A Firenze quante “Famiglie fortunate” con figli LGBT, perchè una chiesa inclusiva è possibile
Riflessioni di Mara e Agostino, genitori del gruppo Davide di Parma
Anch’io insieme a mio marito ho avuto la gioia di partecipare all’incontro di Firenze “FAMIGLIE FORTUNATE”. Siamo venuti a casa con il cuore gonfio e ringraziando Dio per tutte le persone che abbiamo incontrato, ragazzi, genitori, pastori, suore. Ognuno di loro ci ha ci ha fatto toccare con mano che Dio è padre di tutti ed è possibile una chiesa diversa che non condanna, ma accoglie indipendentemente dall’orientamento sessuale.
Non pensavo di scrivere questa lettera perchè tanti altri genitori hanno già espresso molto bene quello che anche noi abbiamo sperimentato, ma domenica sera eravamo a cena con nostro figlio e per l’ennesima volta abbiamo visto e ascoltato la sua rabbia e il suo risentimento verso una chiesa che invece l’ha escluso. Non è arrabbiato con noi, anzi è contento di questo nuovo cammino che stiamo facendo, ma lui di Dio, dei preti, dell’ambiente in cui l’abbiamo cresciuto non ne vuole più sentir parlare. Solo allontanandosene ha potuto sentirsi meno sbagliato e superare il senso di colpa che gli ha rovinato lo stomaco, oltre alla vita.
Mi rendo conto ed è molto triste dirlo ma, in effetti, sarebbe stato più fortunato se non fosse nato e cresciuto in una famiglia “così cattolica” come la nostra che alla scoperta della sua omosessualità ha visto per primo il peccato e non un figlio da abbracciare e da amare ancora di più.
Alla fine dell’incontro uno dei ragazzi ci ha detto: “La vostra presenza qui è segno di speranza per tutti”. Avevamo infatti raccontato loro il nostro rifiuto, il tentativo di guarirlo, il suo allontanamento da casa e soprattutto le lacrime, tante, troppe. Li ho fatti ridere raccontando che per anni ho avuto sulle palpebre dei calazi così grandi che ho dovuto asportare chirurgicamente.
Mi rimane però il dolore delle parole di mio figlio che non dimenticherò mai: “Mamma, vado via da casa perché non posso più vedere la tua faccia”, gli era insopportabile infatti vedere la sofferenza che portavo stampato in volto e di cui lui si riteneva responsabile.
Se proprio noi, che avevamo sbagliato tutto, eravamo a Firenze e ci sentivamo “Famiglie fortunate” per avere un figlio gay, allora c’è veramente speranza per tutti.
Eravamo a Firenze perche in questi due anni, dalla Veglia per le vittime dell’omofobia del 2017, abbiamo incontrato famiglie e ragazzi/e meravigliosi/e sia nel gruppo LGBT di Reggio Emilia che nel gruppo Davide di Parma e un sacerdote don Paolo Cugini che ci ha mostrato un Dio e una chiesa che prima incontra l’uomo poi le norme. Come dice papa Francesco: “La realtà è più importante delle idee”. Da soli non ci saremmo mai riusciti, da soli, pur rimanendo in parrocchia e insieme agli amici con cui abbiamo condiviso una vita e l’ideale di “famiglie sante”, siamo rimasti nel silenzio (di tutti) e nel dolore (inutile) per più di dieci anni.
Ora sentiamo con urgenza che la chiesa deve cambiare nei confronti dei ragazzi/e omosessuali e delle loro famiglie. Come diceva una mamma “Abbiamo bisogno di sacerdoti, a cui per primi le famiglie e i figli credenti si rivolgono, che leniscano le ferite, non che ne aggiungano altre. E che ci accompagnino in questo cammino, nuovo per tutti. Che accettino di conoscere le persone, di entrare in dialogo, senza pregiudizi, ma con rispetto e sensibilità perché si possa sviluppare il massimo bene possibile della situazione reale in cui esse si trovano”.