Amare è incontrare la persona. Riflessioni sull’Amoris Laetitia
Riflessioni di Silvano Bert pubblicate sul quindicinale Questotrentino del giugno 2016
A conclusione dell’Esortazione pastorale “Amoris laetitia”, al paragrafo n° 322, papa Francesco svela all’uomo e alla donna uniti in matrimonio la sua concezione dell’amore.
Non cita i documenti del sinodo, le encicliche papali o i grandi teologi, Agostino, Tommaso, Ignazio, ma si affida, una delle pochissime volte, a un laico, un filosofo cattolico convertito dall’ebraismo. È Gabriel Marcel che, in Homo viator (L’”essere umano in cammino”, del 1944) scrive: “Amare una persona è attendere da essa qualcosa di indefinibile, di imprevedibile; ed è al tempo stesso offrirle in qualche modo la possibilità di rispondere a questa attesa”. La citazione si ferma qui, alla spiritualità coniugale nell’armonia. Marcel è un uomo sposato, il suo matrimonio è però una tragedia. Il suo scritto prosegue così: “Sì, per quanto possa sembrare paradossale, attendere significa in qualche modo donare; ma altrettanto vero è il contrario: non attendere più significa contribuire a rendere sterile l’essere dal quale non si attende più niente, significa in qualche modo privarlo, togliergli in anticipo qualcosa”. Marcel, dai manuali di storia della filosofia, è collocato nella corrente dell’esistenzialismo, analizza l’angoscia del “male di vivere” (come Heidegger e Sartre): se la speranza è sempre legata a una relazione, la disperazione è in fondo la solitudine.
Solo poco prima di morire, nel 1973, Marcel confesserà di aver vissuto tutta la vita lottando contro la sua omosessualità latente, per difendere il suo matrimonio dalla parte insopportabile del suo sé. Ha sperimentato sulla sua pelle la contraddizione fra “fatto” e “valore”, tra il richiamo della propria natura e l’autocontrollo che gli era imposto dalla sua visione religiosa del mondo. Noi siamo eredi della sua “sofferenza segreta”, e oggi parliamo di “orientamento sessuale”. È quel dolore che ha spinto l’Organizzazione mondiale della sanità/Onu a cancellare nel 1990 l’omosessualità dalle malattie mentali, dopo che per secoli era stata un crimine e un peccato gravissimi. E permette oggi a una teologa come Selene Zorzi di non ridurre il piano originario di Dio, che è Padre e Madre, all’unione fra un uomo e una donna a scopo procreativo. Sono i giorni in cui il ministro Alfano e il cardinale Bagnasco si scontrano invece sulla quota di matrimonio presente nella legge italiana sulle unioni civili, se nessuna o eccessiva, perché dalla risposta dipenderebbe se il piano di Dio è salvo o deturpato. Eduardo Savarese, un magistrato, nella “Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma” afferma, applaudito dall’assemblea, che “Dio ci vuole felici e noi siamo felici se siamo noi stessi”.
Nella Sala Rosa della Regione, a Trento, a conversare ci sono cinquanta persone, che in gran parte, per alzata di mano, fanno ancora riferimento al cristianesimo. Quasi tutte ritengono molto importante il confronto a cui stanno partecipando ma collocano oggi la Chiesa italiana sul fronte della conservazione. Solo tre, infatti, hanno avuto l’opportunità di partecipare ai lavori del sinodo della famiglia. A promuovere l’incontro su “Gender, gay, Chiesa” non è la Chiesa di Trento ma il mondo LGBT, delle lesbiche, dei gay, dei transgender. Selene Zorzi racconta di avere abbandonato la vita monastica, ma di essere ancora cattolica e docente di teologia. Eduardo Savarese racconta di aver lasciato la parrocchia dopo la prima comunione e di esserci tornato da adulto, riaccolto da un gesuita, dopo aver letto Dostoevskji. Verso i preti provano com-passione: soffrono insieme con loro per la lentezza della Chiesa nell’aggiornamento. Per la riforma della Chiesa entrambi sperano nei laici, donne e uomini (oltre che nello Spirito Santo). Forse è stato lo Spirito a guidare la mano di Francesco, inconsapevole, nel coinvolgere Gabriel Marcel nell’ Amoris laetitia.
Trento, 18 maggio 2016