La città eterna, tre gruppi di cristiani omosessuali, una parrocchia e la veglia per le vittime dell’omofobia
Finalmente è arrivato il momento tanto atteso! Per la prima volta dopo quattro anni, a Roma si potrà pregare insieme tra cristiani (cattolici e valdesi) omosessuali e eterosessuali.
E si potrà farlo per ricordare le vittime dell’omofobia, ma non solo quella che si concretizza in violenza fisica, anche quella più sottile e sfuggente, fatta di dileggio, silenzio, parole non dette, abbracci negati.
E’ la seconda volta che tentiamo di avviare un dialogo e un confronto con le comunità della chiesa romana a cui ci sentiamo di appartenere in quanto battezzati in Cristo.
Lo scorso anno abbiamo avuto una sola risposta di un parroco lungimirante. Quest’anno le risposte sono state sinora due.
Non molto, ma comunque noi insistiamo e insisteremo sempre, perché siamo con san Paolo quando ci esorta, nella lettera ai Romani, a confidare che “nulla ci separerà dall’Amore di Dio”.
Questa frase risuona nei nostri cuori dal Forum di gruppi omosessuali cristiani che si è svolto ad Albano Laziale lo scorso marzo, ed è stata scelta all’unanimità come fil-rouge per legare in un’unica voce tutte le veglie italiane contro l’omofobia.
Nella nostra lettera alle parrocchie, oltre a presentarci, abbiamo cercato di sensibilizzare sul tema dell’accoglienza delle persone omosessuali, evidenziando come basterebbe poco per non far andare via un ragazzo omosessuale per sempre dalla sua parrocchia.
Basterebbe non condannarlo alla “consegna del silenzio”, basterebbe ascoltarlo, fargli capire che la parrocchia è casa sua, di lui in quanto creatura di Dio così com’è, senza false identità, senza ipocrisie.
Il nostro obiettivo è infatti non di affermare il nostro gruppo (non ne abbiamo la necessità) quanto di promuovere il benessere dei ragazzi e delle ragazze omosessuali che troppo spesso vivono in maniera nascosta e dolorosa la frattura tra la loro fede e il loro orientamento sessuale.
Ma come siamo arrivati a questa veglia? E’ da un anno che, in maniera serena ma propositiva, tentiamo un dialogo con delle comunità cattoliche, con l’obiettivo di creare un terreno di confronto sereno, senza preconcetti, un luogo di incontro dove poter avere una base di scambio di conoscenza reciproca.
Siamo consci di come sia difficile abbattere pregiudizi che derivano da una cultura ancestralmente omofoba e, in ambito cattolico soprattutto, centrata sul paradigma della purezza e della non purezza.
Ma siamo altrettanto consci che solo incontrandosi e conoscendosi il pregiudizio può essere abbattuto. Solo dalle facce, dalle storie si è in grado di contestualizzare qualcosa, come l’omosessualità, che altrimenti diventa inesorabilmente una categoria mentale, senza alcun aggancio con il vissuto.
Il percorso è stato proficuo, intenso, interessante, fecondo ed infatti ci troviamo qui, ad un anno di distanza, a pregare insieme, in questa magica serata, in cui tutto sembra filare via liscio, senza intoppi, come guidato da una mano superiore.
La veglia è stato il frutto di un lavoro di gruppo tra noi di Nuova Proposta, La Sorgente, La Refo e alcuni rappresentanti della comunità cattolica che ci ospita, soprattutto scout.
Ci siamo trovati subito d’accordo sul taglio a metà strada tra il contemplativo e l’esperienziale, come se il vero messaggio fosse “Dio, ti affidiamo tutti coloro che hanno sofferto e soffrono a causa dell’omofobia e al contempo ti affidiamo le nostre storie affinché tu renda dignità e verità a ciascuno di noi”.
Ci troviamo all’aperto, un po’ timorosi nel conoscerci, presentarci. Forse molte delle persone lì presenti è la prima volta che incontrano degli omosessuali: naturale un sentimento di curiosità e di timore…
Ma poi la veglia inizia! Piano piano entriamo nella sala e ci accomodiamo, mentre un’immagine viene proiettata sulla parete con le parole di san Paolo “Chi ci separerà dunque dall’Amore di Dio”?.
Questa immagine, via via che la veglia prosegue, svelerà l’Immagine di Cristo risorto tratta dall’affresco di Piero della Francesca, in un puzzle che si compone via via, in una transizione dalla tenebre alla luce piena come a voler simboleggiare che Cristo in Sé sana tutto e vince l’odio e il pregiudizio.
Iniziamo con il canto emblema della Veglia “Chi ci separerà” e subito entriamo nel clima.
Franco, con una sua intensa e sentita meditazione, ricorda a tutti noi perché siamo lì riuniti in quella sera, che cos’è l’omofobia, che tratti può assumere, dalla condanna a morte in alcuni paesi del mondo alla prigionia, allo stigma sociale, al dileggio, all’esclusione, all’isolamento.
E purtroppo questo avviene ogni tanto anche in contesti, come la famiglia o la parrocchia, che dovrebbero essere luoghi di soli amore e inclusione.
Dopo la lettura del primo brano, l’episodio di Cristo e della prostituta da Luca, una emozionata Caterina ci commuove tutti con il racconto dell’accettazione della sua omosessualità ma del rifiuto riscontrato da parte della mamma che, ancora oggi, non riesce a vivere questa dimensione della figlia e, dopo averla osteggiata, semplicemente ignora questa componente importante della vita di Caterina.
Segue un rimando all’Antico Testamento, in cui la figura dell’eunuco, tra quelle considerate più disprezzabili per la cultura antica ebraica, perché non in grado di procreare, diviene oggetto prima di esclusione (nel Deuteronomio) e poi di inclusione (in Isaia).
E’ stavolta Vinicio de La Sorgente che, con mestizia ma decisione, ci racconta dell’esperienza, sua e di altri, per una certa esclusione, di origine omofobica, avuta all’interno del percorso di fede.
La lettura del salmo 69, in cui il Signore ci è di conforto nei momenti più bui, apre la strada alla testimonianza di una ragazza scout della comunità che ci racconta il percorso di iniziale diffidenza, poi di conoscenza e quindi di profonda amicizia tra lei e il suo migliore amico gay.
Il racconto degli Atti, in cui Pietro rivela al pagano Cornelio di aver finalmente capito, per opera dello Spirito Santo, che nessuno può essere considerato puro o impuro, è l’ottimo punto di partenza per il racconto di Giorgio, della REFO, il gruppo dei valdesi/metodisti omosessuali. Giorgio ci parla dell’esperienza di accoglienza che, insospettatamente, ha ricevuto nella sua comunità, soprattutto da parte di persone, come una signora anziana molisana, da cui teoricamente ci si sarebbe dovuta aspettare maggiore diffidenza.
Nel frattempo l’immagine di Cristo si compone. Nell’aria risuonano le note dei canoni di Taizé e sull’altare si accendono, via via che la Luce della Parola illumina cuori e menti, altrettanti ceri.
Il quinto passaggio, dal vangelo di Giovanni, ci invita a mostrare le nostre vite, ad agire nella Luce perché chi è nella Verità non ha paura di rivelarsi. Ed è quindi la volta di Dario che apre il cuore sul suo percorso di auto accettazione che, finalmente, dopo tanti anni, lo ha portato a gridare “Grazie a Dio” di averlo fatto gay.
Spontaneamente si aprono le bocche di molti in preghiere libere e spontanee, di ringraziamento e di supplica, per la pace del cuore, per la sapienza, per la luce delle menti.
La lettura del brano fil-rouge delle veglie 2010, dalla lettera ai Romani di san Paolo, fa da preludio alla conclusione festosa con “Il canto del mare”: “Cantiamo al Signore, stupenda è la sua vittoria”, cantiamo tutti gioiosi, battendo la mani, con gli occhi socchiusi ma felici! E’ proprio vero: è stupenda la vittoria del Signore sul pregiudizio, sulla distanza, sulla separazione.
E’ stupenda la vittoria del Signore che benevolo rivolge gli occhi su tutti noi che ci siamo riuniti in questa notte nel suo nome e che abbiamo saputo cercarlo e lasciarci guidare dalla sua gioiosa imprevedibilità!
Sembrano volate queste due ore, volate perché il Tempo dello Spirito non è quello dell’Uomo. Ma c’è ancora tempo per un’agape fraterna, per rimanere insieme, parlare, conoscerci, scambiarci pezzi di vite e darci appuntamento ad una prossima occasione di incontro!