A Torino la parata del pride conquista la città
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«Grazie Torino!». Quante volte Roberta Padovano del Coordinamento Torino Pride ha urlato nel microfono queste due parole alla folla che ieri, lungo tutto il percorso del corteo contro l’omofobia e per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, ha accolto il mosaico colorato di manifestanti con simpatia e comprensione.
Nella parata, le infinite espressioni del popolo lgbt (ndr lesbiche, gay, besex e trans), con punte di provocazione esasperata, ma soprattutto un mare di giovani, di gente comune: la vicina, il collega, l’insegnante del figlio, il meccanico e il manager.
Diecimila alla parata e altrettanti assiepati ai bordi delle strade del centro secondo la Questura. Per un attimo, alla fine, in piazza Palazzo di Città, è stata guerra di cifre. Ma la giornata di ieri resterà nella storia del movimento come una tappa importante, un successo non scontato che numeri contrapposti non possono sminuire: davanti al direttivo del Coordinamento Pride il sindaco Chiamparino, in mattinata, aveva assunto l’impegno personale, e di tutte le istituzioni al di là dell’appartenenza politica, di dare un segnale forte «che incoraggi una crescita politica e culturale per contrastare ogni forma di discriminazione delle persone in base all’orientamento sessuale e per condannare l’omofobia e la transfobia come veri attentati alla convivenza civile».
Primo segno tangibile di tutto questo (subito contestato dal Pdl), l’autorizzazione a srotolare dal balcone di Palazzo Civico lo striscione «rainbow», bandiera del popolo lgbt. Così è stato alle 18,30, con il via dell’assessore alle Pari Opportunità Marta Levi e il Coordinamento Pride che annunciava «un gesto simbolico di vicinanza delle istituzioni mai avvenuto prima in Italia».
Un gesto che, come i sorrisi di amicizia dei ragazzi o delle coppie di pensionati che hanno sospeso lo shopping e osservato i manifestanti, va incontro a tante persone in situazioni diverse. Come l’ingegnere Jasmine Emily, transessuale turca operata alle Molinette, che è riuscita a far riconoscere la sua laurea in Italia e ora si augura di trovare lavoro.
Come Patrizia, impiegata di 47 anni, che ieri sfilava dietro lo striscione «Resistenza lesbica» e raccontava gli anni di solitudine vissuti prima di entrare in una associazione: «Forse, per le lesbiche giovani è più facile vivere serenamente, ma oggi restano numerose quelle che lasciano la provincia e si trasferiscono in città perché nei centri piccoli non puoi far altro che nasconderti».
Italia sempre a due velocità, insomma. E proprio su questo aspetto interviene il servizio Lgbt del Comune di Torino, presente ieri sul bus Informagiro dell’Informagiovani, con il quale collabora per diffondere – anche a livello regionale – materiali utili ad orientare i giovani lgbt nella vita quotidiana, nel lavoro, per imparare a tutelare i propri diritti. Poi ci sono quelli che continuano a mancare.
«Per la piena affermazione dei diritti civili gay il matrimonio è la pietra miliare», diceva Fulvio Boccardo dell’Associazione Radicale Certi Diritti e con lui tantissimi altri partecipanti alla sfilata. A sottolinearlo, coppie di sposi impeccabili, con fiore all’occhiello, e di spose con il velo bianco. O fucsia Pride.