Al ritiro siciliano dei Cristiani LGBT+ per riscoprirsi profeti di speranza
Riflessioni di Paolo Spina*
“Questo è il weekend per cristiani LGBT+ e loro amici che mi aspetto!”: non avrei potuto ricevere un buongiorno migliore da un caro amico che ha condiviso con me “Profeti di speranza”, il weekend proposto dai cristiani LGBT+ di Sicilia e italiani gli scorsi 18-20 ottobre 2024.
Essere cristiani e persone LGBT+ allo stesso tempo? Possibile? Eccome!
Molto ci sarebbe da dire e ognuno potrebbe portare la propria esperienza. Questa volta abbiamo voluto che la miccia per accendere il nostro confronto fosse una constatazione: la Chiesa nasce minoranza e oggi è minoranza. Essere minoritari, come lo è la comunità LGBT+, è necessariamente una condizione di difficoltà? In realtà, solo quando ci si scopre pochi si ha la grande libertà di essere profeti.
Questo è stato il sentiero sul quale abbiamo camminato per due giorni. Ma chi è un profeta? Profeta è chi scopre quanto sia grande il dono affidatogli: diverso, mai uguale a quello di un altro; inatteso, perché non si decide il momento in cui lo si comprende; non lo si sceglie, ma quando lo si sente proprio, si capisce quanto sia su misura!
Pochi, minoritari: sì, ma non soli! Per questo il sabato è stato un unico grande laboratorio, a cavallo tra l’ascolto delle emozioni e quello della Bibbia, con la guida della psicopedagogista Dora Decarolis e del teologo don Roberto Massaro. Già: perché il corpo è la casa delle emozioni, che letteralmente “ex-muovono”, cioè da non tenersi dentro, ma ascoltare e accogliere, perché se non abbiamo consapevolezza delle nostre emozioni non potremo mai scegliere secondo libertà.
Le storie bibliche dei profeti ci mostrano chi, scegliendo secondo libertà, sperimenta anche la sorte di rimanere soli, abbandonati anche da quelli di casa propria e interrogati da una domanda: a cosa è servito lottare tanto per Dio? Noi potremmo domandarci, ancora: perché una persona LGBT+ sceglie di rimanere ancora nella Chiesa?
Non c’è una risposta univoca o giusta. È una scelta che si compie per fede, che non significa cieco affidamento, anzi: è scegliere di prendersi la propria parte di responsabilità, da adulti, e accorgersi che esiste un bisogno di Dio che non è necessità nostra… ma il bisogno che proprio Dio ha! La Bibbia non è un tentativo da parte dell’uomo di cercare Dio, ma l’esatto contrario: è Dio che sempre prende l’iniziativa e si mette a cercare l’uomo perché ne ha bisogno. Forse pensiamo che Dio possa scegliere solo alcuni, e non altri: no, invece, ha bisogno che ciascuno sia profeta, prestandogli la propria voce, che è primariamente quella di chi è marginalizzato.
Una visione d’insieme ci fa scoprire che la Chiesa è sempre stata ed è plurale, cioè capace di essere una comunità che, rispondendo ai segni dei tempi, vive di accoglienza e integrazione. E quando noi stessi sperimentiamo che non è così? Si tratta di non perdere la speranza, e camminare con il miglior passo possibile per arrivare insieme alla meta, che spesso non è lo scatto del centometrista, ma quello tenace e paziente del maratoneta.
Ben oltre le aspettative è stato il dialogo tra l’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, e Rosario Lo Negro che, a nome nostro, ha potuto parlare con il presule durante un’ora abbondante non già di dibattito, piuttosto di reciproca conoscenza, in un botta e risposta che, più che i ritmi dell’intervista, richiamava quelli di una domenica in famiglia, parlando di ciò che ferisce la nostra dignità di cristiani LGBT+ e di come potremmo metterci a servizio delle nostre comunità.
Ci è sempre più chiara la necessità di continuare a formarci e informarci, anche per comprendere e lavorare su un’esegesi sempre migliore dei pronunciamenti che a vario titolo il magistero della Chiesa pronuncia in merito alle persone LGBT+.
Ci sembra sempre più evidente come molte resistenze nella Chiesa provengano da chi vive forti limiti culturali o personali: non sono certo scusanti, ma ci invitano a percorrere quei sentieri dove abita un maggior desiderio di comprensione e comunione reciproche.
Ciascuno porterà a lungo nel cuore l’energia di questo spazio di condivisione tra persone LGBT+, genitori e operatori pastorali. Tra le tante sottolineature scelgo quella di chi, in un momento di risonanza, ha detto: “Voglio essere l’adulto che non ho incontrato da adolescente”.
Chiunque avesse il desiderio di vivere momenti come questo, può periodicamente trovarne proposte dall’associazione La Tenda di Gionata, dal Progetto Cristiani LGBT+ e dai gruppi locali e regionali sparsi sul territorio italiano: sono piccoli passi per crescere nella fede insieme alla comunità LGBT+ e alla Chiesa.
*Paolo Spina è un medico, appassionato di Sacra Scrittura e teologia femminista e queer, che collabora con il Progetto Cristiani LGBT+ e con La tenda di Gionata scrivendo su temi di attualità e cristianesimo.