Gli adolescenti prime vittime dell’omofobia
Articolo di Giorgio Salvetti tratto da Il Manifesto del 16 giugno 2007
Paola Dall’Orto, presidente dell’Associazione genitori e amici degli omosessuali (Agedo), da anni lavora per combattere i pregiudizi omofobi nelle scuole e nelle istituzioni perchè proprio la maggiore visibilità dei ragazzi e delle ragazze omosessuali paradossalmente sta accuendo l’omofobia contro di loro.
A Torino un 16enne si suicida perché i compagni lo prendono in giro: «Frocio». A Palermo un’insegnante finisce sotto processo per aver fatto scrivere cento volte «sono un deficiente» a un ragazzo che non voleva far entrare nel bagno un compagno, «perché sei un gay».
Nel calderone della campagna mediatica sul bullismo nelle scuole, tra le righe, appare anche un fenomeno che col bullismo c’entra solo in parte. Si chiama omofobia, colpisce soprattutto gli adolescenti, a scuola, fuori, a casa.
Ne parliamo con Paola dall’Orto, presidente dell’Associazione genitori e amici degli omosessuali (Agedo). Dal 1993 si occupa di aiutare le famiglie con figli omosessuali e di realizzare progetti educativi nelle scuole.
Il bullismo contro i gay è in aumento o è solo più visibile? L’omofobia è una malattia, lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, c’è sempre stata anche prima che si parlasse di bullismo nelle scuole. Qualche anno fa non si poteva neppure nominare la parola «omosessualità», a volte capita ancora. Ricordo un preside che ha impedito agli studenti di fare una recita perché nel testo compariva la parola «lesbica». La situazione migliora molto lentamente.
Si parla di più di omosessualità e sempre più gay riescono a vincere la paura di apparire, ma questo scatena una forte reazione contraria. L’omosessualità diventa strumento nelle mani dei media e dei politici, e risveglia l’omofobia latente nella società e nelle istituzioni, a partire dalla chiesa. L’atteggiamento tipico «finché non si parla di gay facciamo finta che non ci siano, ma se si fanno vedere allora esistono, e li combattiamo».
Quali sono le conseguenze concrete di questa reazione? L’Agedo è nata perché siamo genitori di figli gay. Dire ai propri genitori che si è omosessuali è da sempre un grosso problema per i ragazzi e per le loro famiglie che e rimangono fortemente scioccate. Quando ce ne siamo resi conto, perché è avvenuto a noi in prima persona, abbiamo deciso di aiutare altre famiglie etero con figli gay. Da qualche anno, però, ci siamo accorti che non basta.
Vogliamo che anche i nostri figli abbiano il diritto di avere una famiglia e di non subire violenze. Andiamo nelle scuole superiori (bisognerebbe partire dalle scuole materne), proponiamo ai ragazzi questionari, facciamo vedere video e stimoliamo il dibattito. Si tratta di combattere l’ignoranza che crea pregiudizio
Ci riuscite? E’ un lavoro lungo che richiede tenacia. I ragazzi, gay e etereo, sono sempre più interessati. Qualche gruppetto assume atteggiamenti da buio e ridacchia, ma è solo paura di poter sembrare gay anche solo parlandone. Gli insegnanti prima dicevano «non ho nulla contro i gay ma non so come comportarmi», e rimanevano paralizzati. Ora sempre più spesso chiedono di fare corsi di formazione. il problema sono sempre i genitori. Ricordo un caso di un padre che minacciava di ritirare la figlia se ci avessero fatto entrare in classe.
Noi possiamo entrare nelle scuole, ma non nelle case. E l’omofobia è ovunque, sul tram, nell’esercito, nel rapporto con la polizia, per la strada. Per questo chiediamo finanziamenti e soprattutto leggi, l’allargamento della legge Mancino per esempio. Insomma l’appoggio delle istituzioni. Spesso riceviamo ascolto, anche aiuto, persino da alcuni preti. Noi però chiediamo diritti, non compassione. Facciamo parte di un progetto europeo e sappiamo quanto gli altri paesi su questo tema siano molto più avanti di noi.
Siamo andati all’Assemblea Nazionale della Famiglia di Firenze, siamo stati accolti bene anche se con qualche tentennamento, vedremo quando usciranno i documenti delle discussioni. Vogliamo rinnovare il protocollo di intesa che ci permette di lavorare nelle scuole e che ci è stato tolto dall’ex ministro Moratti. Dopo tante richieste da questo governo abbiamo ottenuto promesse, speriamo che vengano mantenute.
Nonostante i teodem e le ambiguità di Fassino e compagni? Ci interessano i fatti concreti, non queste tattiche politiche. Che posso dire? L’omosessualità fa paura a tutti, i politici hanno paura di perdere voti, la sinistra è sempre più a destra e in questo contesto la questione gay diventa un pretesto per regolare rapporti di potere tra cattolici e laici nel centrosinistra.
Colpisce sentire una mamma, non certo un’estremista, parlare così. Lei oggi è al gay pride di Roma? Si, certo. Facciamo parte del movimento Glbt. Con il nostro stile: siamo genitori. Va benissimo festeggiare, ma più che mai questo gay pride non è solo un carnevale. Deve avere una grande valenza politica.