A che punto siamo? Voci di cattolici LGBT da tutto il mondo
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 31 luglio 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
In questo mese [luglio 2019] il Global Network of Rainbow Catholics (Rete Globale dei Cattolici e Cattoliche Arcobaleno, GNRC) ha tenuto la sua terza assemblea. In questo articolo vogliamo riportare le impressioni personali di alcuni dei partecipanti all’assemblea, a cui abbiamo chiesto quali fossero le questioni più urgenti per le persone LGBTQ cattoliche nel loro Paese.
Padre Peter Marsh, australiano, riassume alcuni punti chiave del meeting per [l’edizione in lingua inglese del quotidiano cattolico francese] La Croix: “I gruppi regionali riferiscono sempre più spesso di discriminazioni delle persone LGBTIQ da parte di vari Stati. Soprattutto, c’è molta preoccupazione per le discriminazioni interne alla Chiesa.
“Numerosi delegati riferiscono non solo che chi lavora nelle scuole e università cattoliche vede a rischio il proprio posto di lavoro, ma anche che, in alcuni Paesi, anche studenti e studentesse vengono invitati ad abbandonare la loro scuola se fanno coming out o sostengono i diritti LGBTI.
“Altre questioni importanti sono l’inadeguatezza della teologia cattolica sul tema della sessualità, la necessità di una migliore formazione di sacerdoti e operatori pastorali sul sostegno alle persone LGBTIQ cattoliche e l’ancora insufficiente coinvolgimento delle donne”.
Di seguito, le riflessioni di altri partecipanti, come Miel Feria, di Rainbow Catholics Philippines (Cattolici Arcobaleno delle Filippine): “Il problema più urgente che devono affrontare le persone LGBTQ cattoliche nelle Filippine è probabilmente la violenza psicologica, che consiste nella mancata accettazione e nel mancato riconoscimento del fatto che esistono. Molti sono i casi di violenza latente che le vede vittime, e la maggior parte di loro, per non dire tutte, sono soggette a violenze psicologiche ed emotive. La confusione, i dubbi riguardo se stessi che si provano quando si diventa consapevoli della propria sessualità sono resi più acuti dai sensi di colpa che ci instillano, oltretutto il più delle volte perpetrati dalle famiglie stesse delle persone LGBTQ, con l’aiuto della gente di chiesa.
“La soluzione religiosa all’omosessualità è cosa comune nelle Filippine. Mi ricordo che anni fa mi dissero che Dio non ha creato le persone LGBTQ. Ma allora, chi mi ha creata? Non sono anch’io figlia di Dio? A volte alcuni scherzano su queste cose, ma per chi lotta con la propria sessualità, per chi cerca di capirla, essere fatta sentire una nullità quando a malapena conosci qualcosa di te stessa può provocare danni irreparabili. Solo molto tempo dopo ho capito che quelle non erano le parole di Dio. Sono fortunata, perché molte persone non arrivano a capirlo, e si allontanano definitivamente dalla Chiesa, ma c’è di peggio: alcuni, per paura di venire cacciati dalla loro famiglia, rimangono nel nascondiglio per tutta la vita. È molto triste vedere una Chiesa che predica l’amore e l’accettazione, e che poi alimenta la rabbia e il risentimento verso le persone LGBTQ”.
Antonio Ortiz, della Red Católica Arcoíris México (Rete Cattolica Arcobaleno del Messico, REDCAM): “Di ritorno dall’assemblea [del Global Network of Rainbow Catholics del 2017] abbiamo cominciato a contattare e a incontrarci con altre comunità del nostro Paese, gettando le basi del progetto REDCAM. Poco a poco comparivano, provenienti da varie città, rappresentanti di progetti simili al nostro. Abbiamo unito e coordinato le forze, e nell’ottobre 2018 abbiamo organizzato il nostro primo incontro a Città del Messico, che ha visto la partecipazione di più di 60 rappresentanti, provenienti da tredici comunità di varie città, e di singoli individui che lavorano in collaborazione con alcuni ministeri pastorali. L’incontro ci ha dato anche l’opportunità di incontrare monsignor Raúl Vera, nostro alleato, padre James Alison e rappresentanti di comunità del GNRC provenienti da Italia, Spagna e Stati Uniti.
“Attualmente lavoriamo in sinergia per sostenere lo sviluppo delle nostre comunità, organizzare laboratori su vari argomenti di interesse comune e sviluppare una risposta a tre grandi necessità che sono emerse: lavorare con gli adolescenti e i giovani, con gli anziani, e con le famiglie delle persone LGBTI. Ora si sono uniti alla nostra causa altre città e altri movimenti, sacerdoti e religiosi, e questo ci fa credere che il cambiamento nella nostra Chiesa sia possibile, come anche imparare a costruire ponti (come dice padre James Martin)”.
Benjamin Oh, del Rainbow Catholics InterAgency for Ministry (InterGruppo dei Cattolici Arcobaleno per il Ministero, Australia): “Le due principali questioni sul tappeto per la comunità LGBTIQ cattolica e i suoi alleati in Australia sono:
“1) Il violento dibattito sul diritto di sacerdoti e pastori di discriminare le persone LGBTIQ. La vita e la dignità delle persone LGBTIQ, cattoliche o meno, sono per l’ennesima volta al centro dello scenario politico, in quanto i gruppi anti-LGBTIQ stanno cercando di imporre nuove leggi federali che permettano a sacerdoti e pastori di discriminare le persone LGBTIQ. Attivisti anti-LGBTIQ molto in vista, come l’arcivescovo di Sydney Anthony Fisher, si sono coalizzati con gruppi vari per fare pressione per l’approvazione di tali leggi…
“2) Il Concilio Plenario del 2020 (assemblea cattolica australiana) e i dubbi su una significativa rappresentanza delle persone LGBTIQ cattoliche, delle loro famiglie e della loro comunità… Molte persone LGBTIQ cattoliche temono che la varietà di voci e di esperienze vissute, coraggiosamente esposte credendo nell’ascolto e nel dialogo, possa essere cancellata, in linea con decenni di propaganda ostile alle persone LGBTIQ, che le ha spesso ritratte come malate e depravate, come pazienti che hanno bisogno che la Chiesa li ‘guarisca’, invece che come persone che perdonano e fungono da guaritrici e mediatrici in un’istituzione omofoba e transfoba, che non rispetta la verità e la realtà delle persone LGBTIQ”.
Meli Barber, di DignityUSA: “Penso che uno dei maggiori problemi che le persone LGBT cattoliche devono affrontare negli Stati Uniti sia quello della discriminazione sul lavoro nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche. Vivo nell’arcidiocesi di Indianapolis, dove quattro persone LGBT+, tra insegnanti e responsabili dell’orientamento, sono state minacciate di licenziamento da monsignor Thompson; tre di loro sono state poi effettivamente licenziate. Ho lavorato per quasi sei anni come catechista in una parrocchia di Indianapolis, ma ho lasciato il lavoro perché stavo per chiedere alla mia fidanzata di sposarmi. La Chiesa Cattolica insegna che bisogna evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione verso le persone LGBT+, eppure spesso le licenzia”.
Martin Kolenič, del gruppo Cristiani Gay Slovacchia: “In Slovacchia, per quanto riguarda la relazione tra le persone LGBT+ cattoliche e la Chiesa, due forse sono i problemi più urgenti. Il primo è la rigida etichetta di peccatori ‘intrinsecamente disordinati’ appiccicata alle persone LGBT+ che scelgono di vivere con un/una partner e di realizzarsi pienamente come persone. Il secondo problema nasce in modo naturale dal primo. I sacerdoti e i vescovi slovacchi non parlano con i gruppi che accettano pienamente l’affettività e la sessualità delle persone LGBT+, forse perché, dal loro punto di vista, questo equivarrebbe a legittimare il peccato, ma in questo modo non c’è dialogo, la situazione è congelata nel suo poco felice stallo e la Chiesa è piuttosto ostile nei riguardi dei suoi membri LGBT+ e ignora la nuova visione dell’omosessualità che sta prendendo piede in altre parti del mondo”.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Catholic Advocates Share Reflections on LGBTQ People in Their Homelands