Daniela, Anna e Piero. Perché la chiesa cattolica rifiuta i nostri figli?
Intervista di Lidia Borghi
Anna e Piero. Non è stata la rivelazione dell’omosessualità del loro figlio a sconvolgere questi due genitori romani esponenti dell’AGeDO, bensì l’aver appreso che per la chiesa cattolica essere omosessuali non rientra nel disegno voluto da Dio per le donne e per gli uomini. Questa asserzione li ha addolorati ed ha «offeso la nostra e la dignità di nostro figlio come persona». Mentre l’altro figlio ha accettato con affetto ed accoglienza l’orientamento sessuale del fratello, gli altri parenti, più o meno stretti, nulla sanno della faccenda. Anna e Piero sono lapidari: «La chiesa dovrebbe documentarsi sui testi scientifici e medici riguardo all’identità omosessuale, evitando di considerala una malattia da curare, creando dolore alle famiglie e ai loro figli che in alcuni casi si sono suicidati per la disperazione. Forse per chi non è credente è difficile da capire, ma essere rifiutati dalla chiesa che dovrebbe accogliere chiunque, lascia un vuoto incolmabile».
Daniela, il buddhismo e il battesimo di mia figlia Karen
Quarantasette anni, madre di Karen, una giovane lesbica di ventotto anni che convive con R. in una cittadina del nord ovest poco distante dalla sua, Daniela ha abbracciato il buddhismo, nel 2002, anche perché non riesce ad accettare le regole della chiesa cattolica; nel cammino spirituale del Buddha ha ritrovato la speranza per un mondo di pace, amore ed uguaglianza. Daniela ricorda di aver avuto un rapporto “conflittuale” con sua figlia, almeno fino al giorno in cui Karen, nel lontano 2003, le confessò di essere omosessuale: «In quel momento tirai un sospiro di sollievo, finalmente compresi il suo disagio ed ero felice che non era nulla di preoccupante, era soltanto omosessuale. Da quel momento iniziai ad approfondire il legame con mia figlia che oggi è molto profondo basato sul dialogo e sul rispetto».
Il problema più grande, di lì a poco, sarebbe stato rappresentato dal padre di Karen, secondo il quale è preferibile avere una figlia tossicodipendente o morta, piuttosto che lesbica. Questo fu uno dei motivi della rottura di un legame matrimoniale già traballante. La sorella ed il fratello di Karen, gemelli, (all’epoca avevano dieci anni) erano del tutto tranquilli: sorridendo, i due asserirono che quello omosessuale è solo un diverso modo di amare. Quando Daniela parla della sua famiglia d’origine, formata da madre, padre, sorella, fratello e cognata, afferma che in essa il pregiudizio nei confronti delle persone omosessuali è pressoché assente. L’orientamento sessuale di Karen viene vissuto da tutte e tutti “con naturalezza”.
Per Daniela, non tanto le feste comandate, quanto il compleanno di Karen rappresenta l’occasione per ritrovarsi in serenità ed armonia, inoltre da tempo frequenta la mamma di R.; fra loro è sorta da subito una certa complicità: «Percepisco lo stesso amore di mamma, in più ci sosteniamo e sosteniamo le nostre figlie». La conclusione della sua testimonianza è commovente: «Nonostante la chiesa non accetti la diversità, Karen ha ricevuto il battesimo l’anno scorso; dopo un suo lungo percorso spirituale, ha sentito che Gesù l’ama e l’accetta cosi come è e quindi ha deciso di essere una praticante cattolica omosessuale».