Affrontiamo le provocazioni di Luca di Tolve per crescere Noi come cristiani omosessuali
Email inviataci da Alessandro, risponde Emanuele Macca del Guado di Milano
Volevo sapere cosa ne pensate del libro di Luca di Tolve “ero gay”. Se esistono già pagine di dibattito (come immagino) vi prego di segnalarmelo.
Vi scrivo perché la mia reazione è stata di buttare il libro nella riciclata a metà lettura (ed è l’unica volta che l’ho fatto con un libro che non mi è piaciuto) per quanta rabbia mi è salita su.
Gli ho scritto sulla sua paginai Facebook di quanto fossi in disaccordo sulla sua visione MARZIANA della sua o altrui omosessualità,e mi ha dato come risposta un link con i suoi gruppi d’incontro… Tengo a precisare che la mia fede in Dio e nella spiritualità è profonda, pur non seguendo nessuna religione specifica. Ciao e Grazie..
Alessandro
P.S. Pensate che un mio giovane amico gay ha la mamma che, letto il libro di di Tolve, dopo la notizia che il figlio è gay ,gli mette i rosari in televisione tutti i giorni e gli dice di trovarsi una ragazza e di pregare…
La risposta…
Ciao Alessandro, anch’io come te ho letto il libro di Di Tolve ma sono riuscito a proseguirlo fino alla fine senza buttarlo (anche perché l’avevo avuto in prestito e non sarebbe stato carino gettare un libro non mio).
Ho scritto una riflessione in merito che è stato pubblicata su Gionata dal titolo – Lettera a Luca che “era gay!” -. Non ho mai pensato di smettere di leggere il libro perché ho riscontrato in esso tracce di profonda sincerità pur in mezzo a tantissime cose che assolutamente non condivido e che anzi trovo molto discutibili.
Lo sforzo che ho fatto è di osservare con curiosità quanto racconta Luca Di Tolve senza farmi emotivamente coinvolgere da alcuni approcci che ho trovato strumentali. Così facendo però non si può negare che alcuni aspetti che Di Tolve mette in risalto sono aspetti assolutamente veri e che su di essi anche noi assieme dovremmo fare delle profonde riflessioni per maturare e non porci spesso sulla difensiva giocando il ruolo degli “invasi” dall’insensibilità degli “invasori”.
Mi riferisco ad esempio alla questione dei locali finalizzati alla promiscuità sessuale sui quali lungi dal darne un giudizio morale, è davvero indifendibile il fatto che siano strutturalmente legati all’ArciGay e che alcuni abbiano l’etichetta di Circoli Ricreativi Culturali.
Altre cose che Di Tolve scrive sono davvero anche ingenuamente false tanto da farmi supporre che il libro sia stato scritto soprattutto per mettere in ulteriore panico quei genitori e quegli adulti che già considerano come il “male” tutto l’ambiente LGBT; su un retroterra così favorevole allora davvero qualcuno potrebbe credere che i gruppi di gay credenti fanno il gioco del diavolo, che la parola “drag” deriva da “drago” e che quindi le “drag queen” simboleggino il drago (animale che indica una certa presenza demoniaca)!
Mettendo in risalto solo ciò che è vendibile come “marcio” si induce a pensare che ontologicamente nell’omosessualità ci sia un atto peccaminoso cioè un allontanarsi da Dio.
Per rispondere a questi attacchi, la reazione migliore credo sia imparare a non farsi coinvolgere emotivamente da questi scritti e rispondere senza acrimonia, con fraternità cristiana (almeno per uno come me che nella dimensione comunitaria e familiare umana crede molto).
Con fermezza ma grande delicatezza nel contempo possiamo e dobbiamo mettere in risalto i punti “strumentali” indicati nel libro di Luca, ma allo stesso modo e con grande onestà dobbiamo trovare la forza per superare quei tabù comunicativi presenti nel mondo LGBT.
Di Tolve nel suo libro racconta cose molto interessanti per capire ciò che sta dietro al mondo delle “teorie riparative”, e con grande onestà si mette in gioco ammettendo indirettamente che il suo approccio è stato condizionato da una vita gestita in modo estremo nel mondo gay (prostituzione, discoteche e droga fino a contagiare l’HIV).
La sua storia sembra essere simile a quella del poeta Paul Verlaine come canovaccio : egli dopo la conversione nel carcere si propagandava come cattolico e monarchico in una volta sola, pieno di intenzioni edificanti.
La mia proposta e la mia reazione , per concludere, è stata quella di non accanirmi contro Di Tolve ma di avere quel distacco sufficiente per poterne mettere in luce gli aspetti di umana sincerità con cui “simpatizzare” e quelli più ideologico-strumentali da studiare per chiarirne le dinamiche moralmente ed eticamente scorrette e direi pure peccaminose.
La vera risposta non credo sia quella di attaccare Di Tolve come simbolo italiano delle “teorie riparative”, ma di crescere noi come persone e come comunità.
Un giorno saranno altri a prendere in mano il testimone lasciato da Luca, ma a che pro sprecare energie per inseguire queste persone piuttosto che sfruttarle invece per crescere noi?
Un abbraccio Emanuele