Aids: 30 anni fa i primi casi, ma non e mai finita
Articolo di Alex Saragosa tratto da Il Venerdì di Repubblica, n.1236, 25 novembre 2011, pp.75-76
1981, scoperti i primi cinque casi di aids, 33 milioni i casi oggi nel mondo, 15 mila i sieropositivi in Italia, 4 mila i nuovi casi ogni anno Italia. Il 1 dicembre si celebra la giornata mondiale contro il virus che ha terrorizzato il mondo.
Oggi i farmaci lo tengono sotto controllo, ma i contagi continuano perché si informa poco e male. Quest’anno il 1° dicembre, giornata mondiale della lotta contro l’aids, avrà un valore diverso: sono passati 30 anni, infatti, da quando si scoprirono i primi casi: riguardavano cinque omosessuali di Los Angeles. Da allora, un’oscura malattia africana divenne una pandemia, che terrorizzò il mondo per anni.
Fino al 1996, anno in cui furono individuati farmaci antivirali che hanno drasticamente ridotto le morti per Aids. Le cure, diventate più semplici e meno costose, si stanno lentamente diffondendo, ma c’è ancora molto da fare: al momento ci sono 33 milioni di persone colpite dal virus Hiv e ancora 2,5 milioni di morti l’anno, nei Paesi dove i farmaci non arrivano.
La terapia, per altro, non elimina il virus dall’organismo, ma blocca solo la malattia. «Poter fermare le morti da Aids è stato un meraviglioso risultato», dice Stefano Vella, infettivologo dell’istituto superiore di sanità «che però ha avuto anche l’effetto di far crescere il numero di persone che convivono con il virus. Per ridurre le possibilità di trasmissione, sarebbe importante non abbassare la guardia. Invece, il calo nell’allarme mediatico induce le persone che hanno comportamenti a rischio (come rapporti sessuali occasionali non protetti) a non fare più il test».
Cosi oggi, chi viene contagiato, spesso se ne accorge solo all’apparire dei primi sintomi, mentre scoprire rapidamente la presenza dell’Hiv e iniziare la terapia, riduce quasi a zero la possibilità di trasmetterlo ad altri (questo perché la terapia riduce la contagiosità del virus del 96 per cento). In Italia, poi, non si sa neanche quanti siano i sieropositivi, perché solo dal 2008 si raccolgono dati sui test. «E solo sedici regioni» continua Vella «si sono adeguate ma non la Lombardia, dove l’Hiv sembra per altro essere più diffuso.
Comunque, si stima che ogni anno si infettino in Italia circa 4mila persone, e che il numero totale di sieropositivi, in maggioranza maschi contagiati per via sessuale, si aggiri sulle 150 mila persone, metà dei quali non sanno di esserlo. Per questo temo che, se non riusciremo a raggiungerli, assisteremo in futuro a un nuovo aumento della malattia».
Per evitarlo c’è una sola strada: l’informazione. «Ma nel 2011» dice Alessandra Cerioli, presidente della Lila, una delle organizzazioni più attive nella lotta all’aids «il ministero ha proposto di investire solo 180mila euro per le campagne informative che, fra l’altro, continuano a non dire chiaramente cosa fare per proteggersi e non si indirizzano ai gruppi più a rischio, come i giovani omosessuali.
In Italia continua a essere forte lo stigma contro i sieropositivi, un atteggiamento che impedisce di bloccare completamente il contagio, obiettivo oggi a portata di mano». «Informare di più è sacrosanto» conclude Vella «ma credo che ci libereremo dal virus solo quando troveremo la terapia per distruggerlo completamente, e temo ci vorrà almeno un altro decennio».