Agape 1980! Gli omosessuali cattolici provano l’orgoglio gay!
I partecipanti erano un centinaio e la maggioranza erano uomini, omosessuali, credenti, italiani. Ma non tutti. C’è la frocia italiana emigrata tanti anni fa in Svezia e ridiscesa a vedere cosa succede nella vecchia patria dei latin lover. C’è quella salita dal Sudafrica. C’è un po’ di tutto. E tutte le regioni italiane sono rappresentate, anche se la maggioranza proviene dal Nord.
Alcuni sono preti o pastori protestanti. Tra essi c’è don Franco Barbero delle comunità cristiane di base, che si dichiara etero, e il pastore battista Jean Doucé, del Centro del Cristo Liberatore, che dichiara la sua omosessualità.
Il tema del convegno era Fede Cristiana e Omosessualità, un tema contraddittorio perché, come ha affermato in apertura Ferruccio Castellano – un giovane torinese impegnato da dieci anni nel movimento ecumenico e che ha tutta l’intenzione di restarci anche dopo aver dichiarato la sua omosessualità – “la fede cristiana e l’orientamento sessuale sono due realtà indipendenti”.
“Io credo – dice un altro alla fine – che il percorso dove l’omosessualità incrocia la ricerca cristiana può diventare anche il luogo di una insospettata freschezza dell’Evangelo”. “Non si è trattato di un congresso – precisa uno degli animatori – ma di tre giorni di riflessione, di confronto, di gayezza”.
Difficoltà con la gerarchia? “A noi interessa più il Vangelo che il papa”, risponde secco. E nel clima eccezionale di questi giorni, dove più che a pensare al papa si pensa a fare amicizia, c’è persino chi rilancia un motto: “Liberté, Diversité, Fraternité”. Sorprese del riflusso! Alcuni partecipanti avevano saputo dell’incontro attraverso “Ompo”, altri attraverso “Lambda” o il “Fuori!” [2].
“Abbiamo delle difficoltà a essere accettati in parrocchia – dice un militante che è anche credente – ma non a entrare nei movimenti e nei collettivi esistenti, anzi molti di essi ci hanno aiutato, perciò non abbiamo bisogno di creare un movimento specifico di frocie cattoliche. Sarebbe assurdo”.
Al termine dell’incontro è venuta una proposta concreta anche dalla Chiesa: le comunità cristiane di base hanno deciso di aprire le porte ai gay. Inoltre, è stato approvato all’unanimità un appello nel quale si chiede “che le Chiese cristiane alzino la loro voce contro le quotidiane violenze che si compiono contro gli omosessuali”. E detto dagli stessi cattolici, non è poco.
Ad Agape è cominciato qualcosa: un nuovo modo di essere cristiani o un nuovo modo di essere omosessuali? Cos’è cambiato? [3].
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A tanti anni dalla sua morte vi riproponiamo un suo articolo che nel 1980 non riusci a pubblicare, in cui ricorda che “ad Agape è cominciato qualcosa: un nuovo modo di essere cristiani o un nuovo modo di essere omosessuali? Cos’è cambiato?”. A ognuno di noi il compito di dare una risposta a questa sua domanda.
[1] Articolo pubblicato su “Sabazio” n. 69 del settembre 2001 e riedito sul sito di documentazione gay di Giovanni dall’Orto (che ringraziamo per averci autorizzato a ripubblicarlo) su segnalazione di Massimo Consoli (editore di “Sabazio”), che gli scrisse: “Caro Giovanni, ho letto l’articolo su Ferruccio Castellano scritto da Gustavo Gnavi per “Pride” (del nov. 2003) e ne sono stato profondamente commosso.
Da Ferruccio mi dividevano le convinzioni religiose, ma ne ammiravo la tenacia e la grandezza d’animo. Dalle sue lettere traspariva una profonda tristezza dovuta alla crescente comprensione dell’impossibilità di coniugare questo cristianesimo con la sua identità gay. Spero che ora abbia trovato quella serenità d’animo che gli è stata negata fino all’ultimo.
[2] Le tre riviste del movimento gay. “Ompo” era curata da Cònsoli.
[3] Scrive Giovanni dall’Orto: “All’organizzazione partecipai anch’io, nonostante sia ateo: Ferruccio era mio amico. Tenni anche una relazione, che apparve negli atti del convegno. Da quell’incontro nacque sì qualcosa: il movimento italiano dei cristiani gay. Ricordo che Ferruccio non fu entusiasta della sua creatura: lui veniva dalle Comunità di base, di sinistra, e s’aspettava persone col suo percorso, per lavorare nei movimenti già esistenti (gay, o cristiani di base). Il fatto che io e lui lavorassimo assieme, convinti di farlo per lo stesso scopo, ben simboleggiava il modo di vedere le cose in quel periodo.
Tuttavia coloro a cui si rivolgeva Ferruccio avevano già altri spazi di militanza (compreso quello gay) e non erano interessati a sfinirsi con una Chiesa sorda e ottusa.
Ferruccio scoprì così che i cattolici che avevano bisogno d’un movimento erano l’esatto opposto di ciò che era lui: ciellini, focolarini, lefreviani… “Pensa che c’è perfino un monarchico!”, mi disse una volta ridendo.
Come sia possibile conciliare l’appartenenza all’ala più oscurantista della Chiesa ed essere gay praticante allo stesso tempo era per me un mistero… Il punto è che neppure gli stessi interessati riescono a capirlo: da qui il loro enorme, costante bisogno d’aiuto…
Ferruccio fu poco felice di scoprire che gli intervenuti non avevano la minima intenzione di portare “testimonianza cristiana”: a loro bastava che lui cercasse un prete che li “assolvesse”. Ne fu deluso e amareggiato.
Ma non s’uccise certo per così poco: le motivazioni profonde furono semmai la morte improvvisa della madre amatissima, e un perfido mobbing sul lavoro (alla Sip): fu trasferito solo per spezzare una relazione con un collega. Che prese paura e lo lasciò.
Il sindacato, imbarazzato, non lo aiutò, affermando ipocritamente che “del resto, neppure marito e moglie possono lavorare assieme”… E lui ne soffrì molto. Io non so perché Ferruccio si sia ucciso, quindi non posso spiegarlo. Posso però ricordarlo… e questa pagina serve a questo”.