A Firenze il cammino delle suore domenicane con le persone LGBT+, nostri fratelli nella fede
Articolo di Vittoria Prisciandaro pubblicato sul settimanale cattolico CREDERE n.5 del 4 febbraio 2024, pp.30-33
A Firenze, suor Fabrizia Giacobbe e le sue consorelle da quasi vent’anni accompagnano un gruppo di persone credenti omoaffettive e sono state pioniere dell’accoglienza raccomandata oggi dal Papa: «vogliamo solo camminare insieme, dice, «perché la Chiesa sia casa di tutti».
Ospitereste un gruppo di cristiani omosessuali per un percorso di lectio divina?». Con questa domanda, in punta di piedi, 17 anni fa il gruppo Kairos busso a una porta di via Cittadella, poco lontano dalla stazione di Firenze.
«Con una consorella, appena trasferite da Prato, avevamo deciso di aprire la nostra casa a giovani desiderosi di condividere momenti di vita e spiritualità. Ci aspettavamo ragazzi di parrocchie e consuete associazioni ecclesiali: tutti fuorché i cristiani omosessuali che furono invece tra i primi a bussare», racconta suor Fabrizia Giacobbe, 56 anni, domenicana dell’Unione san Tommaso d’Aquino. «Ne fummo felici e fu per noi una grazia poter sostituire alla sigla Lgbt nomi, volti e storie di persone concrete, di varia età e provenienza».
«Venivano anche da fuori regione: a quei tempi non c’erano per loro molti spazi ecclesiali di incontro. Oggi i gruppi si sono moltiplicati: più di 40 sparsi in tutta Italia», dice Fabrizia, membro anche di un’équipe che coordina la rete nazionale di oltre 150 operatori impegnati nella pastorale con persone Lgbt+ e i loro genitori.
Aperti a «tutti, tutti, tutti»
Una pastorale di “nicchia” fino a qualche tempo fa. Ma, il Sinodo, la scelta di una Chiesa aperta a «tutti tutti tutti», come non si stanca di ripetere papa Francesco, ha dato voce anche a esperienze ecclesiali poco note: una voce arrivata in Vaticano sotto forma di numerosi contributi del mondo Lgbt+ al percorso sinodale.
Ora, con la pubblicazione della Dichiarazione Fiducia supplicans, le persone in coppie omoaffettive potranno chiedere di mettere sotto la cura e la benedizione di Dio la loro relazione. Una scelta, quella del dicastero per la Dottrina della fede, controfirmata da papa Francesco, che è andata incontro alle speranze di tan- ti, ma ha suscitato anche proteste da parte di numerosi episcopati. «È un bene che ci sia un dibattito aperto nella Chiesa. Sia perché il rischio è ovunque il pensiero unico, sia per- ché con questo dibattito è finalmente tramontato il tempo del silenzio e del nascondimento a cui spesso abbiamo costretto le persone Lgbt, da sempre presenti nelle nostre comunità cristiane», dice suor Fabrizia.
Giudizi come macigni
«“Puoi rimanere, purché non si sappia che sei gay”: frasi come queste, dette da guide spirituali, accrescevano la solitudine e il senso di inadeguatezza di persone il cui cammino di autoaccettazione era già tutto in salita; con esiti talvolta drammatici. Oggi l’ascolto ci permette di conoscere la realtà delle persone, di sfatare pregiudizi, di scoprire quanto inadeguato sia stato fino a ora il nostro linguaggio, pronto a collegare l’omoaffettività all’ambito della patologia e del disordine morale».
Il ricordo della religiosa va al relatore della sua tesi di laurea: «Il primo omosessuale che ho conosciuto è stato il mio professore all’università di Torino, Gianni Vatti- mo. Dopo esser cresciuto in Azione cattolica, diceva di aver poi abbandonato la Chiesa perché non poteva restare “là dove mi si considera un mostro”».
«Incominciai a percepire allora come certi termini, anche se usati a fin di bene», spiega suor Fabrizia, «potessero risultare macigni sulle spalle di persone già segnate da fragilità». Per adempiere la legge di Cristo, san Paolo, «nella Lettera ai Galati, ci invita a “portare i pesi gli uni degli altri”, cioè ad accorgerci di quanto per altri possa essere pesante un giudizio, una parola o situazione. E questo perché non venga neutralizzata la portata liberante del Vangelo: parola d’amore di Dio che sola è in grado di far fiorire ogni vita».
Camminare insieme
Le sei Domenicane della comunità di Firenze, anche quelle non direttamente impegnate in questa pastorale, sono tutte, a incominciare dalla vivace novantaduenne suor Stefania Baldini, coinvolte in un’accoglienza che, «lungi da ogni paternalismo, ha per unico scopo il camminare insieme nella fede, facendo sentire di casa chi nella Chiesa, come ogni battezzato, è a casa propria».
Negli anni le iniziative si sono moltiplicate e differenziate: dalla lectio divina alle conferenze, dai momenti ricreativi alla preghiera del Rosario, una volta al mese.
«Questi cristiani ci offrono testimonianze preziose: una fede spesso provata ma sempre autentica, la passione per la Parola di Dio, l’affetto sincero per la Chiesa, la capacità di vivere la donazione di sé in relazioni di coppia fedeli ed esclusive», dice suor Fabrizia. Dopo il responsum della Dottrina della fede del 15 marzo 2021, che die- de risposta negativa alla domanda se la Chiesa avesse il potere di benedire le unioni tra persone dello stesso sesso, la Dichiarazione dello scorso dicembre, pur con tutti i distinguo successivi, apre di fatto una nuova strada.
«Sono questioni complesse ed è normale si proceda con cautela. Io però auspico», dice la religiosa, «che la teologia, in ascolto attento della vita e delle scienze oltre che del Van- gelo, favorisca uno sviluppo dell’attuale pensiero ecclesiale in materia. In perfetta linea con una Tradizione che – non dimentichiamolo – è viva soltanto nella misura in cui si modifica, facendoci crescere nella conoscenza della verità. Autorevoli teologi vi stanno lavorando».
Qualcosa sta cambiando
Nel frattempo, a livello pastorale, in tante diocesi le cose si stanno muovendo. Proprio a Firenze il cardinale Giuseppe Betori ha firmato un decreto con cui ha istituito un coordinamento per una pastorale di inclusione, del quale fa parte anche suor Fabrizia, insieme a due pre- ti e due genitori.
Il coordinamento, interno all’Ufficio della pastorale familiare, verrà presentato in diocesi il 12 febbraio e si occuperà di persone Lgbt+ e delle loro famiglie, oltre che delle altre situazioni «dette irregolari», di cui al capitolo 8 di Amoris laetitia.
«Una bella novità», commenta suor Fabrizia. «Perché l’omosessualità non è un “problema” ma una condizione di vita di persone a cui affiancarsi con molta delicatezza. E con le quali condividere, come con tutti, tristezze e angosce, ma anche gioie e speranze».