Accettare il proprio corpo per accettare il dono della vita (Ezechiele 37:1-14)
Riflessioni bibliche* di Randall Bailey e Ronald Hopson tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2008, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Il notissimo passo delle “ossa inaridite” di Ezechiele 37:1-14 illustra in maniera plastica il tema di questa settimana: Dio desidera non solo che gustiamo la vita, ma che la viviamo a pieno.
È ironico che questo passo capiti durante la Quaresima, poiché quest’ultima viene tradizionalmente concepita come un periodo di disciplina e di soppressione della gioia e della vivacità.
Stiamo per entrare in una profonda riflessione sul cammino di Dio, e lo vediamo molto chiaramente nel grande sacrificio di Gesù sulla croce. Perciò, in teoria, dovremmo disciplinare e perfino negare il corpo, a beneficio della crescita e dello sviluppo spirituali.
– In che modo concepite di solito la Quaresima? Secondo voi, perché la Quaresima è così legata a pratiche corporali come la dieta, il digiuno e l’astinenza? In che modo potreste avvicinarvi a Dio, nei giorni di Quaresima che rimangono, celebrando il corpo invece che negandolo?
Ezechiele e Giovanni 11:1-45 ci offrono una prospettiva diversa; infatti il segno della presenza e della potenza di Dio sta proprio nel corpo che ritorna alla vita. Le culture omofobiche pretendono che le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender crocifiggano la loro voglia di vivere (ovvero, che vivano nel celibato) in modo da venire giudicate giuste dalla Chiesa.
Dobbiamo perciò profetizzare la resurrezione a tutte queste persone. Come Ezechiele chiama a raccolta Israele dalla tomba dell’esilio alla vita e alla vivacità della sua cultura, così le persone LGBT sono invitate da Dio a uscire dalla negazione, dall’odio verso se stesse, dal senso di colpa e dai tentativi frustrati di vivere nel celibato. Siamo chiamati alla vita (l’autenticità) e alla voglia di vivere (la passione).
Nel vangelo di Giovanni, vita significa uscire dalla tomba (o dal nascondiglio?) e voglia di vivere significa lasciar cadere il sudario (o liberare il corpo dai ceppi). È interessante che, verso la fine del passo di Ezechiele (versetti 7-9), le ossa sparse si rivestono di nervi, carne, pelle e ruah (spirito), ma rimangono senza vestiti. Allo stesso modo, Lazzaro esce dal sepolcro e Gesù ordina di togliergli il sudario (versetto 44). Qui viene celebrata la nudità, perché Dio ci chiama nudi a una nuova vita. Come nel momento in cui siamo nati, i nostri corpi vengono esposti senza vergogna.
– In che modo la visione del corpo e della sessualità nelle nostre tradizioni cristiane ha influenzato la ricerca, da parte delle persone LGBT, di una vita ricca, piena e soddisfacente all’interno della comunità cristiana?
In questo messaggio di vita e vivacità c’è un senso di urgenza. Giovanni ci mostra, senza ambiguità, Gesù che sbaglia: pensava che Lazzaro non sarebbe morto, ecco perché ha aspettato prima di andare da lui. Ma Lazzaro è morto, e comprensibilmente Maria e Marta sono irritate dal fatto che il suo amico speciale non sia venuto quando l’hanno mandato a chiamare.
Anche noi ci irritiamo quando assistiamo passivamente ai mortiferi atteggiamenti di condanna e ostracismo e di fronte alle persone LGBT trattate come capri espiatori? Qualcuno ha sofferto mentre noi aspettavamo il momento opportuno per parlare, o mentre aspettavamo tempi migliori per rivendicare il nostro diritto a una vita piena e soddisfacente? Per giustificare la nostra attesa citiamo il Salmo 129 (130). Ma l’attesa (qwh in ebraico) del salmista è un’attesa attiva e preparatoria, come il corridore in una staffetta comincia a correre la sua parte di gara prima che gli passino il testimone. Non dobbiamo aspettare che Dio arrivi, dobbiamo cominciare a correre prima che egli ci passi il testimone.
Alcuni utilizzano Romani 8:6-11 per sostenere la necessità di sopprimere il corpo a beneficio della crescita spirituale e fanno notare come Paolo accolga il dualismo dei suoi oppositori stoici: la carne contro lo Spirito. Eppure, nonostante la sua esasperata insistenza sulla morte del corpo, alla fine anche Paolo si placa: “colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (versetto 11). Infatti è per vivere la vita che Dio ci ha chiamati dalla morte alla vita. Accogliere questo dono è il nostro ragionevole servizio a Dio.
– Quali domande avete, quali scoperte avete fatto leggendo questa conversazione su Dio e il corpo? Qual è la vostra preghiera?
La nostra preghiera
Dio dei nostri anni stanchi, Dio delle nostre lacrime silenti,
abbiamo cercato di vivere come ci era stato insegnato
negando i nostri corpi, negando la nostra voglia di vivere.
Ma abbiamo capito che non è la nostra strada.
Abbiamo tremato di fronte al dono della vita piena.
L’abbiamo assaggiato e gli abbiamo voltato la schiena
per tornare al falso pentimento e a un superficiale senso di colpa.
Ma tu ci cerchi senza sosta per accoglierci
con la tua accettazione, con il tuo amore.
Perdonaci perché abbiamo rifiutato la tua accoglienza.
Perdonaci perché abbiamo rifiutato la nostra identità corporale.
Ora accettiamo il tuo dono, così come siamo.
Nel nome di Gesù, il Cristo pienamente incarnato.
Amen
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
Testo originale: Ash Wednesday, Lent and Easter through Pentecost Sunday Year A