AIDS, omosessualità e suicidio. Quando anche la pubblicità emargina
Riflessioni di Robin Drevet tratte da journaldelarue del 11 ottobre 2008, liberamente tradotte da Dino M.
Prendendo la metropolitana stamattina, sono stato sconcertato da una pubblicità attaccata sui muri. Non è granché, ma vi si legge: “Test HIV gratuito, risultato in 30 minuti per gli uomini gay”.
Mi sono sentito male davanti a questa pubblicità e al messaggio che essa può trasmettere, in particolare riguardo alla storia dell’AIDS, così come la si conosce.
Infatti quando negli anni 80 venne scoperto l’AIDS (o per lo meno la malattia), i media la soprannominano il cancro gay e per molto tempo la popolazione pensò che questa malattia riguardava solo gli omosessuali.
Rapidamente questo orientamento sessuale venne associato alla tossicodipendenza (un’altra fonte di trasmissione del virus), i gay organizzarono rapidamente la loro difesa e in particolare tramite Act up ed altre organizzazioni, venne denunciato il ritorno di un moralismo conservatore che riteneva la malattia un cancro destinato a punire gli omosessuali.
Ma il male ormai è fatto, e ancora oggi l’AIDS viene spesso assimilato alla popolazione omosessuale.
Questa stigmatizzazione spesso ha reso difficile la vita di numerose persone e molti giovani si ritrovano con una difficoltà in più oltre a quella del loro coming out (annuncio all’entourage della loro omosessualità), con genitori preoccupati di vedere i propri figli ammalarsi.
E’ vero che quando la malattia si è manifestata, quella colpita più duramente è stata proprio la comunità omosessuale, e la causa è da ricercarsi nelle abitudini della comunità stessa, che ha tendenza a praticare sesso con numerosi partner.
Pertanto si può notare che la sensibilizzazione è avvenuta rapidamente in questo ambiente e che qui l’epidemia è presto andata calando per estendersi invece presso la popolazione eterosessuale e al di fuori dal contesto dell’attività sessuale (tossicodipendenza).
Ed è al giorno d’oggi che si può notare come questa stigmatizzazione sia stata nociva per i gay come per gli altri, poiché la sensibilizzazione negli ambienti etero e presso i tossici è molto più debole, è solo da poco tempo che le farmacie (per lo meno in Francia) forniscono dei kit ad hoc (ago e siringa sterili e preservativo), è da poco che si vedono campagne di sensibilizzazione per gli etero.
Non sto dicendo che gli omosessuali siano diventati sani ed affidabili ma, conoscendo bene questa comunità, non ne ho trovato uno solo che non sappia quali sono le modalità di contagio, cosa che invece succede frequentemente tra le mie conoscenze eterosessuali.
Allora quando vedo delle pubblicità che propongono i test di screening gratuiti per gli omosessuali, mi piacerebbe sapere cosa pensa un ragazzino di 14 o 15 anni (le cui conoscenze riguardo a questa malattia sono molto vaghe) che vede questo manifesto nel métro:
– Se è etero, pensa che “Questo non mi riguarda”
– Se è omo, pensa “Come dire ai miei genitori che sono omosessuale, si tratta forse di una malattia?”
E poi ci si chiede ancora oggi perchè in Francia oltre 1/3 dei suicidi siano legati all’orientamento sessuale? Davvero, come mai??
Testo originale: VIH, Sida, homosexualité et suicide: quand la publicité nous marginalise