A lezione dal compagno Ratzinger
Articolo di Antonio Carioti pubblicato su Il Corriere della Sera (La Lettura) del 30 dicembre 2012
In Italia le discussioni sui temi etici si sono sviluppate in prevalenza lungo il crinale della contrapposizione tra laici e cattolici. Divorzio, aborto, procreazione assistita, trattamento dell’embrione, riconoscimento delle coppie di fatto (specie se omosessuali), testamento biologico: su ciascuno di questi argomenti le posizioni della gerarchia ecclesiastica hanno fatto da discriminante principale, benché non tutti i fedeli si siano adeguati alle sue direttive, che peraltro hanno spesso riscosso anche il consenso di non credenti.
Sarebbe fuorviante ricondurre il fenomeno a una dialettica tra fede e secolarismo, se non altro perché a tal proposito le confessioni cristiane riformate, tipo i valdesi, divergono nettamente dalla Chiesa di Roma. Semmai, come emerge dal recente libro di Giovanni Fornero e Maurizio Mori Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (Le Lettere), si tratta di un conflitto tra diverse concezioni dell’uomo. Una, in sintonia con il magistero ecclesiastico, afferma la sacralità e indisponibilità della vita biologica, oltre che il primato assoluto della famiglia tradizionale. L’altra privilegia l’autonomia dell’individuo in materia di procreazione, comportamenti sessuali, situazioni di fine vita.
La convinzione che tale «bipolarismo etico» abbia effetti negativi è alla base dell’appello «per una nuova alleanza tra credenti e non credenti» lanciato nell’ottobre del 2011 da quattro studiosi provenienti da sinistra: il giurista Pietro Barcellona, ex deputato del Pci; l’ex dirigente di Lotta continua, oggi docente all’Università Europea dei Legionari di Cristo, Paolo Sorbi; il padre dell’operaismo italiano Mario Tronti, che presiede il Centro per la riforma dello Stato fondato da Pietro Ingrao; il presidente della Fondazione Istituto Gramsci Giuseppe Vacca.
Il documento operava un’esplicita apertura verso Benedetto XVI, tanto che si è parlato ironicamente di «marxisti ratzingeriani». In effetti i quattro autori, oltre a denunciare la «manipolazione della vita» come «la radice più profonda della crisi della democrazia», additavano in due motivi ricorrenti del magistero pontificio, cioè il rifiuto del «relativismo etico» e il concetto di «valori non negoziabili», un terreno d’incontro propizio per «la costruzione di un umanesimo condiviso». Se si aggiunge un accenno, non limpidissimo, alla tutela «della persona umana fin dal concepimento», ce n’era abbastanza per configurare un distacco dalle idee prevalse nel Pd sui temi etici, nonostante il richiamo ad alcune generiche affermazioni di Pier Luigi Bersani, in fatto di confronto con la Chiesa, che non avrebbero sfigurato in bocca a Palmiro Togliatti mezzo secolo fa.
Oggi quel testo viene riproposto nel volume Emergenza antropologica (Guerini e Associati), insieme a interventi di altri autori, con una premessa in cui Barcellona, Sorbi, Tronti e Vacca si sforzano di definire meglio il loro pensiero, anche in rapporto alle critiche ricevute.
Ad esempio specificano che considerare la vita come un valore in sé non preclude, a loro modo di vedere, «la libertà femminile nel caso di interruzione della gravidanza, o la libertà delle donne e degli uomini di far valere le loro scelte sul modo di accompagnare il finire della vita».
Precisazioni utili, ma ardue da conciliare con i richiami all’insegnamento di Benedetto XVI: se si reputa la tutela dell’embrione un «valore non negoziabile», quindi in nessun caso sacrificabile, non c’è modo di giustificare la legge 194 sull’aborto, che andrebbe dunque profondamente modificata.
Ma si ha l’impressione che i «marxisti ratzingeriani» abbiano evocato le formule papali facendo finta di non coglierne la portata, o meglio cercando di attenuarla surrettiziamente. Perciò individuano il comune nemico nel fantoccio polemico della «torsione nichilista dei processi di secolarizzazione», quando il vero bersaglio degli strali pontifici è piuttosto il principio dell’autodeterminazione individuale, cioè il pilastro della bioetica laica cui s’ispira la sinistra in tutta Europa.
Se il declino di una visione tradizionale della natura umana — cioè l’«emergenza antropologica» come la intende Ratzinger — è la minaccia da bloccare, gli avversari peggiori sono i socialisti francesi e spagnoli, i governanti olandesi, belgi e scandinavi, mentre un prezioso alleato può essere la destra evangelica americana. E qualche merito va riconosciuto pure a Silvio Berlusconi. Sembra quasi che i quattro firmatari del documento vogliano promuovere una specificità italiana, che ci distingua dal resto dell’Occidente in virtù del ruolo particolare svolto dalla Chiesa.
Usano perfino l’espressione «unità politica, etica e religiosa della nazione», che presa alla lettera avrebbe riflessi autoritari, ma va invece ricondotta all’afflato organicistico che ha sempre animato la ricerca di un incontro epocale tra masse progressiste e cattoliche.
Il «bipolarismo etico» ha vari inconvenienti, ma un nuovo compromesso storico «marxista ratzingeriano» non pare un rimedio valido.