Oltre il silenzio. I gay credenti siciliani si raccontano
Articolo tratto dal mensile “I love Sicilia”, anno 5, n°34 del luglio 2008
“O stai zitto, o te ne vai”. Alfredo La Malfa faceva parte del movimento carismatico Rinnovamento nello Spirito Santo e quando ha detto apertamente di essere omosessuale, non gli hanno lasciato alternativa.
Facendolo precipitare nello sconforto. “Mi hanno fatto sentire peggio di un assassino”, racconta seduto su una delle seggiole che fanno parte dell’essenziale arredo della sagrestia del Santissimo Crocifisso della Buona Morte, la parrocchia di piazza Giovanni Falcone nel cuore di San Berillo, l’ex quartiere a luci rosse di Catania.
“Bellissima persona, don Pippo – dice Alfredo -. Avevo 27 anni quando l’ho conosciuto. E per me ha rappresentato una possibilità di riscatto unica: mi ha consentito di uscire dall’oblio e di vivere serenamente la mia affettività”.
Ed è così che sono nati “I Fratelli dell’Elpis” che nella mitologia greca rappresentano la personificazione della speranza, uno dei doni contenuti nel vaso di Pandora.
Di norma, si riuniscono la seconda e la quarta domenica del mese. “Organizziamo anche concerti – spiega Alfredo -. Da noi c’è molta gioia, anche se chi arriva qui spesso proviene da un percorso di grande sofferenza”. “Quest’anno diventiamo maggiorenni – dice, ricordando i diciott’anni di attività di questa fraternità ecumenica per le diversità – e in questo periodo abbiamo sostenuto molti omosessuali, introducendoli in un percorso di liberazione che è proprio della fede cristiana”. Cristiana e non specificatamente cattolica.
“Perchè – spiega Alfredo – la maggior parte dei contatti li abbiamo con le chiese cristiane riformate storiche, come la chiesa valdese. La chiesa cattolica ufficiale è omofobica, basta ascoltare Radio Maria per rendersene conto. Se, poi, fai parte di Comunione e Liberazione, dell’Opus Dei, dei Neocatecumenali e dei Focolarini e dici di essere gay, sei rovinato”.
Se, poi, oltre a essere omosessuale e cattolico, si è pure preti, la situazione si fa più ancora complicata. Come ci racconta dall’altra parte della Sicilia, quella dell’entroterra occidentale, un parroco di campagna, don Mario – il nome è di fantasia “perchè se dico chi sono, il parroco non me lo fanno più fare” – che è diventato consapevole del proprio orientamento sessuale intorno ai quarant’anni: “Quando mi sono innamorato di un altro uomo – confessa -, ho dovuto mettere in discussione la mia identità sessuale e di prete.
E’ stato un periodo molto travagliato, dal quale sono uscito grazie all’aiuto di un padre spirituale molto valido e di una brava psicologa. E’ grazie a loro se oggi sono ancora prete, nel pieno rispetto, s’intende, del voto di castità”.
Quasi vent’anni di sacerdozio alle spalle, don Mario è uno dei firmatari della lettera che il 24 dicembre del 2005 fu pubblicata da Adista (l’Agenzia d’informazione sul mondo cattolico e le realtà religiose) in risposta al documento di “Istruzione della congregazione per l’educazione cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali”.
Istruzione che in sintesi, chiudeva le porte dei seminari ai gay. A firmare la lettera (Non ci negate di esistere. lettera aperta di Preti Omosessuali Cattolici) – chiedendo di mantenere l’anonimato per evitare ritorsioni – furono trentanove preti: 26 diocesani e 13 religiosi, provenienti da tutt’Italia, come certifica la redazione di Adista, garantendo sulla loro identità.
“Per il Vaticano se uno è gay, non è buono neanche a fare il prete – dice don Mario – e questo perchè la Chiesa, in quanto sessuofoba è anche omofobica. Questo atteggiamento, però, riguarda più che altro le alte gerarchie, perchè poi c’è tutto un mondo molto più fedele alla vita reale, che di norma non ha l’attenzione dei media”.
Un mondo in fermento che vede, ad esempio, molti preti omosessuali in contatto tra di loro. “Il 25 aprile scorso (ndr 2008) – racconta don Mario – ci siamo incontrati a Roma. Eravamo una trentina. Certo, non si tratta di grandi numeri: c’è difficoltà ad uscire allo scoperto, anche se solo parzialmente.
Ma abbiamo pure una mailing list che raccoglie un centinaio di istritti. E’ un modo per sentirsi meno soli e per vivere serenamente il nostro mandato. In attesa che le cose cambino. D’altra parte, nel corso della sua storia, la Chiesa ha rivisto molti atteggiamenti. E visto che nessun dogma vieta agli omosessuali di essere preti, in futuro ci auguriamo di non essere più discriminati”.