Anche le persone transgender sono parte del corpo di Cristo, non dimenticatelo mai
Testimonianza di suor Luisa Derouen* pubblicata sul sito del progetto Global Sisters Report (Stati Uniti) il 20 gennaio 2021, liberamente tradotta da Grazia Pierangeli
Era il momento del cambio turno, perciò l’infermiera, prima di andarsene, stava dando istruzioni al suo sostituto. Una delle sue pazienti era transgender, e lei, occhi al cielo e tono sarcastico, disse all’infermiere di turno: “Questo è uno di quelli”. In pratica, questo voleva dire “Dice di essere femmina, ma noi sappiamo che questo qui in realtà è un uomo. Dovrai sopportare uno di questi svitati durante il tuo turno”.
Siete mai stati apostrofati come “questo qui”? Riuscite a immaginare come ci si senta a sapere che qualcuno possa avere una così scarsa considerazione della vostra umanità più intima?
Alcune persone transgender sanno esattamente come ci si sente. Il mio amico David** è un infermiere, e anche transgender. Ha sperimentato sia dalla parte del paziente che da quella del personale come i medici denigrino, neghino e siano irrispettosi verso l’umanità delle persone transgender. Questo argomento si sta facendo sempre più strada verso i canali mediatici principali, e sta mettendo in luce le tante sfide che le persone transgender affrontano in campo sanitario.
Perché le esperienze mediche delle persone transgender e delle loro famiglie mi dovrebbero riguardare? Non rientrano affatto nella mia competenza. Io sono una guida spirituale. Beh, ecco, perché ognuno di noi è una creazione unica di Dio, fatta di un corpo e un’anima.
Un salmo, il preferito di molte persone, recita: “Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre”. (Salmo 139 [140]:13). Questi versi implorano accettazione, ma il mio cuore si spezza nell’ascoltare le storie di persone transgender i cui preziosi corpi non vengono rispettati quando cercano assistenza medica.
Da ventun anni porto assieme a loro il peso della croce quando viene loro detto, in parole e azioni, che la loro umanità non è plasmata in modo magnifico, o quando viene loro detto che quello che sono non riflette la bellezza della creazione di Dio.
Le persone transgender prendono decisioni estremamente difficili, e corrono rischi che possono cambiare la vita per onorare il loro corpo, la loro anima, la loro persona. Quando cercano assistenza sanitaria e non sono trattate dignitosamente, la loro intera persona viene ferita, e subisce un trauma.
Alcune volte il personale medico manca di formazione adeguata. Vincent ha condiviso con me la sua esperienza nel cercare di fissare un appuntamento in un ospedale cattolico per un controllo ostetrico-ginecologico. Dall’altra parte del telefono l’infermiera domandò: “Devo chiedere se si è sottoposto agli interventi o se ha ancora gli organi femminili laggiù?”.
Inorridito, rispose “Di questo parlerò con il dottore. Non mi sento a mio agio a discuterne con lei al telefono”. L’infermiera insisteva per avere una risposta sul momento, il che mise Vincent estremamente a disagio, e così adesso evita ogni visita ostetrico-ginecologica.
Un medico ha condiviso un’esperienza comune. Era stato chiamato al pronto soccorso per una donna transessuale con gravi lesioni, la cui unica opzione per ricevere assistenza medica era un ospedale cattolico. Era stato indicato il nome legale maschile, ma la paziente si presentava con nome femminile. Chiaramente era traumatizzata, e piangeva. Il giovane dottore la rassicurò e le disse: “Mi prenderò cura di lei al meglio delle mie possibilità. Come preferisce che mi rivolga a lei?”.
La paziente sorrise, fece un sospiro di sollievo e disse il nome che preferiva. Sentendosi un po’ più a suo agio, rivelò che cercava di evitare l’assistenza medica perché veniva trattata davvero in malo modo. Il dottore ebbe la premura d’includere il nome preferito dalla paziente sulla cartella clinica, insieme al nome legale maschile.
Tuttavia, più tardi venne a sapere che l’informazione da lui inserita per rispetto della paziente transessuale, era stata rimossa da un collega di grado superiore perché ritenuta “non necessaria”, e perché rendeva “la cartella clinica disordinata”. Questa donna era traumatizzata per le lesioni e, ancora una volta, per essere stata deliberatamente resa invisibile.
I vescovi che hanno parlato pubblicamente sull’argomento hanno giustamente insistito sul fatto che le persone transgender devono essere trattate con rispetto e compassione quando cercano assistenza medica presso le nostre strutture sanitarie. Tuttavia, la maggior parte di essi dichiara chiaramente che le persone che si identificano come transgender debbano essere identificate solamente con il nome legale e il sesso assegnato alla nascita.
Chiariamo una cosa: è impossibile esibire compassione e rispetto verso qualcuno, e allo stesso tempo insistere che non esiste. Per questo motivo le persone transgender evitano il più possibile di entrare in contatto con il personale medico, fino al punto di compromettere seriamente la propria salute.
Questa situazione riguarda da vicino anche le loro famiglie.
Peggy è la madre di un figlio transgender ormai adulto; è una docente universitaria, e da molto tempo è un’alleata delle persone LGBTQ+, ma non aveva mai conosciuto personalmente una persona transgender, fino a che suo figlio le ha rivelato di esserlo. Si è sforzata di capire, ha creduto a quello che suo figlio le stava dicendo e lo ha sostenuto.
In questa condizione di fragilità, Peggy si incontrò con il suo medico di famiglia, cattolico, su cui facevano affidamento da anni per la sua competenza medica. Era impaziente di imparare da lui quello che poteva aspettarsi su possibili interventi medici, così da essere informata e da essere di supporto, per il migliore interesse di suo figlio.
Restò totalmente spiazzata quando “lui iniziò a lagnarsi rabbiosamente contro quella che beffardamente definiva ‘medicina transgender’, esprimendo indignazione per il fatto che questo campo si sia sviluppato negli ultimi anni. Insisteva che la scienza non era cambiata, sebbene chiaramente lo fosse. Affermò che io dovevo negare l’esperienza di mio figlio, perché non poteva assolutamente essere reale. Mi disse che è ‘come una setta'”.
Un lista estremamente lunga di rispettabili associazioni mediche conferma che essere transgender è una realtà riconosciuta, e che le persone transgender hanno il diritto di ricevere cure mediche appropriate. Non è una setta, non vi assomiglia affatto. Le persone transgender non aderiscono alla fantomatica “ideologia gender”, come hanno affermato molti vescovi.
Alcune volte, sebbene accada raramente, una persona transgender può avere un’esperienza positiva con il personale medico.
Nel 2012, quando era ancora alle superiori, Michael tentò il suicidio e venne portato nel reparto psichiatrico di un ospedale cattolico. I dottori, le infermiere e il personale si rivolgevano a lui come Michael, e davano valore alla sua esperienza tramite il supporto e l’accettazione.
Quando il giovane lo richiese, un prete andò a trovarlo e, come aveva fatto il personale medico, lo ascoltò senza giudicarlo e con tatto. Michael ha commentato: “Questa esperienza è stata un momento importantissimo per me, e sono estremamente grato a tutti loro. Ho avuto esperienze dolorose, ma questa spicca decisamente per la sua rarità”.
Tragicamente, quasi tutte le persone transgender hanno storie di esperienze traumatizzanti con i loro medici, i quali rifiutano di credere che loro siano chi dicano di essere; di conseguenza, la loro salute viene compromessa in modo significativo. Questo è specialmente tragico quando accade in strutture sanitarie cattoliche.
Le persone transgender sono il prezioso corpo di Cristo, così come lo siamo tutti: “Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1 Corinzi 3:17). Molto spesso viene sottolineato che noi cattolici non ci sogneremmo mai di mancare di rispetto al corpo di Cristo che riceviamo durante la Comunione, ma non esitiamo a mancare di rispetto al corpo di Cristo materializzato nella persona di fronte a noi, specialmente verso coloro la cui umanità simile a Cristo ci mette a disagio.
Le parole del cardinale Wilton Gregory sono un balsamo per molte persone transgender.
Nell’agosto 2019, a un incontro di Theology on Tap, egli rispose a un uomo transgender dicendo: “Voi appartenete al cuore di questa Chiesa. Non c’è niente che tu possa fare, che tu possa dire, che ti strapperà via dal cuore di questa Chiesa”.
Anche le persone transgender sono il corpo di Cristo.
* Suor Luisa Derouen, membro delle Suore Domenicane della Pace, ha iniziato il suo ministero tra la comunità transgender nel 1999, ed è stata una compagna spirituale, sia formalmente che informalmente, per circa 250 persone transgender in tutto il Paese. Ormai è prossima alla pensione presso la St. Catharine Motherhouse nel Kentucky centrale.
**Nota della redazione: Alcuni nomi sono stati modificati per motivi di privacy.
Testo originale: Transgender persons are the body of Christ too