Anche in Vaticano scoprono che le persone omosessuali hanno dei diritti come “figli di Dio”
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Riflessioni di Federico Tulli pubblicate sul settimanale Adista Segni Nuovi n°42 del 28 novebre 2020, pag.12
Alcune affermazioni contenute nel documentario Francesco dello sceneggiatore Evgeny Afineevsky hanno suscitato, negli ultimi giorni, varie reazioni e interpretazioni. Si offrono quindi alcuni elementi utili, con il desiderio di favorire una corretta comprensione delle parole del Santo Padre.
Più di un anno fa, durante un’intervista, papa Francesco ha risposto a due domande diverse in due momenti diversi che, nel suddetto documentario, sono state modificate e pubblicate come una sola risposta senza la dovuta contestualizzazione, il che ha generato confusione.
Il Santo Padre aveva fatto in primo luogo un riferimento pastorale alla necessità che, all’interno della famiglia, il figlio o la figlia con orientamento omosessuale, non vengano mai discriminati. A loro si riferiscono le parole: “Le persone omosessuali hanno il diritto di stare in famiglia; sono figli di Dio, hanno diritto a una famiglia. Non si può cacciare dalla famiglia nessuno e rendere la vita impossibile per questo”…
Una domanda successiva dell’intervista era invece inerente ad una legge locale di dieci anni fa in Argentina sui “matrimoni egualitari di coppie dello stesso sesso” e all’opposizione dell’allora Arcivescovo di Buenos Aires al riguardo. A questo proposito papa Francesco ha affermato che “è un’incoerenza parlare di matrimonio omosessuale”, aggiungendo che, nello stesso contesto, aveva parlato del diritto di queste persone di avere una certa copertura legale: “Quello che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile; hanno il diritto di essere legalmente coperti. Ho difeso questo”.
Il Santo Padre si era espresso così durante un’intervista del 2014: “Il matrimonio è tra un uomo e una donna. Gli Stati laici vogliono giustificare le unioni civili per regolamentare diverse situazioni di convivenza, mosse dall’esigenza di regolamentare gli aspetti economici tra le persone, come ad esempio garantire l’assistenza sanitaria. Si tratta di patti di convivenza di natura diversa, di cui non saprei dare un cast nelle varie forme. È necessario vedere i vari casi e valutarli nella loro varietà”. È quindi evidente che papa Francesco ha fatto riferimento a determinate disposizioni statali, non certamente alla dottrina della Chiesa, molte volte ribadita nel corso degli anni.
È la nota “interna” recapitata dalla Santa Sede a tutti i vescovi per fare chiarezza sulla confusione creata dai media “laici” convinti che la famosa frase pronunciata da Bergoglio nel corso del documentario di Afineevsky («Quello che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile; hanno il diritto di essere legalmente coperti. Ho difeso questo») fosse il segnale di una rivoluzione imminente all’interno della Chiesa: il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Quando questo testo ha iniziato a circolare, praticamente tutti i media che avevano esaltato la presunta svolta lo hanno presentato a titoli cubitali come fosse una smentita delle frasi del papa (nessuno lo ha pubblicato per intero). Quale sarebbe la smentita? «È evidente che papa Francesco ha fatto riferimento a determinate disposizioni statali, non certamente alla dottrina della Chiesa» avrei potuto scriverlo io… tanto è evidente da anni la posizione anche di questo pontefice sull’omosessualità. Si intuisce dalla frase: «È un’incoerenza parlare di matrimonio omosessuale». Sarebbe un’incoerenza perché due persone dello stesso sesso non possono avere rapporti sessuali con fine procreativo e sarebbero “atti impuri”. Ma questa idea della sessualità è nota.
Ciò che invece penso vada evidenziato è il suggerimento sotteso della Santa Sede ai vescovi a non osteggiare le leggi degli Stati in cui le unioni civili sono permesse (perché anche le persone omosessuali hanno dei diritti, essendo figli di Dio). Qui ci starebbe bene un sonoro ma poco giornalistico “maddai!” se non fosse che questa nota “interna” conferma che in Vaticano è tuttora radicata la convinzione che chi osserva le leggi di Dio abbia il diritto di vivere al di sopra delle leggi terrene.
E che queste diventino valide solo se e quando lo decidono loro. Ecco, io su questo mi permetto umilmente di dissentire.