Seismós, …ed ecco vi fu un grande terremoto
Testo di Annamaria Fabri tratto da Castello7, n.23 del 23 marzo 2008
Il vocabolo greco Seismós significa terremoto, tremore, scossa. Il terremoto era un fenomeno che veniva spesso interpretato come un presagio infausto per gli uomini e come manifestazione della forza degli esseri superiori. Il terremoto accompagnava così per gli antichi le manifestazioni del divino. Manifestazione comune a tutti i popoli, la ritroviamo citata negli scritti dell'antico testamento che associa al terremoto anche il rombo del tuono, rumore che è spesso associato ai fenomeni tellurici. Ed è tra due terremoti che l'evangelista incornicia il racconto della morte e della risurrezione di Gesù (27,51; 28,2).
Il vocabolo greco seismós significa terremoto, tremore, scossa. Esso deriva dal verbo seio (scuotere, scrollare, far tremare). Questi vocaboli sono usati anche in senso figurato per tremare, rimanere scossi da sentimenti violenti, come si dice anche in italiano.
Secondo la mitologia greca quando gli dei, ed in particolare Poseidone, dio delle profondità della terra e del mare, andavano in collera si verificava un terremoto, fenomeno che veniva spesso interpretato come un presagio infausto per gli uomini e come manifestazione della forza degli esseri superiori. Il terremoto accompagnava così per gli antichi le manifestazioni del divino.
Questa interpretazione dello scuotimento della terra, che è comune a tutti i popoli la ritroviamo negli scritti dell'antico testamento che associa al terremoto anche il rombo del tuono, rumore che è spesso associato ai fenomeni tellurici. Tipico esempio di questo modo di pensare e di descrivere la reazione della natura al manifestarsi di Jahvè è il salmo 29 (vedi anche Isaia 63,19b).
Nell'uso dei profeti questi segni di sconvolgimento naturale divengono, specialmente in epoca tarda, annuncio del "giorno di Jahvè", il giorno cioè della manifestazione definitiva della gloria di Dio e dell'inizio dei tempi messianici, secondo la famosa descrizione del profeta Gioele (2,10).
Nel nuovo testamento il terremoto, unito agli altri segni e prodigi nella natura, diventa per l'evangelista Matteo il segno più evidente della manifestazione di Gesù come Signore del cosmo (vedi 8,24; dove la tempesta è descritta come seismós grande).
Troveremo così la parola seismós e il verbo seio usati per indicare fenomeni legati strettamente alla percezione di eventi straordinari: l'agitazione degli abitanti di Gerusalemme dopo l'ingresso solenne e l'acclamazione di Gesù (21,10) e il tremore di pauradelle guardie di fronte all'evento della risurrezione (28,4).
Il terremoto sarà anche il segno rivelatore dell'affermarsi dell'alleanza del regno e il definitivo tramonto dell'«eone» presente di cui la distruzione del tempio e di Gerusalemme sarà interpretata come segno eloquente (24, 1ss). Ed è tra due terremoti che l'evangelista incornicia il racconto della morte e della risurrezione di Gesù (27,51; 28,2).
Come in Matteo anche in altri scritti del nuovo testamento si esprime con immagini forti il manifestarsi dell'intervento divino e, se in Atti 2,1 si parla di "vento improvviso e violento e di grande rumore" per la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, in Atti 6 il terremoto provoca la liberazione di Paolo e Sila dal carcere in cui erano stati rinchiusi.
Nell'Apocalisse infine il terremoto è tra i segni più evidenti della rovina a cui è destinato il mondo asservito al male quando ci sarà la definitiva vittoria dell'Agnello (Ap 6,12).