A Milano la curia dice NO alla veglia per le vittime dell’omofobia. Ma se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?
Riflessioni di Gianni Geraci, portavoce del Guado di Milano, 11 maggio 2012
Ricordo ancora quando, nell’aprile 2007, è nata l’idea di organizzare una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia.
Si era appena suicidato Matteo, un adolescente di Torino per gli insulti di cui era vittima e un gruppo di omosessuali credenti di Firenze aveva deciso di organizzare un incontro di preghiera per dare una risposta concreta a questa domanda: «É mai possibile che i nostri pastori, di solito così loquaci quando si parla di omosessualità, non abbiano detto una sola parola per commentare la morte di questo adolescente disperato?».
Si era scelta la data del 28 giugno, la giornata dell’orgoglio omosessuale in cui si ricorda la rivolta di Stonewall, quando, nel 1969, gli omosessuali di New York avevano deciso di reagire ai continui soprusi di cui erano vittime.
Dentro di me ho pensato: «Ecco la vera risposta che, in quanto credenti, possiamo dare al problema dell’omofobia!
Ecco la vera provocazione che possiamo fare alle nostre chiese in nome del Vangelo: chiedere di pregare con noi per le vittime di una violenza che tutti coloro che vogliono seguire Gesù sono chiamati a condannare».
Con questa convinzione ho chiesto alle comunità cattoliche con cui sono in contatto di lasciarsi coinvolgere in questo progetto, ma la riposta che ho ottenuto è stata negativa: «Non è tanto il senso dell’iniziativa che crea problemi, ma è la data scelta: c’è il rischio di trasformare le vostre veglie in tanti piccoli Gay Pride».
Per fortuna, a Milano, c’è anche la Comunità Evangelica Valdese che, con grande tranquillità ci ha detto quel sì che invece non è arrivato dal mondo cattolico e ha ospitato la prima veglia per le vittime dell’omofobia con cui chiedevamo «alle comunità cristiane di Milano e della Lombardia di unirsi a noi nella preghiera per chiedere allo Spirito, che abita nei nostri cuori, di insegnare agli uomini del nostro tempo quell’atteggiamento di accoglienza e di rispetto delle diversità che Gesù ci predica nel suo Vangelo».
L’anno dopo, proprio per evitare questo problema, la data scelta è stato il 2 aprile, l’anniversario della morte di Matteo.
Forti di questa scelta, con i rappresentanti degli altri gruppi di omosessuali credenti, siamo tornati alla carica (a Milano) e abbiamo chiesto alle comunità cattoliche di appoggiare e di ospitare il momento di preghiera che avevamo intenzione di organizzare.
Anche in questo caso, però, la risposta, dopo un iniziale sì, è diventata un no, perché non abbiamo accettato di togliere, nel testo di presentazione dell’iniziativa, alcuni riferimenti espliciti all’omosessualità.
Tra l’altro, anche se nella chiesa valdese stava facendosi strada un atteggiamento sempre più inclusivo nei confronti della nostra iniziativa, in quelle settimane il tempio valdese di Milano non era disponibile e occorreva trovare un’altra soluzione.
È stato in quel momento che ci è venuta in mente, come soluzione di ripiego, la sede del Guado, ma per fortuna la disponibilità della Chiesa Evangelica Battista ci ha permesso di celebrare la nostra veglia in una delle chiese più accoglienti che ci sono in città: quella della comunità battista di Via Pinamonte da Vimercate.
Tra l’altro, nel 2008, ricorreva il quarantesimo anniversario Martin Luther King, il pastore battista che ha pagato con la vita il suo impegno per superare il pregiudizio, le discriminazioni e la paura.
Questo particolare ci ha spinto a collegare il nostro sogno, quello di vedere un mondo in cui nessuno verrà più perseguitato a causa della sua omosessualità, con il sogno che lui aveva descritto così bene il 28 agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington: «Io ho sempre davanti a me un sogno… che un giorno questa Nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali […] e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli esseri viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza».
Nel 2009, dopo che si era deciso di spostare definitivamente la data della veglia al 17 maggio, che corrisponde alla giornata mondiale contro l’omofobia, abbiamo dovuto farei conti con una gradevole sorpresa: da quell’anno la Chiesa Evangelica Valdese avrebbe dedicato uno dei suoi culti domenicali proprio al superamento dell’omofobia e al riconoscimento della dignità delle persone omosessuali.
Da quell’anno il protestantesimo storico, a Milano, ha scelto di prendersi direttamente in carico le istanze che volevamo proporre con le nostre veglie e quindi, anche se ci sembrava giusto appoggiare questa scelta, dovevamo fare i conti con il problema di aiutare anche le altre comunità cristiane di Milano a iniziare il percorso che la chiesa valdese aveva ormai intrapreso con decisione.
Era indispensabile riuscire a fare la veglia in una chiesa e così siamo tornati alla carica nel chiedere una cosa semplicissima: pregare per le vittime di una violenza che i cristiani, tutti i cristiani, dovrebbero condannare.
Volevamo però che la scelta di accoglienza di una delle comunità con cui siamo in contatto fosse condivisa anche a livello diocesano e, dopo alcuni incontri siamo riusciti ad ottenere quell’ospitalità che, fino ad allora ci era stata rifiutata.
E l’11 maggio 2009 ci siamo trovati nella parrocchia di San Gabriele, e abbiamo invitato «quanti condividono la nostra fede in Cristo e tutte le donne e gli uomini di buona volontà a vivere in unità con noi un momento di preghiera per ricordare le vittime dell’omofobia e di tutte le altre forme di pregiudizio, discriminazione, e paura, e per chiedere di essere anche noi liberati da qualunque forma di disprezzo e di risentimento».
Ormai la strada sembrava spianata e l’anno successivo, mentre la comunità Valdese ripeteva l’esperienza del culto domenicale dedicato al riconoscimento della dignità delle persone omosessuali, tutti i gruppi di omosessuali credenti di Milano, il 13 Maggio, si sono incontrati in una delle chiese più antiche della città, quella «chiesa rossa» che si affaccia sul Naviglio pavese, per ricordare a noi e a tutti gli omosessuali che: «Niente potrà separarci dall’amore di Dio» (Rm 8,39).
Il posto, anche se un po’ fuori mano, era davvero bellissimo, anche il clima di preghiera era molto intenso e le persone erano davvero contente.
Forse stavamo troppo bene e ci siamo dimenticati delle tante comunità cristiane, lasciavano passare il 17 maggio senza nemmeno interrogarsi sul significato di quella data.
E nel 2011, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, con il culto domenicale proposto da una chiesa Valdese sempre più inclusiva e con la veglia ecumenica fatta la sera del 19 maggio nella parrocchia di San Gabriele, era nata in molti di noi la convinzione che i momenti di preghiera sull’omofobia e di ricordo delle vittime della violenza omofoba fossero ormai diventate degli appuntamenti ormai acquisiti, seppure in forme diverse, sia dalle chiese riformate che dalla chiesa cattolica.
Mai avrei pensato, quest’anno, di dover fare i conti con un NO. E invece il NO è arrivato.
Naturalmente non veniva contestata la bontà delle scelte fatte negli anni precedenti: nessuna delle veglie che si erano susseguite dal 2007 al 2011, aveva mai creato il minimo imbarazzo nelle comunità che le avevano ospitate.
Il motivo del NO era legato all’imminenza della Giornata mondiale della famiglie che si svolgerà a Milano tra il 30 maggio e il 3 giugno e al contemporaneo arrivo di Benedetto XVI a Milano.
Ancora adesso mi chiedo come la nostra piccola veglia avrebbe potuto rovinare la grande kermesse in programma per fine maggio, ma non ho insistito anche perché ho pensato che non è certo necessaria una chiesa per pregare.
E così, mentre la comunità valdese si ritroverà il 13 maggio per celebrare il consueto culto domenicale dedicato all’omofobia, noi cattolici ci troveremo letteralmente per strada, non avendo trovato posto in una delle tantissime chiese cattoliche che ci sono in città.
Che fare?
La prima idea è stata quella di organizzare una veglia all’aperto, magari davanti a una chiesa. Abbiamo però dovuto fare i conti con i limiti che hanno le nostre capacità organizzative.
La seconda idea è stata quella di rinunciare a una veglia pubblica per ritrovarci a pregare in privato, magari in una delle tante chiese che non poteva ospitare una veglia pubblica.
La terza idea è stata quella di accettare sia il rifiuto che ci è stato opposto sia i limiti che noi abbiamo, proponendo una veglia pubblica nell’unico spazio che gli omosessuali credenti milanesi gestiscono direttamente: la sede del Guado di Via Soperga 36.
E così, con il consiglio del Guado, abbiamo deciso di invitare gli altri gruppi di omosessuali cristiani presenti a Milano e, più in generale, tutte le comunità cristiane della città, l’appuntamento del prossimo 22 Maggio, quando ci troveremo a pregare per le vittime dell’omofobia e a riflettere sul versetto che quest’anno è stato scelto per unire tutte le veglie che si svolgeranno in giro per il mondo: «Chi dice di essere nella luce e odia il suo fratello è ancora nelle tenebre» (1 Gv 2,9).
In quell’occasione ci accorgeremo forse di essere in deboli.
In quell’occasione ci accorgeremo forse di essere più isolati di quanto pensavamo.
In quell’occasione ci accorgeremo senz’altro di essere poveri.
Ma la nostra debolezza, il nostro isolamento, la nostra povertà ci avvicineranno a Gesù che prega da solo nell’Orto degli Ulivi.