Arrivederci a Tel-Aviv. Essere ebreo ortodosso e gay in Israele
Articolo di Laurann Clément pubblicato su Monde Académie, blog de Le Monde (Francia) l’8 gennaio 2014, liberamente tradotto da Francesca Macilletti
Un venerdì sera di Shabat, a Tel Aviv, Eyal Liebermann riceve degli amici a cena e invita anche me. Lui è l’anziano presidente di Havruta, un’associazione fondata nel 2007 a sostegno dei gay ebrei praticanti in crisi d’identità. Nel corso della serata, un giovane uomo scansa la mia stretta di mano sorridendo imbarazzato. «Perché sei una donna», mi spiega Eyal Liebermann. Per gli ebrei ortodossi, ogni tipo di contatto fisico tra uomo e donna fuori la cerchia familiare è vietato. Alcuni esprimono sorpresa nei confronti di questo rifiuto nei miei confronti. «È un principio della religione, risponde l’ospite, e alcuni religiosi molto ubbidienti lo applicano.»
Uomo di una quarantina d’anni, Eyal Liebermann è nato in una famiglia ortodossa. Ha scoperto la sua omosessualità alle scuole medie. Dice: «Quando i miei amici guardavano le foto di ragazze, a me questo non interessava» Ha studiato in un ambiente molto religioso, completando con successo gli studi in informatica.
«Ero bravo a scuola, popolare e molto praticante». Ma, poco alla volta, si è isolato. «Ero arrivato al punto da tagliare i ponti con molti dei miei conoscenti. È stato soltanto all’età di 26 anni che ho potuto finalmente accettare il fatto di essere allo stesso tempo gay ed ebreo ortodosso.»
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L’ «abominio» dell’omosessualità
Nella comunità ortodossa, la pratica del giudaismo è molto rigida, anche se i suoi membri sono meno tagliati fuori dal mondo rispetto agli ultra ortodossi. Eyal Liebermann proviene da questo ambiente, dove l’omosessualità è molto spesso descritta come una deviazione e dove viene citato spesso e volentieri un passaggio della Torah che lo descrive come un’«abominio» (Levitico 18,22).
Nel 2012, le dichiarazioni ostili agli omosessuali dei due parlamentari ortodossi hanno provocato lo scandalo. «Gli omosessuali soffrono di un trauma sessuale e si suicidano all’età di 40 anni», aveva dichiarato Anastassia Michaeli, membro del partito di estrema destra Israël Beytenou. Uri Ariel, il ministro degli insediamenti, per conto suo, ha affermato che la presenza degli omosessuali nel servizio militare obbligatorio, «imbarazza la capacità dell’esercito a combattere». Più recentemente, nel mese di dicembre, il ministro Uri Ariel, membro di un altro partito di estrema destra, Habayit Hayehudi (“Dimora ebraica”), ha preso fervidamente posizione contro un progetto di legge presentato nel mese di ottobre allo Kneset dal partito centrista laico Yesh Atid, che autorizzava le unioni civili tra coppie eterosessuali e omosessuali. In un paese che ha smesso di considerare l’omosessualità un crimine solo nel 1988, questo argomento divide profondamente la società e non ha molte possibilità di essere adottato.
Nel corpo religioso, la maggior parte delle yeshivot (scuole di Torah) dirigono ancora i giovani gay verso delle terapie per correggere queste «inclinazioni contrarie». « Le scuole sono persuase del fatto che gli psicologi facciano di tutto per convincere i giovani a diventare eterosessuali, ma, in realtà, questi psicologi aiutano i loro pazienti a farsi un’idea di ciò che preferiscono fare.», sottolinea Eyal Liebermann.
Segno dell’evoluzione della mentalità delle persone: alcuni rabbini ortodossi influenti, come il rabbino Yuval Cherlow, direttore della yeshivah di Petah Tikva, città all’est di Tel Aviv per la maggior parte ortodossa, hanno firmato nel 2011 negli Stati Uniti un trattato di tolleranza nei confronti della comunità, dove incoraggiano « le famiglie degli ebrei omosessuali ad unirsi in modo da mantenere dei rapporti familiari armoniosi».Altro segno: seppure il matrimonio omosessuale non sia legale in Israele, è riconosciuto se lo stesso è stato celebrato in un altro paese, secondo una sentenza della Corte Suprema del 2006.
I membri dell’associazione Havrutah danno molta più importanza alla loro spiritualità che alla loro sessualità. È il caso di Haïm Segev, un trentenne dallo sguardo timido, cresciuto in una famiglia religiosa di Giv’at Shmuel, città maggiormente ortodossa ad est di Tel Aviv, dove suo padre insegna la Torah.
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Internet: un rifugio
Haïm ha per molto tempo rifiutato di accettare la sua omosessualità. Ha consultato rabbini e psicologi nella speranza di ritornare sulla «retta via». « Ho provato ad uscire con delle ragazze, ma senza risultato. Quando ho detto ai miei genitori di essere gay, mia madre ha insistito perché entrassi in terapia e prendessi degli antidepressivi. Mio padre ha pianto. La pressione era talmente tanto da costringermi ad andar via di casa.» Dalla tasca tira fuori un foglio stropicciato sul quale aveva scritto il suo malessere.
Haïm si rivolge a internet. Entra in contatto con l’associazione Havrutah e crea una pagina Facebook che raggruppa rapidamente più di 400 membri. Di fronte a questo successo, organizza degli incontri che riunisce i gay ortodossi provenienti da Tel Aviv, Gerusalemme, Haïfa e Beer-Sheva. Tali incontri si svolgono a Tel Aviv, città particolarmente tollerante nei confronti degli omosessuali. « All’inizio, rimanevamo discreti, tutto rimaneva tra amici. Poi, quando i media hanno iniziato ad interessarsi a noi, ci sono state reazioni diverse: incoraggiamento, tolleranza, indifferenza… Ma ho anche ricevuto delle minacce telefoniche anonime.»
Nell’associazione Havrutah, si formano delle coppie e dei gruppi di discussione. Alcuni si limitano a flirtare senza passare all’atto fisico in modo da non disobbedire alla legge religiosa, mentre altri non vedono alcun problema nel passare all’azione.
Le campagne di sensibilizzazione che conducono le associazioni e i media, incoraggiano un’evoluzione progressiva della mentalità. Haïm Segev è ottimista: « Oggi, i miei genitori mi accettano per quello che sono. Mi hanno capito e sono ritornato a vivere con loro». Attore, ha recentemente preso parte ad una serie TV israeliana “La casa dei desideri”. Questo nuovo dramma psicologico del regista israeliano Haïm Bouzaglo mette in scena uno psichiatra che si confronta coi suoi pazienti e i loro traumi passati. Con fierezza, Haïm annuncia che, per la prima volta, interpreterà il proprio ruolo.
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Titolo originale: Être juif orthodoxe et gay en Israël