Anni ’50. I miei turbamenti di giovane seminarista gay
Testimonianza inviata da Pietro al servizio di ascolto Mi fido di te
Voglio raccontare la mia presenza in seminario minore, alla fine degli anni cinquanta, un periodo per me emblematico e importante.
Ero in Seminario, ma non a Roma, dove ogni tanto le tre classi delle medie inferiori svolgevano insieme i compiti in classe di ogni materia, specie di italiano e latino.
In quelle circostanze era facile che i posti in una classe abbastanza grande si occupassero a caso, anche se alcuni seminaristi amici (qualsiasi cosa volesse significare) si mettevano sempre vicini.
Io non avevo la malizia di altri ragazzi, che sapevano chi fosse omosessuale a intuito ed anzi alcuni chiaramente parlavano dei loro compagni undicenni o dodicenni, definendoli belli o meno, ma io non ero dei loro e non facevo parte di alcun “gruppo segreto” o meno.
Un giorno, in occasione di un compito in classe di italiano insieme agli altri, in cui potevamo portare i libri che volevamo per svolgere il tema, un mio vicino di banco, forse di seconda media, mi prestò un suo libro prima di entrare in classe in cui aveva messo come segnalibro una sua fotografia. Lo aprii, incuriosito da quella foto, messa lì apposta o per caso.
Appena vidi la foto di questo compagno, che fin ad allora mi era stato indifferente, ebbi un moto, prima dell’animo e poi del corpo, talmente forte per cui mi sentivo tutto eccitato, ma anche imbarazzato dal mio stato alterato, per dir così.
Non durò molto la cosa perchè poi mi misi a scrivere il tema. Avrei dovuto capire, dal quel primo episodio, quello che altri compagni più grandi avevano gia sospettato e maliziosamente compreso di me e che mie spalle commentavano.
Io ero certo ingenuo, ma non stupido per cui mi domandavo il perchè di quei commenti su di me, di quelle risatine sommesse, di quelle piccole e grandi prese in giro, che colpivano la mia eccessiva sensibilità , cosa che mi sono sempre portato dietro fino ad ora che ho 78 anni.
Non sono divenuto presbitero, per mia grande fortuna, non mi sono sposato e, in coscienza, non avrei mai potuto farlo.
Mi rimase sempre viva quella foto e quell’episodio e se fossi stato più smaliziato forse avrei dovuto capire a tredici anni compiuti, che ero omosessuale. Ma rimasi impaurito inconsciamente da quello che potevo essere, che a quel tempo era fonte di grande vergogna, specie in un Seminario.
Forse se mi fossi aperto con qualcuno le cose sarebbero andate diversamente, ma con chi?
Forse non avrei faticato moltissimo a capire la mia omosessualità prima di accettarla, alla tarda età di 47 anni. Per decenni nascosi a me stesso la mia natura conducendo una vita di solitudine, di vergogna e il reietto agli occhi di Dio, negando anche l’evidenza, anche in confessione.
Un neurologo mi disse, vari anni dopo, che ero bisessuale e io mi abbarbicati a quel giudizio errato come la gramigna.
Soffrii per anni la mia diversità, ignorando certo che forse la repressione non mi aiutava affatto, anzi peggiorava la situazione, ma questo non lo sapevo anche perché vivevo in un mondo di repressi sessuali, frequentando assiduamente la gente di Chiesa.
Credo che questo piccolo episodio personale possa fare luce di come fosse, a quel tempo, la situazione degli omosessuali.
*Ringraziano di cuore Pietro per aver voluto donarci per la pubblicazione su gionata.org questa sua testimonianza personale.