Quando la chiesa cattolica parla di omosessualità non per condannare
Trascrizione dell’intervento di Don Ermis Segatti, Direttore dell’Ufficio Cultura e Università della Diocesi di Torino e del tavolo diocesano su “fede e omoosessualità”, all’incontro su “Fede e omosessualita’ tenutosi a Biella il 6 maggio 2008 (non rivisto dall’autore).
Quando si parla di fede e omosessualita’ e c’e’ un dato di fatto inoppugnabile, cioe’ che se la fede ha qualcosa da dire sull’omosessualita’ questo riguarda la dignita’ della persona, che secondo il cristianesimo si misura con Dio, e l’esito e’ la vita eterna, cioe’ qualcosa che non si esaurisce in questa esperienza terrena.
A questo proposito il problema della sessualita’, dell’omosessualita’ e dell’eterosessualita’ va visto rispetto a cio’ che veramente conta rispetto a quel fine, credo che una delle cose piu’ spiacevoli che si possano compiere dal punto di vista religioso sia di disordinare le cose.
Esempio: se in una confessione io sento il confessore che come primo aspetto mi chiede qualcosa riguardo alla sessualita’ quest’uomo ha gia’ commesso un atto impuro, perche’ il cristianesimo insegna dove va il tuo cuore, che cosa tu vuoi di valido nella vita, questa e’ la domanda fondamentale della purezza secondo il vangelo; chi pone in primo piano i problemi della sessualita’ senza chiedermi le cose che contano nella mia vita secondo me ha commesso un atto veramente impuro.
Va ribadito con assoluta forza, pena equivoci pesanti in cui si puo’ cadere, che il cristianesimo predica la purezza di cuore, cosa ti orienta, dove e’ il tuo tesoro, il resto e’ accessorio.
Come mai e’ capitato che si sono, in diverse circostanze anche di carattere storico ed epocale, rovesciati i termini del problema, quella che veniva chiamata “la sessuofobia”? Possiamo trovare parecchie ragioni per questi processi, alcune parecchi consistenti, anche correnti di spiritualita’ che in qualche modo hanno avuto un rapporto con la sessualita’ che ha fatto arrivare a queste considerazioni, sessuofobia ma anche una sorta di sottovalutazione di tutto cio’ che riguarda la realta’ del corpo.
Correnti possenti del nostro pensiero occidentale che hanno influito sul cristianesimo o alle quali il cristianesimo non ha saputo esercitare una sufficiente critica nell’assimilarle: stanno quelle correnti – dico parole grosse perche’ tali sono – “neoplatoniche” le quali hanno distinto qualitativamente la materia dallo spirito, giudicando la materia inferiore, quando non infima, rispetto allo spirito.
E questa valutazione era fatta per valorizzare lo spirito, e il dato e’ poi questo: quando si fa la sottovalutazione di certe cose e’ perche’, se non si e’ mentalmente distorti, lo si fa perche’ si sopravvaluta qualcos’altro. Questa sopravvalutazione ha potuto portare come conseguenza la sessuofobia. Questo e’ un conto da rendere di diverse fasi della tradizione spirituale del cristianesimo quando non ha saputo reagire.
Qual’era la reazione cristiana a questo invece quando ha funzionato, e ha funzionato perche’ altrimenti noi non apriremmo neanche piu’ il vangelo: era tranciante, era l’Incarnazione.
Come mai colui che nella concezione platonica veniva concepito come l’essere supremo, perfetto, intoccabile, intangibile, immutabile aveva piantato la tenda in mezzo a noi, come diceva Giovanni? Questa era la grande obiezione cristiana: non c’e’ nulla del reale che sia profano per la fede e nulla del reale che sia infimo, nulla del reale che non possa essere santo.
Questa e’ stata la risposta quando ha funzionato, ma alcune volte non ha funzionato, per cui vi e’ stata una visione dispregiativa rispetto a certi aspetti della realta’, della corporeita’, e di quella corporeita’ specifica che e’ la sessualita’, considerata una forma di “materializzazione dello spirito” o di insidia dello spirito a materializzarsi: il nocciolo era li’ e direi questa tentazione nel cristianesimo e’ stata forte, possente. Lo e’ tutt’ora e lo e’ anche nelle grandi correnti spirituali dell’umanita’.
Giustamente prima e’ stata citata la frase caratteristica della tradizione biblica, prima ancora che cristiana, “e vide che erano cose buone”. C’e’ questo paradosso nella tradizione biblica, che non si trova in altre correnti spirituali, tutto il sacro puo’ diventare profano, a seconda di come lo si vive, e tutto il profano puo’ diventare sacro.
Non c’e’ nulla cioe’ dal punto di vista religioso che sia profano se lo si vuole vivere con un certo spirito, non c’e’ nulla di sacro che non possa profanarsi se uno lo vive male: la risposta definitiva e’ la responsabilita’ dell’uomo, non c’e’ qualcosa che e’ male in se’, questi erano i manichei che lo dicevano.
Meno male che il cristianesimo a questo ha resistito, e’ stata una fortissima tentazione dell’occidente. Il sesso non e’ cattivo, puo’ diventarlo: questo richiede pero’ una grande forza spirituale, e’ piu’ facile dire che il male e’ in un posto preciso, cosi’ prendi le cautele, sono garantismi dal punto di vista spirituale, mentre il principio di responsabilita’ ti dice che tutto puo’ – si’ o no – , cio’ che pare una inclinazione al male puo’ diventare – che cosa? – una delle espressioni piu’ potenti della relazione, quando si dice che il cristianesimo sublima la sessualita’ non e’ che la sublimi, semplicemente le da in qualche modo una finezza, uno scopo che sia degno dell’uomo: giustamente Gnavi diceva che si nega all’omosessuale la possibilita’ dell’affettivita’ e della relazione, bene, questa e’ una cosa molto brutta, perche’ la sessualita’ se la si vuole vivere dal punto di vista umano come si deve, puo’ dirlo il cristianesimo ma possono dirlo anche altre spiritualita’, deve essere orientata in un modo che sia umano, questa e’ la natura vera, perche’ aspetta di essere umanizzata; di per se’ la sessualita’ e’ una forza bruta ambivalente, puo’ diventare tremenda e puo’ diventare potente come capacita’ di comunicazione e di espressione, puo’ diventare perversa e straordinaria. Questa e’ la visione che puo’ avere il cristianesimo, non esiste il male e la sessualita’ “cattiva” in se’.
Gustavo Gnavi ha toccato molti tasti: penso che una difficolta’ su questi terreni, e non vale solo per il cristianesimo, sia che molte delle cose che si dicono “sbagliate” dipendono dalle conoscenze che si hanno “sbagliate” delle cose. Se io ho una visione dei cieli non esatta, ed emerge una visione piu’ reale, se io attacco alla visione errata uno stigma, un valore religioso, ho poi l’impressione che cada la religione aumentando la conoscenza: mi fermo un momento sul precedente di Galileo perche’ vale per la sessualita’.
Per lunghissimi tempi la visione “scientifica” della realta’ avveniva attraverso la visione “scientifica” dei sensi: io guardo i cieli e questi sono immutabili, non cambiano mai, guardo i pianeti e hanno un corso regolare, per giunta hanno un movimento circolare compreso il cielo nel suo insieme: sulla terra non riesco a riprodurre il moto circolare, assolutamente no, quindi il moto circolare dunque e’ tipico dei cieli, conclusione – che si riteneva scientifica perche’ aveva una premessa scientifica ma che naturalmente andava oltre la scienza – dunque i cieli sono “perfetti”, hanno il moto “perfetto”, la terra invece ha solo un moto “imperfetto”, perche’ se io comincio con il circolo se non tengo un punto di riferimento il moto si traduce in curvilineo e poi in rettilineo, inesorabilmente, si trasforma, e’ mutevole; i cieli sono immutabili, la’ e’ la perfezione, qui c’e’ l’imperfezione.
Dietro ad una conoscenza scientifica veniva caricata una visione piu’ globale, di valore – e qui arriviamo poi alla natura, omosessualita’ o altro -. Quando Galileo punto’ il cannocchiale sulla luna poteva anche non credere a quello che vedeva – cio’ e’ ammirabile piu’ per questo che non per altro, poi per altre questioni che attengono alla fiducia che ha attribuito alla matematica di poter catturare i fenomeni fisici, ma questo e’ un discorso troppo tecnico…- ma ha creduto a cio’ che vedeva nel cannocchiale e poteva non crederci, poteva credere che fosse una dilatazione abnorme della vista: difatti i suoi obiettori dicevano “non ci credo”, e non volevano metter l’occhio nel cannocchiale, perche’ “credo al mio strumento scientifico” che sono i miei occhi, ma quando Galileo credette a cio’ che vedeva, che vedesse la realta’, che non fosse una finzione ne’ una deformazione diciamo dubitabile, scorse qualcosa che “non si sapeva prima” e che sconvolgeva radicalmente le conoscenze e i valori che vi si erano attribuiti.
Ad esempio scorse che il moto circolare e’ un moto derivato, non e’ un moto perfetto, il moto di partenza e’ il moto rettilineo, dimostro’ che il moto circolare e’ derivato attraverso il parallelogramma delle forze, e vide che la luna non era un oggetto perfetto e immutabile, ma con tutte le variazioni che si possono vedere dalla terra, lui commise addirittura l’errore di pensare che ci fossero pure i mari e le foreste – pazienza… ci penso’ poi il seguito alla rettifica – ma aggiunse una conoscenza che sconvolgeva cio’ che sulle conoscenze precedenti si era costruito…
Questo per portare dietro alle spalle il ragionamento che viene sulla sessualita’, io penso che molte delle cose che nella tradizione religiosa – ma mica solo religiosa, anche nella tradizione civile, nel costume, nelle mentalita’ corrente – si sono dette della “natura” era in realta’ quello che si conosceva della natura, ma quando le conoscenze della natura sono andate oltre – ci sarebbero delle cose da dire su altri campi, ma nel caso specifico della sessualita’ – si e’ capito una cosa, che mi pare sia un dato oggi acquisito, sperimentale, induttivo e deduttivo, cioe’ che la sessualita’ ha dei margini di varianti interne alla sua espressione nella configurazione dell’uomo che lo portano ad essere eterosessuale nella stragrande maggioranza delle condizioni dell’essere umano allo stato attuale, pero’ c’e’ una percentuale di persone le quali hanno una sessualita’ proiettata in altre direzioni.
Questo come dato, si potrebbe dire, di natura conosciuta, non di natura genericamente parlata, ma di natura nota in base a nuove acquisizioni: lo spirito religioso se vuole essere corretto non deve mettere un cappello religioso facile sulle conoscenze di carattere scientifico, ma deve avere un’atteggiamento pre-scientifico e spirituale secondo cui rispetto a cio’ che conosci cerchi di reagire con coscienza, quindi il tuo apporto dal punto di vista spirituale, nel caso specifico il cristianesimo tanto piu’ in una visione incarnazionista, e’ rispetto alla realta’ che ti trovi. Chissa’ cosa noi sapremo della realta’ nel 2050 e nel 2080 e nel 3000…
Io non mi sentirei di dire che quello che so io e’ definitivamente cio’ che si deve dire della natura: e’ un atto di responsabilita’, se mi consentite una parola un po’ delicata, “limitata”. Allo stato delle mie conoscenze la mia responsabilita’ spirituale mi deve dire che io mi devo comportare cosi’, rispetto a cio’ che conosco; quando le conoscenze dovessero mutare l’atto di responsabilita’ e’ che io sono chiamato ad essere responsabile di cio’ che mi viene a conoscenza che prima non avevo. Io non mi sentirei di dire come si deve comportare un uomo rispetto a certi argomenti o rispetto all’universo nel 2080 perche’ non so che cosa si conoscera’, ma debbo dire come con responsabilita’ regolarmi rispetto alla natura e al cosmo per cio’ che oggi nel 2008 so, perche’ se non faccio questo sono un “irresponsabile”, ma non posso essere un “responsabile illimitato”, sono un “responsabile limitato”.
Detto questo allora se io vengo a conoscere che se la sessualita’ di una parte della tradizione umana ha una fisionomia che io chiamo “naturale”, nel senso che e’ quello con cui io devo fare i conti, io diro’ e chiedero’ dal punto di vista spirituale esattamente quello che ha detto quel parroco a te Gustavo, e cioe’ “su quello che tu sei regolati secondo le cose che valgono nella vita” e qui ritorna, e chiudo, il problema del “tesoro”: chi tu sei mi dice come ti regolerai con cio’ che tu hai.
Dal dibattito:
Nell’occidente il discorso dell’omosessualita’ ha una serie di inquadramenti che sono venuti crescendo nel dibattito pubblico, da ambo i lati – da chi ne e’ partecipe e dall’opinione pubblica – che non si trovano facilmente in altri continenti (Africa, Asia – salvo eccezioni -,…), sono dei limiti in occidente sostenibili, e aperti, pur essendoci reali difficolta’ tuttavia il dibattito e’ venuto in crescendo in tasso di civilta’: se ne parla, se ne puo’ dibattere ed e’ entrato nel linguaggio ufficiale a livello di diritti, per cui non si deve essere discriminati in base alla sessualita’.
La civilta’ occidentale quando vuole affermare un valore lo porta a livello di diritto, non tutte le civilta’ hanno questa caratteristica, ed e’ uno sviluppo un po’ inedito nella storia: se una cosa e’ un valore ne hai il diritto, altrove questo e’ inconcepibile. L’omosessualita’ e’ entrata nella categoria del diritto, che e’ la piu’ alta che l’occidente ha formulato per dire che una cosa vale: che cosa significa cio’? Che tu non la devi implorare, ne’ ti deve essere concessa, ma deve essere riconosciuta, questa e’ la concezione del diritto.
Probabilmente c’e’ un altro tipo di problema che sta sotto questo, cioe’ fino a che punto questo diritto entra in confronto con altri diritti, ma questa secondo me e’ una questione che deve essere lasciata come secondaria, successiva. E’ un diritto e non si deve mai retrocedere da questo. Questo fino a quando la civilta’ occidentale sara’ in grado di avere un cosi’ alto senso della propria dignita’ da mantenere la societa’ dei diritti, perche’ potrebbe anche essere precaria.
Il fatto di concepire come “innaturale” l’omosessualita’ dipendeva da un determinato tipo di conoscenza della sessualita’ che si aveva nel mondo antico: si riteneva che l’eterosessualita’ fosse l’unica forma di sessualita’ “di natura” e che l’altra fosse una deviazione: ho presente un capitolo fondamentale della polemica di Sant’ Agostino nelle “Confessioni” proprio la’ dove egli dice – lascio perdere il contesto che ci porterebbe lontano – “… su molte cose possiamo discutere, cambiano i costumi, le epoche, ma ci sono alcune cose che sono indubitabili, vengono dette con chiarezza dalla natura, ed e’ il fatto che l’omosessualita’ e’ contro natura..”.
Il tipo di conoscenze che avevano della sessualita’ era che l’omosessualita’ fosse una deviazione dovuta sostanzialmente a due cause: o la perversione peccaminosa della persona, che per vizio orienta perversamente la sua sessualita’, quindi sregolava la sua unica natura – eterosessuale – per scelta sua, oppure per violenza, si dava giustificazione che questo comportamento avveniva per atti violenti esterni.
Ora lo stato di conoscenze oggi acquisito e’ diverso, se guardiamo al Catechismo della Chiesa Cattolica vediamo che per la persona omosessuale la sua sessualita’ e’ quella, non e’ un’altra, e’ “naturalmente” orientata verso il proprio sesso; il problema e’ che tra questo dato acquisito dalla cultura e il modo corrente di interpretare e conoscere la realta’, largamente diffuso, e’ che si rimane sul primo modo di leggere, cioe’ o una perversione o una violenza. E’ una contraddizione in termini parlare di omosessualita’ come contraria alla natura, perche’ non c’e’ nulla di piu’ naturale che seguire la natura che uno si ritrova.
Essere omosessuale e’ un desiderio? Non entra nella categoria del desiderio. E’ piu’ impegnativo e interessante rispondere a chi si appella direttamente a cio’ che dice il vangelo rispetto alla famiglia, “l’uomo non separi cio’ che Dio ha unito” e via discorrendo.. Allora ci si chiede se quella e’ la famiglia di cui si parla nel vangelo e tutto il resto e’ fuori.
Intanto la domanda e’ stata rivolta a Gesu’ specificamente sul matrimonio uomo-donna e lui ha risposto su quello, non e’ stato posto a Gesu’ il problema dell’omosessualita’, mai; il problema e’ stato posto in quel contesto perche’ lo si voleva capziosamente tirare a dire che i rapporti matrimoniali sono labili, tu metti una giustificazione scritta come maschio e chiuso, la legge data da Mose’ e’ questa e tu che dici?
In questo caso la domanda era pertinente al rapporto uomo-donna, c’e’ in un passaggio di Paolo qualcosa che ha a che vedere con il discorso che facevo di Agostino ma il vangelo di per se’ non ha nessun discorso diretto con l’omosessualita’ perche’ non e’ mai stata posta a Gesu’ la questione.
E’ stato posto il problema, largamente dominante e corrente, che era quello dello scioglimento e della estrema labilita’ del matrimonio secondo la tradizione ebraica: che era molto peggiore di cio’ che sosteneva la legge ebraica dell’antico testamento, le cause di scioglimento erano estremamente ridotte all’arbitrio, una casistica di cose di poco conto per cacciare la donna. E’ rispetto a questo che Gesu’ reagisce: “maschio e femmina Dio li creo” e “cio’ che Dio unisce l’uomo non separi”, c’e’ il silenzio rispetto all’omosessualita’.
Ne parla Paolo nella Lettera ai Corinti dove mette insieme tutta una serie di colpe in cui entra anche la sodomia, ma intanto li’ la sodomia era una cosa ben diversa, era la prostituzione maschile, che e’ condannata per uomo e donna, il fare merce del proprio corpo, sempre intendendo che non sia una espressione di schiavitu’, dopodiche’ il criminale e’ chi fa fare questo, ma in se’ e’ un atto non accettabile dal punto di vista della dignita’ dell’immagine di Dio che l’uomo porta in se’.