Andare oltre i confini. Quando una parrocchia accoglie le persone GLBT
Riflessioni di Francis DeBernardo* tratte dal blog di New Ways Ministry (Stati Uniti), 11 aprile 2012, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Un recente articolo del New York Times, “A parish without borders”, ci informa sulla parrocchia (cattolica) di San Bonifacio, nel centro di Brooklyn a New York (Stati Uniti), che attira fedeli dai quartieri confinanti e oltre. Non c’è da sorprendersi che l’atteggiamento accogliente verso le persone e le famiglie LGBT sia parte del vasto richiamo che la parrocchia esercita.
Infatti il giornalista fa notare che un simile atteggiamento verso le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) ha attirato molti di altre parrocchie di New York:
“San Bonifacio è un esempio di parrocchia (cattolica) di preferenza, un’espressione che alcuni membri del clero usano per descrivere una chiesa che attira persone che vivono al di fuori dei suoi confini geografici. Molti cattolici gay e lesbiche viaggiano per raggiungere la chiesa di san Francesco Saverio a Chelsea [Manhattan].”
(Tra l’altro entrambe le parrocchie appaiono sulla lista stilata da New Ways Ministry delle parrocchie Cattoliche gay friendly, che elenca oltre 200 parrocchie, sparse in tutto il Paese, che accolgono apertamente le persone LGBT. Molte di queste comunità di fede, non tutte, possono essere descritte come “parrocchie di preferenza”.)
Inoltre, nell’articolo si fa riferimento all’omosessualità come a una pietra di paragone per definire l’atteggiamento pastorale di accoglienza adottato a san Bonifacio: “Incontrarli lì dove stanno” è un mantra dei cinque sacerdoti e del frate laico di san Bonifacio, che non manca mai di invitare facce nuove ai pranzi mensili preparati da lui in canonica.
“Ma questa filosofia inclusiva ha un lato più insidioso. Mentre i sacerdoti accettano e trasmettono tutti gli insegnamenti della Chiesa, che vengano dal Vaticano, dalla Conferenza dei Vescovi degli Stati Uniti o dalla Diocesi di Brooklyn, accettano anche il fatto che non tutti coloro che siedono ai banchi la pensano allo stesso modo.
“Quando una coppia lesbica contattò uno dei sacerdoti, il reverendo Mark Lane, per battezzare il loro bambino, temevano di essere cacciate, dice il reverendo. Invece vennero accolte. Per padre Lane, 55 anni, l’apertura della parrocchia riflette semplicemente l’insegnamento di Gesù di amare tutti. Anche se la cosa potrebbe essere presa come una critica implicita alla posizione della Chiesa sull’omosessualità, la parrocchia non ha trasformato un affare di famiglia in una battaglia.
“Il pericolo è trasformare tutto in rivendicazione e dimenticarsi delle persone coinvolte: penso che questo sia sbagliato’ dice padre Lane. Le due madri si sono presentate al fonte battesimale con il loro bambino, come tutti gli altri. ‘È un simbolo visivamente potente, ma questo è tutto.’
“I sacerdoti preferiscono affrontare temi controversi come il matrimonio omosessuale e la pena di morte al di fuori della messa, e mentre nel bollettino parrocchiale compaiono gli avvisi delle marce antibortiste, queste non vengono annunciate dopo la celebrazione.”
La domanda che viene subito in mente è: “Dato che queste parrocchie hanno tanto successo, perché altre comunità non seguono il loro esempio?” Se queste parrocchie di preferenza sono capaci di attirare gente che deve percorrere una certa distanza per essere presente ogni domenica (e per partecipare alle attività extraliturgiche durante la settimana) evidentemente stanno facendo qualcosa di buono.
Sembra ovvio che gran parte del loro potere di attrazione stia nel fortissimo senso di accoglienza prima descritto. “Incontrare la gente lì dove sta” è la chiave di questa accoglienza, un qualcosa che tutte le parrocchie potrebbero mettere in atto a costo zero, con un semplice sforzo da parte dello staff parrocchiale.
Non tutti però condividono il concetto di parrocchia di preferenza. L’articolo riporta che addirittura il cardinale di New York Timothy Dolan ha recentemente approvato l’idea che i cattolici cerchino delle parrocchie in cui si sentano accolti, dichiarando: “Non esito a dirvi di buttarvi nel mercato. Se quella parrocchia in cui sei sembra non ascoltarti, c’è un sacco di parrocchie che ti ascoltano.”
Tuttavia, monsignor Kieran E. Harrington della diocesi di Brooklyn ha un’opinione differente: “La Chiesa significa crescere dove siamo stati piantati… È come una famiglia…Non si sceglie la propria famiglia.”
Voi cosa pensate? Cos’è più importante: frequentare la parrocchia locale o frequentare un ambiente inclusivo? Qualsiasi cosa abbiate deciso, a cosa avete dovuto rinunciare? Quali vantaggi avete avuto? Come avete trovato la comunità in cui vi sentite accolti? Avete qualche consiglio da dare?
* La serie ALL ARE WELCOME (TUTTI SONO I BENVENUTI) è una rubrica che esamina come le comunità di fede cattoliche possono diventare più inclusive verso le persone LGBT e le loro problematiche.
Testo originale: Going Beyond the Boundaries