AIDS, la discriminazione rimane un’emergenza
Articolo di Eric Favereau tratto da Liberation del 11 agosto 2008, tradotto da Dino M.
Più di 24.000 persone hanno partecipato a Città del Messico, dal 3 all’8 agosto 2008, alla XVII Conferenza Internazionale sull’Aids, all’insegna del motto “agire per tutti, subito”.
A ventisette anni dai primi casi di Aids, trenta milioni di morti più tardi e con oltre trentatre milioni di sieropositivi che convivono con la malattia.
La prossima conferenza avrà luogo fra due anni, vale a dire fra 5 milioni di morti, se nulla cambia. Comincia tu, proteggiti…
E’ terminata. Venerdì sera (8 agosto 2008 ndr) si è conclusa la Conferenza Internazionale sull’AIDS che si teneva a Città del Messico. E’ stato un congresso forte, sorprendente. Anche inatteso.
Chi avrebbe potuto immaginare, alla vigilia di questa conferenza, che uno dei temi ricorrenti sarebbe stato quello dei diritti dell’uomo, della lotta per la libertà di circolazione e della fine delle politiche discriminatorie contro i sieropositivi?
Chi poteva immaginare che per la 17a edizione di questa immensa conferenza a cui hanno partecipato più di 20.000 persone, ci fosse sempre tanta collera e vigore nel mondo della lotta contro il virus?
Primo bilancio. Dapprima c’è stata una svolta nell’epidemia: la pandemia mondiale di HIV – 33 milioni di persone fino ad oggi infettate in tutto il pianeta – è cambiata. Ed è destinata a cambiare ancora.
Per la prima volta dunque, dopo anni si è assistito nel 2007 ad una diminuzione dei contagi nel mondo. Una lieve diminuzione (10% in meno), ma reale. Si è quindi arrivati alla sommità di un picco? Oppure si tratta solo di un plateau? Quale aspetto assumerà domani il volto dell’epidemia?
Il messaggio. In seguito c’è stata una conferma esplosiva: più passa il tempo e più i trattamenti antiretrovirali (ARV), introdotti nel 1996, si rivelano efficaci.
Tutti gli studi presentati in messico lo confermano: che si tratti di pazienti seguiti in villaggi africani oppure di quelli nelle grandi città europee, gli effetti sono comunque spettacolari.
Certo, non si parla più di sradicazione del virus, ma gli ARV riducono drasticamente la presenza del virus nell’organismo. Riescono a bloccare la sua riproduzione.
L’Aids è diventato una malattia ad andamento cronico nei paesi ricchi. Si deve fare in modo che lo diventi anche nei paesi in via di sviluppo.
Ma questa conferenza è stata anche segnata dall’incertezza. L’importantissimo sforzo finanziario iniziato cinque anni fa per poter arrivare ad avere un “accesso universale al trattamento”, voluto dall’ ONU, sarà portato avanti e addirittura potenziato?
Oppure i paesi ricchi si ritireranno dalla lotta contro l’AIDS per privilegiare altre cause – altrettanto essenziali – come la crisi alimentare o il riscaldamento climatico? Su questo punto non c’è niente di certo.
Quanto più aumenta la potenza dei trattamenti, tanto più aumenta l’urgenza di profondi cambiamenti nei sistemi sanitari dei paesi del Sud del mondo.
Altro motivo di inquietudine: le grandi case farmaceutiche rimarranno ancora mobilitate? In Messico erano poco presenti. E qualcuno ipotizza addirittura un eventuale ritiro di GSK, la casa farmaceutica storicamente presente nella ricerca anti-HIV.
E’ stato soprattutto uno sconvolgimento. I trattamenti anti-AIDS e i nuovi strumenti di prevenzione formano ormai una coppia inedita. I due strumenti sono ormai indissociabili.
Mi riferisco ai trattamenti che permettono di rendere non-contagioso il sieropositivo, e che alcuni consigliano anche di prendere “come prevenzione”. Si va così verso una situazione in cui si assumono degli ARV allo scopo di non essere contagiati o ancora per non contagiare gli altri?
In ogni caso a Città del Messico è stato trasmesso in modo massiccio un messaggio. Allo stesso modo in cui le terapie sono una combinazione di molecole, così la prevenzione non può essere riassunta in un’unica metodica, ma deve essere una combinazione – uso del preservativo, circoncisione, evitare lo scambio di siringhe…
Omosessuali. La conferenza de Messico ha evidenziato che rimane ancora presente un’emergenza: la discriminazione rimane il punto cruciale dell’epidemia.
Un esempio: Giovedì sera, l’associazione francese Aides ha presentato la creazione di Africagay, una rete di associazioni africane di lotta contro l’AIDS e per i diritti degli omosessuali. Una necessità, poiché in Africa l’AIDS tra gli omosessuali è un’ epidemia ignorata, silenziosa.
Pochi numeri e una terribile realtà: le relazioni omosessuali sono “criminalizzate in oltre 35 Paesi africani”, ha spiegato Aides. Alcuni dati frammentari indicano ad esempio che in Senegal gli “uomini che hanno rapporti con uomini” sono trenta volte più colpiti dall’AIDS rispetto al resto della popolazione.
“Nel mio paese, se nel nome della mia associazione avessi messo la parola ‘gay’, ora sarei in prigione” ha raccontato un giovane militante venuto dal Cameroun. “Com’è possibile, in queste condizioni, poter accedere alle cure o alla prevenzione?”.
La conferenza di Città del Messico è terminata, ed ora si aspetta Vienna dove, nel 2010, si terrà la 18a Conferenza internazionale sull’AIDS: fra due anni quindi, vale a dire fra 5 milioni di morti… se nulla cambia.
Articolo originale: Sida, la discrimination des malades reste une urgence