Essere uomini di fede al tempo del coronavirus
Riflessioni* di padre James Martin SJ** pubblicate sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 13 marzo 2020, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
La pandemia di coronavirus confonde e spaventa centinaia di milioni di persone, e non c’è da stupirsi. Molte persone, in tutto il mondo, si sono ammalate, e molte di esse sono morte.
A meno che la situazione non conosca una decisa svolta, molti altri si ammaleranno e moriranno. È una crisi che solleva molte questioni, mediche, etiche e logistiche, e pone anche molte domande ai credenti; vorrei perciò offrirvi alcuni consigli provenienti dalla tradizione cristiana, dalla spiritualità ignaziana e dalla mia personale esperienza.
Non fatevi prendere dal panico. Questo non vuol dire che non esistono motivi di preoccupazione, o che dovremmo ignorare i saggi consigli dei medici e degli esperti, ma il panico e la paura non provengono da Dio. La calma e la speranza, invece, sono divine, ed è possibile reagire alla crisi in modo serio ed efficace, e nello stesso tempo mantenere un senso interiore di calma e speranza.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, parlava spesso delle due forze all’opera nella nostra vita interiore: quella che ci avvicina a Dio, e quella che ce ne allontana. Quest’ultima, che lui chiamava “cattivo spirito”, “è la causa dell’ansia che ci divora, della tristezza e degli ostacoli. In questo modo turba le persone attraverso falsi ragionamenti che impediscono loro di progredire”. Vi suona famigliare?
Non date credito alle menzogne e alle dicerie, e non datela vinta al panico. Date la vostra fiducia agli esperti, non a chi sparge menzogne. C’è una ragione per cui Satana viene chiamato il Principe della menzogna.
Il panico, confondendovi e spaventandovi, vi allontana dall’aiuto che Dio vuole offrirvi. Il panico non viene da Dio, e allora, cosa viene da Dio? Ce lo dice sant’Ignazio: lo spirito di Dio, “che ci infonde coraggio e forza, consolazioni, ispirazioni e tranquillità”. Abbiate quindi fiducia nella vostra calma e nella vostra speranza, è quella la voce che va ascoltata. “Non abbiate paura!” ha detto più volte Gesù.
Non demonizzate. L’altro giorno un amico mi ha raccontato di un anziano signore cinese che è salito sulla metropolitana di New York: subito la carrozza si è svuotata mentre la gente gli urlava insulti e dava la colpa al suo Paese per il diffondersi del virus. Resistete alla tentazione di creare capri espiatori, una tendenza che aumenta in tempi di stress e di sacrifici.
Il Covid-19 non è una malattia cinese, come non è una malattia “straniera”; non è “colpa” di nessuno, e tantomeno bisogna dare la colpa a chi è stato infettato. Ricordare cosa ha detto Gesù, interrogato su un uomo cieco: “’Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?’ ‘Né lui ha peccato né i suoi genitori…’” (Giovanni 9:2-3). La malattia non è una punizione, quindi no alla demonizzazione e all’odio.
Molte cose sono state cancellate dal coronavirus, ma l’amore non è tra queste.
Prendetevi cura dei malati. Questo pandemia può rivelarsi di lungo periodo: i nostri amici e parenti possono sempre ammalarsi e morire. Fate quello che potete per aiutare gli altri, soprattutto gli anziani, i disabili, le persone povere e isolate.
Prendete tutte le precauzioni necessarie, non siate imprudenti e non rischiate di diffondere il contagio, ma non dimenticate nemmeno il fondamentale dovere cristiano di aiutare gli altri: “Ero malato e mi avete visitato” dice Gesù (Matteo 25: 36). E ricordate che Gesù ha vissuto in un’epoca in cui la gente non aveva accesso a nessun tipo di cure mediche, nemmeno le più rudimentali, e quindi visitare i malati era ancora più pericoloso di quanto sia oggi. Prendersi cura dei malati, anche prendendosi degli incomodi, fa parte della tradizione cristiana.
E non chiudete il vostro cuore di fronte ai poveri, a chi non si può permettere le cure mediche: i rifugiati, i senzatetto e i migranti, per esempio, soffriranno ancora di più degli altri. Aprite il vostro cuore a chiunque sia nel bisogno, non fate infettare la vostra coscienza.
Pregate. Le chiese cattoliche chiudono in tutto il mondo, e molti vescovi hanno cancellato le Messe e gli altri servizi parrocchiali: sono misure necessarie, dettate dalla prudenza, ma hanno un costo: per molti, queste misure impediscono di avere le cose che più consolano nella vita, la Messa e l’Eucarestia, e le isola ancora di più dalle loro comunità proprio nel momento in cui ne avrebbero più bisogno.
Cosa si può fare? Ci sono molte Messe trasmesse in televisione e su Internet, e anche per radio, ma se non ne trovate, potete pregare per conto vostro, e mentre lo fate, ricordate che fate comunque parte di una comunità.
Nella nostra Chiesa c’è anche la tradizione molto antica di ricevere la Comunione spirituale, quando vi unite con Dio in preghiera pur non potendo partecipare di persona alla Messa.
Siate creativi. Potete meditare in solitudine sul Vangelo del giorno, consultare dei commenti biblici, radunare la vostra famiglia per parlare del Vangelo, oppure chiamare degli amici per parlare di come Dio è presente accanto a voi, anche durante la crisi.
Nella Chiesa primitiva i cristiani perseguitati pregavano e condividevano la loro fede nelle catacombe: noi possiamo fare la stessa cosa. Ricordate le parole di Gesù: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18:20). Ricordate anche che “chiesa” non è un edificio: è la comunità.
Abbiate fiducia: Dio è con voi. Molti, specialmente chi è malato, possono sentirsi isolati, e quindi confermati nelle loro paure, e molti di noi, anche se non infettati, conoscono dei malati, che potrebbero morire. Perciò, molti ovviamente si chiederanno: perché questo?
Non c’è una risposta soddisfacente a questa domanda, che alla fine è la domanda sul perché esiste la sofferenza, una domanda su cui si sono misurati i santi e i teologi per secoli. È il più grande dei misteri. È la domanda è: potete credere in un Dio che non comprendete?
Ma sappiamo anche che Gesù comprende la nostra sofferenza, e ci accompagna nella maniera più intima. Ricordate che, durante il suo ministero pubblico, Gesù ha passato molto tempo con i malati, e prima dell’avvento della medicina moderna, una qualsiasi infezione poteva essere mortale, e l’aspettativa di vita era quindi breve: 30-40 anni. In altre parole, Gesù conosceva il mondo della malattia, e comprende quindi bene tutte le vostre paure e preoccupazioni.
Gesù vi comprende, non solo perché è divino e comprende ogni cosa, ma perché è umano, e ha vissuto ogni cosa. Andate a lui in preghiera, e abbiate fiducia: lui vi sente ed è con voi.
Anch’io pregherò per voi. Ne usciremo insieme, con l’aiuto di Dio.
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** Il gesuita americano James Martin è editorialista del settimanale cattolico America ed autore del libro “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018). Padre James ha portato un contributo sull’accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa Cattolica all’Incontro Mondiale delle Famiglie Cattoliche di Dublino e ha portato una sua riflessione anche al 5° Forum dei cristiani LGBT italiani (Albano Laziale, 5-7 ottobre 2018). Twitter: @jamesmartinsj
Testo originale: Faith in the time of Coronavirus