il diritto naturale, sono molto chiare nella sintesi della posizione della Chiesa che è presente nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrazione sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle diverse culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Basandosi sulle Sacre Scritture, che presentano le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”.
Chiudono l’atto sessuale al dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357).
Un segno evidente che questo paragrafo del Catechismo è un’interpretazione moderna dell’insegnamento morale cattolico è la sua distinzione tra “un’attrazione sessuale predominante verso una persona dello stesso sesso” e l’atto sessuale tra persone dello stesso sesso. Ciò è più spesso indicato come la distinzione tra “orientamento” e “atto”. È questo riconoscimento di un particolare orientamento sessuale che è relativamente nuovo alla nostra tradizione.
Nel 1986 il Cardinale Joseph Ratzinger ha scritto una lettera intitolata “Sulla cura pastorale delle persone omosessuali”. In questa lettera riconosce la distinzione tra orientamento e atto ma aggiunge quanto segue per quanto riguardo l’orientamento: “la particolare inclinazione della persona omosessuale non è peccato”.
Forse il motivo più importante per cui la Chiesa non considera peccaminosa l’inclinazione in sé è che riconosce che una persona che ha sinceramente un orientamento sessuale non ha scelto tale orientamento. Il peccato implica libertà e scelta. Se l’orientamento non viene scelto, non può essere peccaminoso.
Nonostante l’inclinazione o l’orientamento non si scelgano, gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono il risultato di una scelta. Se qualcuno può scegliere di commettere un atto sessuale con una persona dello stesso sesso, tale persona può anche scegliere di non commettere quest’atto. La capacità di una persona di scegliere liberamente o di non scegliere un atto simile è ciò che sottolinea l’insegnamento della Chiesa, secondo cui gli atti sessuali possono e devono essere evitati.
É per questo motivo che la Chiesa non approva le relazioni omosessuali, mentre allo stesso tempo accetta la dignità, datagli da Dio, delle persone con un orientamento omosessuale. Il Catechismo la mette in questo modo: le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione Cristiana (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359).
Ovviamente, ciò crea una difficoltà per le persone gay o lesbiche. Da una parte la Chiesa li accetta come persone con una dignità datagli da Dio. Dalla’altra, insegna che non possono fare niente per un’inclinazione che a loro viene naturale. Il Catechismo riconosce questa difficoltà e lancia un appello a tutte le persone di fede affinché facciano lo stesso:
Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; questa inclinazione costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.
Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358).
Nonostante l’insegnamento della Chiesa richieda rispetto, compassione e delicatezza, non è sorprendente che molti cattolici che sono omosessuali facciano delle obiezioni a riguardo. Di nuovo a rischio di semplificare troppo, sostengono che tale rispetto, compassione e delicatezza sono vani. Che senso hanno se il loro orientamento, che non hanno scelto, comporta che devono scegliere una vita di castità?
Inoltre, molti sono in disaccordo con la frase “ingiusta discriminazione” nell’articolo 2358 del Catechismo della Chiesa Cattolica, citato sopra. Sembra insinuare che ci sarebbe qualcosa come una “giusta discriminazione” nei loro confronti.
Infatti, a giugno del 1992 la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò una dichiarazione in cui si affermava che in certe situazioni la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale può essere giustificata. Il documento, intitolato “Alcune Considerazioni concernenti la Risposta alla proposta di legge sulla Non-Discriminazione delle Persone Omosessuali”, ha citato queste come possibili situazioni: l’adozione di bambini; l’assunzione e il licenziamento degli insegnanti; il fabbisogno abitativo delle famiglie vere; le legittime preoccupazioni dei padroni di casa nel selezionare potenziali inquilini; il reclutamento militare.
La scelta “libera” di una vita di castità e la possibilità di dover affrontare una “giusta” discriminazione hanno portato molti all’interno della comunità omosessuale a lasciare il Cattolicesimo Romano o a non considerare più credibile il suo insegnamento.
Poiché l’omosessualità viene capita di più, è possibile che l’insegnamento della Chiesa possa sviluppare e accettare nuove sfumature a riguardo. Ma nel frattempo la sfida per l’intera comunità cattolica è quella di creare un clima di accoglienza e rispetto. Dobbiamo trovare il modo di stare con la gente di Dio che è gay o lesbica anche quando lottano con ciò che la Chiesa insegna.
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* Fr. Joseph Fortuna è stato ordinato sacerdote negli Stati Uniti nel 1980. Ha frequentato l’Università Cattolica di Washington DC, dove ha conseguito un dottorato in Teologia sistematica con un focus sulla Liturgia e la Teologia sacramentaria.
E’ stato membro della facoltà di teologia della St. Mary Seminary Graduate School, prima di diventare parroco della parrocchia Ascension Parish di Cleveland, dove ha prestato servizio per quasi sedici anni. Oggi continua a servire nella facoltà del seminario, oltre che come parroco di Our Lady of the Lak (Nostra Signora del Lago).
** Ristampato su “The Ascension of Our Lord”, bollettino della chiesa cattolica, estate 1997
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Testo originale: People of God Who are Gay or Lesbian: A Catholic Pastoral Response (First in a series)