Againt nature? In natura l’amore gay non è contro natura
Articolo di Raffaele Niri (in collaborazione con Michela Bompani) tratto da Il Venerdì di Repubblica del 17 Ottobre 2008
L’amore gay è contro natura? Peccato che in natura sia diffuso, infatti in oltre 1500 specie animali sono stati osservati casi di omosessualità. E al tema ora è dedicata la mostra “Againt nature?” al festival della scienza di Genova (al Museo di Storia Naturale di Genova dal 23 ottobre al 4 novembre 2008). Il record è del parrocchetto dalla fronte arancione: il 46 per cento delle coppie in cattività è composta da due membri dello stesso sesso.
Ma anche il pinguino reale non scherza negli zoo, dove seguire gli accoppiamenti è più semplice che in natura, uno su cinque si è rivelato gay. «L’omosessualità tra gli animali è stata individuata in più di 1500 specie, ed è ben documentata per cinquecento» assicura Geir Soeli, norvegese, curatore della mostra “Against nature?” per il Museo di Storia naturale di Oslo.
«L’omosessualità fa parte della natura, negarla è un po’ come negare la natura stessa» spiega Soeli. Che è convinto: ci sono omosessuali tra i ragni, i crostacei, i polpi e tra i vermi parassiti. Tra le papere, le iene, gli scimpanzé e, spessissimo, tra i fenicotteri. La mostra fotografica norvegese, la prima al mondo su questo tema, arriva in Italia al Museo di Storia naturale Doria come «antipasto forte» del Festival della scienza di Genova.
Dove rischia di provocare pesanti polemiche: Genova è la città del presidente della Cei Angelo Bagnasco, ma è anche la città scelta per il Gay pride del prossimo anno (oltretutto collocato nella stessa data dei Corpus Domini, fatto che ha già scatenato discussioni furibonde).
Against nature? però ben si adatta al tema scelto quest’anno dal festival: la diversità. La diversità è il terreno su cui si fonda il futuro, è una ricchezza, una sfida, dicono gli organizzatori. E sfida è senz’altro l’opera di Soeli. Perché gli studi sull’omosessualità tra gli animali sono ancora assai pochi, anche se tra i primi a osservarla dobbiamo citare addirittura Aristotele.
Per la verità, il grande filosofo greco confuse gli organi sessuali di due iene femmine (il cui aspetto è piuttosto pronunciato) con quelli maschili e concluse, sconcertato, di aver assistito a un accoppiamento tra maschi: insomma, aveva ragione sull’omosessualità, ma non sul genere. D’altra parte, dovettero passare più di duemila anni perché etologi ben più esperti correggessero la sua tesi.
«Non c’è dubbio che tra gli animali esista un’omosessualità da costrizione fisica e da riduzione dei contatti» spiega Enrico Alleva, etologo, direttore del reparto di Neuroscienze comportamentali all’Istituto superiore di Sanità. «Vale nelle carceri, nei college inglesi, e così anche negli zoo o negli allevamenti intensivi. L’animale non decide (e non sa), con il suo comportamento, di rompere un tabù culturale: semplicemente usa un linguaggio che gli è proprio. Se per dire “sono tuo amico”, io posso mandare un mazzo di fiori o un messaggio sul telefonino, il bonobo non si fa problemi a offrire le terga».
Sui casi in cattività, dunque, tutti d’accordo. Al Museo di Oslo raccontano di sei pinguini di Humboldt che vinsero il braccio di ferro con il veterinario dello zoo tedesco che li ospitava. Quando vennero immesse nella loro vasca tre pinguine, i maschi (che fin lì avevano mostrato contatti gay) fecero ancora più collettivo e quando avvertirono il desiderio di riproduzione delle loro femmine cominciarono a fingere che le pietre bianche che decoravano la grotta fossero in realtà delle uova e si misero a covarle. Ovviamente le femmine persero ben presto ogni interesse per questi compagni riottosi».
Ma quando gli animali non sono in cattività? «I delfini presentano alcune delle forme più originali di comportamento sessuale tra esemplari maschi», racconta Augustus Brown, nel suo delizioso Perché i panda fanno la verticale (Salani). «Tra queste il sesso nasale (il pene viene cioè inserito nello sfiatatoio) e il sesso ultrasonico (i genitali vengono stimolati dagli impulsi ultrasonici del sonar)».
Qualcosa di insolito accade anche nella vecchia fattoria. «Spesso le femmine di mucca salgono una sull’altra fingendo l’accoppiamento» racconta Brown «ma il loro è un comportamento per segnalare ai tori di essere pronte alla riproduzione. Il montone, invece, a dispetto della sua fama, può deludere il pastore che lo ha comprato per coprire le sue pecore». E lo conferma la statistica ufficiale: il sei per cento dei montoni presi in esame, dice Brown, è disinteressato al sesso e il dieci per cento preferisce i maschi. Poi ci sono quelli che non vanno troppo per il sottile: il maschio di rospo occidentale, quando arriva la stagione dell’accoppiamento, si butta sul primo che incontra. E poiché in un caso su due si tratta di un partner del suo stesso sesso, statisticamente parlando siamo al trionfo dell’omosessualità.
«Intendiamoci, ben vengano le mostre che provocano riflessione, osserva Alleva. «L’importante è non fare un banale raffronto con gli umani. Nei ratti in laboratorio, per esempio, i rapporti di accoppiamento tra maschi rientrano nelle fasi ludiche. Lo stesso vale per i leoni, o per gli scimpanzé nani: chi si offre cerca pacificazione, che poi diventa alleanza, simpatia, amicizia. Insomma, si tratta di giochi socio-sessuali per creare legami. Un po’ come succede presso alcune tribù, dove all’ospite viene offerta la donna più bella e giovane, in segno di benvenuto. Senza che questo sia meretricio».
La tentazione del raffronto uomo-animali però resta forte. «Parliamo per esempio di coppie gay e figli. Alcuni uccelli che formano coppie omosessuali ottengono uova da “storie di una notte” e poi allevano i piccoli in famiglie mono sesso», racconta Soeli.
«Lo fanno pinguini, cigni, oche, anatre, fenicotteri. Il che offre vantaggi: due maschi possono occupare un territorio più ampio rispetto a una coppia normale e quindi possono crescere un numero più elevato di piccoli». La polemica adesso può davvero cominciare…