A te che ti vergogni di essere omosessuale
Riflessioni di frate Bernardo pubblicate sul sito cristianosgays.com (Spagna) il 25 agosto 2009, liberamente tradotte da Alessandro Zocchi
Di umiliazioni ne sappiamo qualcosa, noi gay. Alcune sono reali, altre immaginarie. Se pensiamo all’umiliazione pubblica spesso ci si presenta davanti agli occhi lo sguardo colmo di disprezzo di quanti ci circondano…
Inoltre, mentre camminiamo per la strada, abbiamo l’impressione di essere rifiutati e criticati da chi ci osserva. Si vede che sono gay? Attiro l’attenzione per come mi vesto? Tutti mi guardano?
Tutto ciò rappresenta una vera e propria piaga sotto il profilo dell’amor proprio: è come se non potessimo accettare noi stessi né immaginare un futuro felice. Vorremmo sparire.
Magari può accadere che mentre stiamo trascorrendo una bella giornata, di punto in bianco ci venga in mente quell’umiliazione, e l’allegria svanisce. Oppure sentiamo un apprezzamento per qualcuno e nasce in noi il dolore di essere gay, la paura che gli altri se ne rendano conto.
Questi sentimenti solitamente poi si tramutano in un sapore molto amaro che trapassa l’anima di colpo, nel bel mezzo di un buon pranzo, di una passeggiata, di un momento piacevole. Oppure si manifestano mentre siamo al lavoro facendoci sentire quanto non valga la pena svolgere la nostra attività perché siamo stanchi di indossare sempre una maschera.
Quei ricordi spengono la nostra allegria togliendoci l’entusiasmo e l’iniziativa. Può accadere che si tratti di un ricordo molto vecchio che non smette di tornarci alla mente ogni tanto torturandoci.
Ci rivolgiamo a Dio e recriminiamo di essere gay: perché io? perché non l’hai evitato? Tutto ciò è negare la nostra storia personale, è condannarci per sopravvivere.
Signore, non ho imparato a guardare me stesso
con occhi di comprensione e tenerezza.
Mi castigo per il fatto di essere come Tu mi hai fatto.
Signore, voglio accettarmi, ed esser felice di essere come sono.
Testo originale: Humillaciones