A Civitavecchia abbiamo vegliato per “includere l’altro” chiunque esso sia
Articolo di Alberto Colaiacomo pubblicato su Lazio Sette, supplemento di Avvenire di Domenica 23 Maggio 2021, pag.8
“Riscoprire il ministero del servizio e abbandonare le false tradizioni e devozioni, per cercare di scoprire l’altro, chiunque altro ci è offerto, come opportunità per crescere”. È questo, secondo il vescovo Gianrico Ruzza, il significato della veglia di preghiera per l’accoglienza e l’integrazione che ha presieduto nella Chiesa dei Santi Liborio e Vincenzo Maria Strambi a Civitavecchia.
“Tutti fratelli” è il tema scelto per l’incontro che si è svolto lo scorso 17 maggio, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia; iniziativa promossa dall’ufficio diocesano di pastorale della famiglia per invitare la comunità alla preghiera e alla riflessione per superare tutte le forme di discriminazione.
Alla veglia, insieme al gruppo di famiglie con figli LGBT, hanno partecipato anche i movimenti e le associazioni ecclesiali presenti in Diocesi. Una tradizione iniziata nel 2007 dopo il suicidio di Matteo, un giovane ragazzo torinese di 16 anni, vittima delle angherie omofobe dei suoi compagni di scuola, e che la Diocesi ha deciso di dedicare a tutte quelle vittime di violenza e discriminazione legate al sesso, alla razza, alla religione, alla cultura rivolte ai più deboli e indifesi.
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” è il brano del vangelo di Giovanni che è stato al centro della meditazione, insieme a letture tratte dall’enciclica Fratelli Tutti.
“Il cristianesimo – ha detto il vescovo Ruzza nella riflessione – è una fede incarnata: legata a qualcosa di molto concreto. Questo ci invita a vivere i suoi principi, non in modo astratto, ma all’interno della concretezza del servizio.” “In questa giornata, in cui siamo chiamati a combattere ogni forma di discriminazione, il cristiano è allora chiamato a ritornare alle origini, all’atteggiamento di Gesù, che non ha mai escluso nessuno.”
“La stessa concretezza – ha proseguito il presule – ci chiede di vivere all’interno di un contesto storico in cui l’evento pandemico è origine di nuove e più marcate discriminazioni e disuguaglianze, che sfociano in emarginazioni e conflitti.” “C’è una crisi delle relazioni – ha detto il pastore – e abbiamo bisogno di ritornare a un clima di accoglienza verso tutti, a relazioni non improntate all’ostilità, che possono manifestarsi attraverso un sorriso e nell’espressione di un abbraccio; che si fondano sulla speranza di una vita che non finisce e va oltre; che non si basano sul successo umano o economico. Dovremmo riscoprire la via della riconciliazione nell’approccio della fraternità”.
Il vescovo, riferendosi al dibattito sulle proposte di legge contro la discriminazione in discussione in Parlamento, ha invitato a pregare “affinché ci sia l’illuminazione del cuore di tutti e in un battito fraterno si arrivi a comprendere cosa vuol dire per un ragazzo di sedici anni togliersi la vita perché discriminato”.
La veglia ha visto anche la testimonianza di Cordilia, una donna nigeriana che ha raccontato la sua storia di migrante vissuta con molte difficoltà: un percorso che l’ha portata a vivere in strada per la dipendenza dall’alcool. Solo grazie ai volontari della Comunità di Sant’Egidio è stata curata e inserita in una casa protetta, della quale successivamente è diventata un’operatrice che lavora per le persone in difficoltà.