Al Pride in Ungheria, dove le persone LGBT vivono una crescente ostilità
Articolo di Saskya Vandoorne*, Melissa Bell** e Kara Fox*** pubblicato sul sito dell’emittente CNN (Stati Uniti) il 25 luglio 2021, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Sabato [24 luglio 2021] circa trentamila persone hanno sfilato al Pride di Budapest (secondo gli organizzatori); i partecipanti, tutti colorati, hanno sfilato per la capitale ungherese per sostenere l’inclusione e la libertà. Questo è però anche un Pride di protesta: le persone LGBTQ e i loro alleati hanno manifestato contro le politiche del governo, sempre più ostili verso le loro comunità, come dimostra la nuova legge omofoba approvata dal parlamento.
András Szolnoki, 55 anni, antropologo proveniente dalla città orientale di Debrecen, ha partecipato alla sfilata a dispetto del “regime di Orbán e per i diritti delle persone LGBTQI, che negli ultimi quattro anni sono stati presi di mira dal governo”. Solo un “atteggiamento rivoluzionario” potrà cambiare lo status quo in Ungheria, dove lo scorso mese il governo populista di destra ha fatto approvare una legge che sostanzialmente proibisce di discutere le tematiche LGBTQ nelle scuole: “È più di una semplice marcia. Qui sta sfilando l’Ungheria che si unisce agli altri Europei per l’uguaglianza”.
La nuova legge, sostenuta dal premier Viktor Orbán, proibisce ogni materiale e programma educativo per minori che promuova l’omosessualità e la riassegnazione del genere. A seguito delle forti critiche a livello internazionale e della minaccia di sanzioni da parte dell’Unione Europea, Orbán ha proposto di indire un referendum consultivo per decidere sul tema. Il premier spinge per il bando dei materiali educativi LGBT, ma le persone che si sono ritrovate per il Pride la pensano diversamente.
Chi critica la nuova legge sostiene che indire il referendum (in cinque punti) sarebbe problematico. Secondo il ventiseienne attivista LGBTQ Ákos Modolo il problema del referendum è che presenta al pubblico “questioni molto scottanti”, simile in questo al referendum del 2016 sul piano europeo di sistemazione dei migranti: il piano venne rigettato dagli elettori, ma non venne raggiunto il quorum. “Anche chi sostiene i diritti LGBT non è detto che debba per forza votare Sì a tutti i quesiti. Per il governo, il referendum è un’arma politica” dice Modolo: la strategia del governo “consiste sempre nel cercare un nemico a cui dare la colpa” per “fare appello alla rabbia degli elettori. È importante discutere, ma questa non è una discussione, è una campagna d’odio”.
Il Pride ungherese è l’unico modo, per le attiviste e gli attivisti LGBTQ, di combattere la discriminazione. Il ventisettenne Balint Rigo, uno degli organizzatori della manifestazione, afferma che “molte cose sono accadute negli ultimi anni, ed è ora di dire che a noi non va bene. Le minoranze vengono sistematicamente attaccate, e siamo qui per dire basta”. Rigo prosegue dicendo che il Pride di quest’anno dovrebbe essere più numeroso degli anni precedenti, in cui si superavano i ventimila partecipanti: “La gente scende in piazza non solo per i gruppi LGBTQ, ma per le minoranze in generale. Il numero è potenza: forse a breve termine non saremo in grado di cambiare nulla, ma tutti e tutte insieme siamo un simbolo di solidarietà”.
Secondo uno studio condotto nel 2020, la maggioranza degli Ungheresi non si schiera affatto con la demonizzazione della comunità LGBTQ: il 55%, infatti, non è d’accordo con il pensiero secondo cui i diritti LGBTQ rappresenterebbero un’ideologia decadente, nonostante il martellamento dell’attuale governo. Secondo il medesimo studio, quasi la metà degli Ungheresi vorrebbe garantire uguali diritti per le persone LGBTQ.
Alcuni, però, credono che anni di omofobia ufficiale stiano dando i loro frutti. Nella città meridionale di Seghedino la coppia composta da Réka Spohn e Monika Rapi è sempre stata accettata in città, assieme alle due figlie, ma gli ultimi atti del governo stanno cambiando tutto: “[Il governo] pensa che costituiamo in pericolo per i bambini, se continueranno a ripeterlo alla fine la gente ci crederà” dice Réka.
Réka ci fa notare la grande diffusione dei cartelloni anti-LGBTQ per le strade del Paese: si tratta di una campagna governativa in vista del referendum, che fa leva su certi sentimenti della popolazione. Nella capitale la propaganda è visibile quasi a ogni angolo di strada, con cartelloni che recitano “Sei arrabbiato con Bruxelles?”, o “Sei preoccupato per l’impatto della propaganda sessuale sui tuoi figli?”.
La nuova legge stabilisce che l’educazione sessuale nelle scuole possa essere insegnata solo da gruppi autorizzati dal governo, e che gli insegnanti non possano fare riferimento alle tematiche o ai libri LGBTQ; inoltre, i canali televisivi devono evitare di mostrare personaggi e tematiche LGBTQ durante il giorno e in prima serata.
Secondo Orbán, la legge non viola i diritti LGBTQ, bensì protegge il diritto dei genitori di scegliere l’educazione da dare ai figli, ma secondo Réka Spohn il messaggio è chiaro: “Fanno finta che non esistiamo”. La coppia di Seghedino si sta preparando ad abbandonare il Paese, se le cose si metteranno male: un’idea che molte altre persone LGBTQ stanno prendendo in considerazione.
Altri, invece, pensano che si debba rimanere in patria a combattere. Lo scorso novembre Hubert Hlatky-Schlichter, assieme a suo padre, che è gay, ha lanciato una campagna a favore delle famiglie arcobaleno, ovvero delle famiglie in cui un genitore si dichiara lesbica, gay, bisessuale, trans, intersessuale o queer: “Questo è solo l’inizio, perché siamo dappertutto”.
“Noi esistiamo, e questa non è propaganda, come non lo è il fatto che esistano le famiglie arcobaleno” dice Balázs Rédli, giornalista e padre preoccupato per il futuro di suo figlio, aggiungendo che in Ungheria c’è spazio per tutti: “Vogliamo solamente vivere in questo Paese come fanno tutti gli altri”.
* Saskya Vandoorne lavora nell’ufficio della CNN di Parigi. È laureata in inglese e francese, e ha conseguito un master in giornalismo televisivo.
** Melissa Bell è corrispondente per la CNN a Parigi. È laureata in scienze politiche, e parla inglese e francese.
*** Kara Fox produce contenuti digitali per la CNN. Si occupa soprattutto di questioni femminili, e produce inchieste approfondite all’intersezione di geopolitica e cultura. Ha studiato discipline dell’Asia Meridionale, fotografia e giornalismo digitale.
Testo originale: Thousands join Pride event in Hungary as LGBTQ people face growing hostility