Anwar Rhamani, il blogger che si batte per cambiare la società algerina
Intervista al blogger Anwar Rhamani a cura di Jérémie Lacroix pubblicata sul sito del mensile Têtu (Francia) il 24 giugno 2016, liberamente tradotta da Marco Galvagno
Anwar Rahmani ha 22 anni e studia all’università algerina di Tipaza. Scrive sul blog Diario di un algerino fuori dal comune. Attraverso i suoi scritti reclama più libertà d’espressione e di coscienza, così come il rispetto dei diritti fondamentali nel suo Paese. È uno dei primi a reclamare più diritti per le persone GLBT, ad esempio il diritto di potersi sposare. In un Paese controllato dall’esercito e dalla religione, in cui la stampa è imbavagliata e le persone GLBT sono vittime di discriminazioni e di persecuzioni, le sua posizione denota un grande coraggio, dato che Anwar Rhamani cerca di modernizzare l’Algeria e di aprire le coscienze sulla necessità del cambiamento, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. In effetti il mese scorso è stato minacciato dagli integralisti religiosi, ma anche dai membri della sua università. I mass media svolgono un ruolo attivo nel diffondere le minacce e le calunnie di cui è vittima. Una situazione denunciata dall’ONG irlandese Front Line Defenders, che cerca di proteggere i diritti delle persone minacciate in tutto il mondo. Tétu ha intervistato Anwar Rhamani per conoscere meglio la sua battaglia e le minacce che pesano su di lui.
Può presentarsi ai nostri lettori?
Buongiorno, sono Anwar Rhamani, blogger, scrittore e militante per i diritti umani in Algeria. Mi batto per i valori di coesistenza e di accettazione delle differenze della società e lotto contro ogni tipo di discriminazione. Mi batto per un progetto sociale moderno per la società algerina, pubblicando analisi su ciò che gli algerini stanno vivendo. Lo scopo è quello di far muovere gli intellettuali e costruire un’Algeria più grande, un Paese con valori come la tolleranza e la coesistenza, valori di cui siamo carenti oggi.
Qual è la situazione quotidiana delle persone GLBT in Algeria? Come si vive l’omosessualità nel Paese?
La maggioranza delle persone GLBT in Algeria vive in una situazione d’ipocrisia, ma al contempo l’omosessuale algerino si limita all’atto sessuale, non vede la tematica GLBT come una questione di coesistenza o di diritti umani e dunque ciò che è esilarante, ad esempio, è quando si chiede a un gay algerino di battersi per i propri diritti: egli rifiuta perché non si accetta. Tuttavia il gay rimane l’unico perdente, il gay algerino rinnega la propria identità e i propri diritti pur di compiacere la società. Dall’altro lato gli omosessuali algerini ricevono una specie d’accettazione bizzarra nella società. Ad esempio, i cantanti gay hanno avuto molto successo e le loro canzoni che parlano di amore tra persone dello stesso sesso vengono cantate ai matrimoni e nelle cerimonie pubbliche; questo ci mette di fronte a una problematica sociale profonda. Da un lato penso che la società algerina potenzialmente accetti tali diritti, dall’altro vi sono correnti ideologiche pericolose che si dispiegano soprattutto nelle scuole, nelle università e nei mass media. Queste correnti incitano all’odio contro la diversità e la convivenza e si basano su valori ideologici estremisti, senza che vi siano reazioni da parte dei progressisti, che non hanno più reagito dagli anni Novanta in poi; la paura regna sovrana, questo impedisce la libertà d’espressione. In questo quadro vedo che gli omosessuali algerini vivono in una libertà mascherata che non durerà a lungo, dato che tutti gli indicatori mostrano che il potere di questa corrente proviene dagli islamisti oscurantisti che incitano in un modo o nell’altro all’omicidio e allo sterminio dei gay.
Perché lei ha deciso di prendere la parola per chiedere più uguaglianza e tolleranza in questo contesto difficile e pericoloso?
Perché ho visto che tacevano tutti. Non potevo aspettare gli altri. Volevo prendere questa iniziativa da anni, anche se sono ancora molto giovane. Non riesco ad accettare questo disprezzo, ogni essere umano che non abbia perso la propria umanità dovrebbe agire così. Credo nei valori che sono miei e li difendo. Il mio progetto è quello di una vera coesistenza sociale, un progetto che consenta a tutti gli Algerini di vivere le differenze nel loro immenso Paese. Questo Paese sotto la superficie continua ad essere una grande prigione. Nessuno può vivere come vuole. Tutto ciò che è bello nel Paese è stato distrutto, gli oscurantisti hanno invaso tutte le sue articolazioni. Oggi siamo di fronte a un virus che trasforma tutte le cellule simili imponendo un potere di oscurantismo, ignoranza e rifiuto del diverso, sia nell’educazione scolastica che in quella universitaria e nei mass media.
Ci sono delle organizzazioni che difendono i diritti GLBT in Algeria? Ci sono stranieri che la aiutano?
Si dice che ci siano organizzazioni illegali che difendono i diritti GLBT in Algeria, ma ad essere sincero non le vedo affatto dato che non conosciamo i loro nomi né il loro lavoro. Tutto ciò che sappiamo è il nome del loro slogan, “Alouen”. Non vediamo l’impatto dell’associazione sul campo. Vorrei almeno che offrissero agli altri l’opportunità di lottare con loro, cosa che non è mai avvenuta. Prova ne è che io come militante non ho mai ricevuto da parte loro nessun tipo di aiuto o proposta. Quello che fanno è una specie di militanza mascherata. Penso che abbiano qualche interesse a far parte dell’organizzazione. Non fanno nessun sacrificio sul campo. In questo momento ricevo minacce e non mi hanno nemmeno chiamato per propormi aiuto. Ho cercato di aprire la strada per i gay algerini il 20 agosto dell’anno scorso proponendo di votare su una piattaforma internet per creare una specie di parlamento di difesa dei diritti dei gay con l’elezione di un rappresentante. Ho scoperto che ci sono nuove personalità che lottano per i diritti dei gay, ma allo stesso tempo l’associazione Alouen si è rifiutata di partecipare al voto. Ho detto loro che se volevano veramente il cambiamento bisognava che cominciassero da se stessi con l’essere sinceri; ci piacerebbe vederli in campo, che ci presentino il loro portavoce.
Lei riceve aiuti dall’estero?
Durante il mio percorso e fino ad oggi non ho avuto alcun sostegno da parte di nessuna organizzazione, né in Algeria né all’estero. Il mio lavoro è individuale. Mi esprimo con la penna o altri mezzi sul campo.
L’Observateur le ha consacrato recentemente un articolo. L’ONG Front Line Defenders chiede alle autorità algerine di proteggerla. Cosa succede in concreto? Come vive questa situazione? Pensa di dover lasciare il paese per mettersi al sicuro?
È successo che l’unione degli studenti, tra cui quelli dell’Università di Tipaza dove ho studiato, ha deciso di attaccarmi in modo arbitrario per promozione dell’omosessualità e dell’ateismo. Questa decisione è stata trasmessa a un imam della città di Cherchell. Questo imam mi aveva già attaccato in precedenza perché ho voluto rilanciare il festival El Manara, dato che cerco di rilanciare la cultura; lui lo aveva vietato. In seguito l’informazione ha raggiunto i giornali nazionali come Alchourk che hanno pubblicato calunnie su di me asserendo che avrei deformato il Corano, insultato il Profeta ecc. Immaginatevi il peso di queste calunnie in una società come la nostra, permeata dalla religione. Ho ricevuto minacce di morte a causa di queste diffamazioni, ma anche sulla pagina dell’università di Tipaza, gestita dagli studenti. Nonostante le informazioni dicano che le minacce sono cessate, esse continuano e sono sempre bersaglio dei loro attacchi.
Pensa di dover lasciare il paese?
In modo oggettivo e libero non voglio lasciare il Paese, ma ad essere sincero se devo andarmene lo farò, soprattutto se ho un sostegno. Voglio fare circolare nuove idee e analisi sulla società algerina che promuovano la nozione della convivenza. In un modo o nell’altro incoraggio la società algerina ad abbandonare quei codici di comportamento sociale che l’hanno fatta diventare una prigione intellettuale. La dittatura della società che subiamo ha fatto perdere agli individui le loro capacità intellettuali: codici ingiusti, costruiti sul maschilismo e sul sessismo, di cui dobbiamo sbarazzarci per il bene delle generazioni future. Dobbiamo operare per instaurare i valori della cittadinanza e le libertà individuali. Invito lo Stato algerino ad applicare i principii inscritti nella Costituzione, innanzitutto il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, al di là del sesso, della religione, del pensiero e dell’orientamento sessuale.
Qual è il messaggio che vorrebbe far passare su Têtu? La comunità algerina in Francia può aiutarla?
Attraverso Têtu richiamo la società civile francese e francofona a trasmettere gli avvenimenti che succedono da noi. Li invito a non essere tolleranti con gli integralisti, come invito gli omosessuali in Algeria a fare maggiori sforzi per rendere legittimi i loro diritti naturali, a saper vivere la loro condizione con dignità, senza aver paura, come ogni altro cittadino algerino. Dice Laroche “Bisogna lottare oggi per vivere domani la vita a cui abbiamo diritto”. Invito anche l’élite algerina a non emarginare questi suoi concittadini. Bisogna privilegiare il pensiero rispetto alla tradizione. Invito lo Stato algerino a costruire ponti d’amore tra i cittadini e ad allargare il campo delle libertà individuali. Invito i cittadini algerini che risiedono in Francia ad approfittare della loro condizione per diffondere lo spirito di convivenza attraverso i social network. L’Algeria è il testimone di una lotta intellettuale portata agli estremi, gli espatriati algerini devono operare per affermare i valori universali contro l’integralismo e il fanatismo.
Testo originale: Un blogueur algérien menacé de mort pour ses positions pro-LGBT