Amare Dio con il corpo e l’anima. I francescani tedeschi s’interrogano sui limiti della morale sessuale cattolica
Conversazione di Andreas Brands con fra Christopher Ricke pubblicata sul sito Deutschlandfunk Kultur il 30 giugno 2019, liberamente tradotto da Antonio De Caro
La sessualità è un’area scabrosa per la Chiesa Cattolica, spesso soggetta a tabù, divieti e a una rigida morale. Il francescano (tedesco) Andreas Brands, invece, interpreta il sesso come un dono divino in una conversazione con lui molto diretta.
Cinquant’anni anni dopo la ribellione di gay e transessuali a Stonewall, in Christopher Street a New York (Stati Uniti), la Chiesa Cattolica ha ancora problemi con la sessualità. Ma ci sono anche altre voci. La rivista “Franziskaner” titolava nella sua edizione primaverile: “La sessualità – la cosa più naturale del mondo” (numero 2 dell’agosto 2016).
La “Rivista per la cultura e lo stile di vita francescani” (in Germania) dedicava un focus dettagliato alla Chiesa Cattolica e alla sua morale sessuale. Vi si leggono ammissioni sorprendenti: “La sessualità è anche una forza religiosa fondamentale e una fonte di spiritualità, soprattutto nel contesto giudaico-cristiano“, si legge. Oppure: “La sessualità è un dono di Dio, il punto più bello della creazione“. Un autore importante della rivista è il francescano Andreas Brands.
Parlare apertamente di sesso
La tua rivista “Franziskaner” parla di masturbazione, rapporti prematrimoniali, preti gay, peccato e celibato, e anche del rapporto con la propria coscienza. La rivista ha provocato un po’ di agitazione negli ambienti cattolici?
Andreas Brands: Ho ricevuto molti feedback. Innanzitutto, sono molto grato per le numerose reazioni positive alla nostra rivista, che la nostra redazione ha realizzato con coraggio. Abbiamo anche avuto delle disdette, ovviamente.
Ha suscitato reazioni opposte, questo ci era chiaro in anticipo. Ma penso di poter anche dire: ha smosso le persone, ha emozionato le persone, ha toccato di nuovo le persone perché abbiamo toccato un argomento di cui semplicemente non è così facile parlare e che oggi, tuttavia, deve essere discusso apertamente.
Toccare punti dolenti
Con queste diverse reazioni alludi alla Chiesa ufficiale, agli ambienti laici, o è così in entrambi i campi?
Ci sono reazioni miste in entrambi i campi. Fra i nostri destinatari ci sono certamente alcuni che sono profondamente radicati nella dottrina cattolica e vorrebbero mantenere tutto come è stato fino ad ora. Lì abbiamo sicuramente toccato alcuni punti dolenti.
Soprattutto nell’ambito della sessualità, in realtà è vero che molti cattolici per anni hanno semplicemente negato alla Chiesa la competenza per occuparsi della loro vita privata. Naturalmente tra i cattolici ci sono anche matrimoni falliti, e ci sono figli illegittimi che devono essere ancora battezzati. Ovviamente ci sono anche rapporti prematrimoniali. Tutto questo, effettivamente, arriva ancora nel tuo confessionale poiché viene percepito come peccato, oppure ormai le persone dicono: di questo posso parlare con tutti, ma non con il mio parroco?
Prima di tutto, occorre riconoscere che l’intera pratica della confessione è cambiata. Quello che mi arriva in confessionale è già un insieme filtrato di persone, ma è sempre quello l’argomento che emerge. È qualcosa che mi stupisce. Anche perché quasi nessuno tralascia questo argomento. In altre parole, c’è un bisogno associato ad esso.
Si tratta di gratitudine per la vicinanza
Ciò tocca il tema della vergogna, tocca il tema di essere soli, di non avere opportunità di trovare nella vita pratica forme per armonizzare la propria vita con l’insegnamento della Chiesa, per così dire, e di trarre da ciò una forza positiva. Ciò significa parlare della vita concreta delle persone: mi sono toccato, mi sono masturbato, ho una seconda relazione o altro.
Viene fuori l’intera gamma di questo ambito, ed è sempre importante per me mostrare alle persone che c’è fondamentalmente qualcosa di positivo collegato alla sessualità, che possono provare gratitudine per ciò che sentono, e non vanno imposti a priori tabù o impedimenti. Non è di questo che si tratta.
Quindi non assegni nessuna penitenza?
Invece sì: assegno la penitenza, ma non quella classica, forse non quella divulgata dalla Chiesa. La mia penitenza è questa: vai e ringrazia il tuo Dio per ciò che hai ricevuto in dono. Perché la sessualità in noi non è solo un blocco enorme, ma ci sono energie molto diverse, sensazioni molto diverse, e ogni persona è diversa, ognuno funziona in modo diverso, ognuno ha esigenze diverse che devono potersi in qualche modo esprimere, mostrare. L’uomo vive non per seppellire questa dimensione della sua vita, bensì per lasciarla fiorire.
In questo senso, la sessualità è un dono, e devo prima affermare questo dono. Quindi io stesso devo arrivare al punto di affermarlo, accettarlo così com’è, non importa in quale direzione sono portato, e poi intendere questo dono come un dono di Dio – definirlo così è indispensabile per il cristianesimo e per me. Siamo una religione che celebra l’incarnazione, cioè diventare un essere umano, e ciò coinvolge la corporeità, e la sessualità appartiene alla corporeità. Si tratta quindi di una verità essenziale che purtroppo è rimasta nascosta per molti secoli.
Il divieto di contraccezione ha amareggiato i credenti
Sì, ci sono linee di rottura, chiaramente. Quindi, se sfoglio la rivista un po’ più a lungo, allora individuerò una rottura tra la Chiesa ufficiale e il popolo di Dio. Questo può essere identificato in modo relativamente preciso: nel mezzo degli sconvolgimenti sociali degli anni ’68 è arrivata l’enciclica, cioè un documento del Magistero di Paolo VI, allora papa, che da alcuni è venerato come santo, da altri è chiamato “Paolo della pillola”.
L’enciclica Humanae vitae ha certamente diviso e soprattutto offeso molte persone. L’intero argomento della contraccezione era grave e richiedeva delle risposte. Poi è arrivato il netto rifiuto: la contraccezione no. Ciò ha dato a molte persone questa percezione: la Chiesa argomenta ancora nel suo modo tradizionale per cui le persone non si sentono capite e non sono state prese in considerazione né le esigenze né la ricerca di soluzioni.
A questo proposito, c’è ancora molta amarezza oggi, perché semplicemente non si è capito che l’intera area della contraccezione è anche funzionale all’aspetto della salute, così come una gravidanza indesiderata negli adolescenti o in aree in cui è difficile portare a termine l’educazione di un bambino.
La passione e l’amore fanno parte del piano divino?
Paolo VI ha scritto qualcosa in questa enciclica, che però si è perso in tutto il frastuono. Ha riconosciuto come espressione del disegno divino le leggi biologiche, compresa la sessualità. Penso che sia formulato in modo un po’ macchinoso, ma l’incontro fisico tra uomo e donna vi è presentato come un insieme olistico. Ciò significa che lo scopo primario del matrimonio non è più la procreazione, ma la bellezza da creare insieme. A questo proposito ha centrato davvero un punto importante.
Sì, questo tocca l’aspetto del piacere, che in molti casi è stato semplicemente spazzato via. Puoi leggerlo così, ovviamente. L’unione carnale è anzitutto orientata alla procreazione. E poi, se si assume che anche l’aspetto del piacere possa svolgere un ruolo, anche da un punto di vista cattolico, allora l’obiettivo della procreazione non deve essere tralasciato. È ancora considerata una delle direttrici dell’intera enciclica.
Benedizione per le coppie dello stesso sesso
Ora facciamo un altro salto nel 2019 e diamo un’occhiata a livello politico: il matrimonio tra persone dello stesso sesso è diventato realtà e normale, ma non ci sono matrimoni in Chiesa per le coppie dello stesso sesso. Ma c’è il desiderio di essere benedetti. Così ora leggo sulla rivista: “La benedizione per le coppie dello stesso sesso è un incoraggiamento per queste persone e allo stesso tempo una lode a Dio”. È ancora cattolico?
Dal nostro punto di vista, sì. Quindi serve uno sviluppo in questa direzione, ci stiamo lavorando molto in vari contesti, anche con i vescovi. Perché diventa chiaro – e lo possiamo leggere dagli incontri di Gesù con le persone del suo tempo- che si tratta sempre di sollevare le persone, si tratta sempre di dare alle persone un incoraggiamento che le elevi interiormente e le faccia stare in piedi, le faccia stare dalla propria parte. La Chiesa non deve valutare ciò in modo troppo negativo, e deve trovare il modo per dare, alle persone che vivono nelle più svariate forme di vita, la benedizione, la buona parola, la parola che accompagna, che eleva.
È quindi molto importante che tali forme di benedizione tra persone dello stesso sesso siano prese in considerazione oggi con urgenza. Non ci sono quindi matrimoni in senso classico, non ci sono uffici nuziali, si può differenziare tra loro. Abbiamo solo bisogno del coraggio di farlo perché le persone desiderano essere prese sul serio dalla Chiesa nel loro modo di vivere, nella loro forma di amore. Questo, credo, è qualcosa che la Chiesa non può rifiutare.
Conversazioni sul sesso: prudenti e incerte
Fratello Andreas, come francescano, come prete cattolico, hai giurato il celibato. Ti sei affidato a Cristo con il corpo e l’anima, ma sappiamo che l’aspetto corporeo è assai delicato. Con quale frequenza puoi discutere di questi argomenti nella tua comunità? Perché anche nel vostro Ordine religioso ci sono sicuramente bisogni fisici, emergenze spirituali, voglia di confronto. Probabilmente ci saranno eterosessuali, omosessuali, trans tra i francescani, come ovunque nella società.
Sicuramente. Penso che abbiamo un varietà multicolore senza dover appendere un poster al collo come si fa adesso. Io stesso sono nella comunità religiosa da 30 anni: all’inizio è difficile spiegarlo quando devi crearti una posizione o scoprire i tuoi bisogni. Tanto più che in tutto questo contesto religioso la domanda è sempre: posso dirlo? Cosa succede, se…? Devo allora andarmene?
Nel frattempo, i tabù si sono indeboliti. C’è su questo tema un’apertura molto più grande, che ha a che fare con il fatto che i giovani – i giovani tra virgolette – che vengono da noi sono tutti diventati adulti. Ciò significa che nessuno oggi viene all’età di 20 anni in monastero, dove potrebbe esserci comunque un certo ostacolo per discutere apertamente su questi argomenti. Oggi vengono in monastero uomini di 30, 35, 40 anni, hanno alle spalle esperienze di relazione, quindi hanno anche una sessualità praticata che portano nella comunità religiosa per modellarla adesso diversamente.
Trovo utile quando ne parliamo. Mi occupo di formazione da 20 anni e posso dire: le conversazioni, comprese quelle sulla sessualità, sono ancora incerte. Nessuno affronta il tema direttamente, ma solo con approcci cauti. C’è molta apertura, ma soprattutto c’è la sensazione di essere “accettato così come sono. Io sono quello che sono” – questa è una bella parola, che poi sta lì anche come base per l’esperienza e con quella puoi continuare a vivere e cercare.
Testo originale: Katholische Sexualmoral. Gottesliebe mit Leib und Seele