Al Sinodo si discute di nuove strategie pastorali, anche per le persone LGBT
Corrispondenza di Francis DeBernardo pubblicata su Bondings 2.0 (USA), blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 13 ottobre 2015, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro.
Se c’è una cosa che sto imparando qui a Roma al Sinodo è che esistono molti più argomenti e punti di vista sulla famiglia di quanto avessi mai immaginato. Ciò che forse è ancora più importante è che esistono moltissime strategie pastorali possibili per affrontare questa varietà di situazioni, alcune delle quali possono influenzare l’approccio verso le questioni LGBT, pur non essendo originariamente pensate per esse.
Durante la conferenza stampa di oggi padre Thomas Rosica CSB [della Congregazione di San Basilio n.d.t.] ha riferito gli interventi e le discussioni dei padri sinodali anglofoni svoltisi sabato pomeriggio. Parte delle difficoltà nel raccogliere informazioni sul Sinodo proviene dal fatto che le discussioni arrivano all’esterno attraverso uno dei molti relatori nelle varie lingue, i quali riassumono le cose dette senza identificarsi con chi le ha dette.
Non è una situazione ideale, ma va detto che dei quattro relatori (in italiano, inglese, francese e spagnolo/portoghese) padre Rosica è sempre il più completo e dettagliato nelle sue relazioni: lo considero la migliore fonte di informazioni. Purtroppo noi non riceviamo i commenti completi, né sappiamo chi li ha pronunciati, e siamo costretti a speculare se il tale commento sia diretto a una questione specifica.
Oggi padre Rosica ha riferito un’interessante osservazione di strategia pastorale presentata da un padre sinodale rimasto ignoto, il quale ha fatto notare l’approccio “tutto o niente” presente al Sinodo: per alcuni, i vescovi non devono cambiare nulla nell’approccio a determinate questioni, per altri, tutto va cambiato. Secondo il padre sinodale, nessuna delle due è un’opzione praticabile e ha suggerito ai vescovi di considerare “una vasta gamma di possibilità pastorali creative” come risposta a determinate situazioni. Naturalmente mi si sono subito drizzate le orecchie e ho pensato che sono disponibili molte possibilità pastorali creative che i vescovi possono utilizzare nei riguardi delle questioni LGBT.
Stavo speculando se il relatore si stesse riferendo effettivamente a questo argomento, il che mi venne confermato dal seguito dell’intervento: l’atteggiamento pastorale di proclamare una verità della Chiesa in pubblico ed esercitare la misericordia in privato, nelle situazioni individuali, non sta più in piedi. Poi, un’altra intuizione: la differenza tra peccato e peccatore non funziona più nel campo della sessualità.
Se ho capito bene il senso dell’intervento, non si può separare il “peccatore” dal “peccato”, amare uno e rifiutare l’altro. Per dirla in altro modo: non si può condannare il comportamento sessuale senza condannare anche la persona, oppure, in linguaggio positivo, non si può accettare una persona senza accettare la sua sessualità. Se il relatore si riferisse o meno alle questioni LGBT è impossibile saperlo, ma in ogni caso non è necessario grande sforzo per applicare tali concetti al nostro campo d’azione.
Padre Rosica ha presentato numerose altre idee che potrebbero essere applicate al mondo LGBT, per quanto siano state presentate con altri scopi:
– Per Dio, nessun essere umano è un estraneo;
– L’atto sessuale e la sessualità umana rappresentano solo una parte della famiglia e del matrimonio;
– La Chiesa deve essere una madre che accompagna e accoglie tutti e tutte.
La sorpresa più grande è stata sentire un vescovo affermare che la Chiesa deve riconoscere le nuove “strutture famigliari” del mondo contemporaneo, come le famiglie monoparentali, le famiglie di fede diversa, le famiglie separate dalle migrazioni, le famiglie che si prendono cura dei nonni, le famiglie tenute insieme principalmente dai nonni e – ecco la sorpresa – le famiglie formate da una coppia omosessuale.
Ecco come padre Rosica ha riferito il pensiero del vescovo in questione: “Molte famiglie sono del tutto tagliate fuori dalla nostra pastorale: dobbiamo sviluppare strategie pastorali adeguate alle varie situazioni in cui si trovano oggi le famiglie. […] Dobbiamo raggiungere coloro che non rientrano nelle nostre categorie tradizionali. Le nuove famiglie non possono più rimanere alienate dalla Chiesa e la Chiesa non può rimanere assente da queste nuove situazioni”.
La varietà dei punti di vista mi ha fatto capire che esistono molte strade possibili per una cura pastorale più positiva nei confronti delle persone LGBT e delle loro famiglie. Papa Francesco ha detto che Dio è un “Dio delle sorprese”. Forse, una risposta positiva del Sinodo sulle questioni LGBT potrà sorprenderci tutti con la sua formula creativa.
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Testo originale: Trying to Interpret the Language of the Synod