Questione di cuore. Quando un omosessuale rinnega se stesso
Lettera inviata a Natalia Aspesi* tratta da Il Venerdì di Repubblica, 12 dicembre 2008, p.158-159
Venti anni fa, avevo 17 anni e iniziava la mia consapevolezza di essere quello che gli altri definivano «omosessuale».
Nella casa di amici di famiglia capitò che io e il padrone di casa, un bell’uomo di 50 anni, rimanessimo soli. L’atmosfera si fece intima, mi chiese se fossi vergine e si offrì di iniziarmi al sesso.
Naturalmente segui da parte sua il panico che io potessi dirlo ai miei genitori. Nonostante la sua ritrosia, io lo provocai altre volte e lo facemmo di nuovo, più volte. Poi lui si trasferì e non ci vedemmo più.
Io iniziai a vivere la mia vita sentimentale e sessuale con altri uomini, felice della naturalezza senza squallore con cui l’avevo iniziata.
Molti anni dopo lui e sua moglie tornarono, lui ormai in pensione, invecchiato. Rivederlo fu per me una grande emozione, provavo per lui ancora affetto e una sorta di gratitudine.
Ma qualche mese fa, una sera in cui ero dai miei genitori con altri amici e la coppia in questione, nel pieno di un discorso sulla rivendicazione dei diritti delle coppie omosessuali, lui, improvvisamente inalberato, dice: «Ma che la smettano questi di chiedere diritti! Fanno cose innaturali, sono innaturali, sono un’aberrazione!»
Non credo di essere stato ferito quanto sconvolto. Come poteva dire una cosa del genere davanti a me?
Ero tentato di fare la mia rivelazione in pieno stile Festen (il film di Thomas Vinterberg, 1998, ndr) Ma d’un tratto ho provato un’improvvisa pena: per sua moglie, invecchiata accanto a un uomo che forse non conosce, per lui reso malinconico e rancoroso, che impreca contro se stesso.
Lettera non firmata
La risposta…
E’ noto che ci sono uomini erti della loro eterosessualità al punto da permettersi divagazioni e distrazioni con altri uomini.
Rifiutano di immaginarsi omosessuali, non vogliono pensarci, non si limitano a nascondere queste loro pulsioni agli altri, ma lo fanno anche con se stessi.
Quell’amico di famiglia si avvicinò a lei giovane e inesperto sapendo che non ne avrebbe mai parlato con nessuno, ma non immaginando che lei non l’avrebbe mai dimenticato.
Vivere tutta la vita negando la propria natura può avere sviluppato in quest’nonio risentimento verso persone «colpevoli» di attrarlo, di intaccare le sue certezze; disprezzarle è un modo per difendersene.
Oppure possiamo essere anche più banali: sua moglie ha sospettato, sospetta, e lui, dicendo quelle volgarità. pensa di rassicurarla.
Rivelare la vostra avventura davanti a tutti sarebbe stato crudele e inutile: però ricordargliela a tu per tu, per vederne la reazione, non sarebbe stato affatto male.
Natalia Aspesi
* La giornalista Natalia Aspesi conduce da anni, su Il Venerdì di Repubblica, la rubrica ‘Questioni di cuore”.