Arrivederci eremo di Salvarano, luogo dell’accoglienza anche per le persone LGBT
Riflessioni inviateci da Maurizio Mistrali
Il 28 dicembre (2015), con la morte di suor Mariangela, si è conclusa la storia terrena dell’Eremo di Salvarano, iniziata quando un gruppo di quattro suore di clausura (Mariangela, Gemma, Ancilla e Maria Francesca), sull’onda del Concilio, chiesero ed ottennero di uscire dal monastero delle francescane cappuccine di Correggio per aprirsi alle novità dello Spirito e dedicarsi all’ascolto e all’accoglienza delle persone.La comunità dell’Eremo di Salvarano ha rappresentato una bellissima esperienza di Chiesa inclusiva nelle nostra Diocesi, pagata dalle suore con il prezzo dell’esclusione da parte di chi le riteneva troppo inclusive…. D’altra parte è nell’ordine delle cose che, chi accoglie gli emarginati venga spesso emarginato a sua volta.
L’Eremo, per chi ha avuto la grazia di conoscerlo e frequentarlo, è stato veramente la luce collocata sul monte citata dal Vangelo, una luce non abbagliante, discreta, tenue, ma sempre accesa. La porticina delle suore sempre aperta, chiunque entrasse era ascoltato, consigliato, accolto, consolato, rinfrancato.
Si sono fermate da loro, anche per più giorni, persone in ricerca, persone in crisi, persone allontanate dalla famiglia, alcuni cercavano riposo, alcuni cercavano la strada da percorrere, altri una protezione dalla società aggressiva nei loro confronti….
Ricordando la vicenda delle suore di Salvarano viene alla mente il discorso di addio di Angelo Roncalli, il futuro papa Giovanni XXIII ai cattolici bulgari in occasione del suo trasferimento:
“Secondo una tradizione irlandese, tutte le case mettono alla finestra, nella notte di Natale, una candela accesa, per indicare a Maria e a San Giuseppe, che cercano un rifugio nella notte santa, che in quella casa c’è posto per loro. Ebbene, ovunque io sia, anche in capo al mondo, se un bulgaro passerà davanti alla mia casa troverà sempre alla finestra una candela accesa. Egli potrà battere alla mia porta e gli sarà aperto; sia cattolico o ortodosso, egli potrà entrare e troverà nella mia casa la più calda e la più affettuosa ospitalità”.
I due settori nei quali le suore hanno maggiormente profuso il loro impegno sono stati probabilmente quelli del dialogo ecumenico ed interreligioso e quello dell’accoglienza delle persone omosessuali.
L’Eremo è stato un luogo di riflessione e di incontro per molti rappresentanti delle confessioni cristiane e delle varie religioni, teologi più o meno noti, ha ospitato gruppi di studio della lingua ebraica, conferenze, celebrazioni. Le persone omosessuali, credenti e non, trovavano nelle suore, in particolare suor Maria Francesca (morta nel 2006 in un incidente stradale mentre in bicicletta andava a trovare i malati) e suor Mariangela, oltre alla consueta accoglienza, una competenza specifica, liberante e rasserenante sulla loro condizione, frutto di tanti anni di incontri, studio, relazioni ed esperienze dirette nel campo della pastorale rivolta a loro.
In diverse occasioni le suore hanno esercitato la loro maternità ed offerto la loro ospitalità nei confronti di ragazzi e ragazze omosessuali allontanati dalla famiglia a causa della mancata accettazione della loro condizione da parte dei genitori, i quali spesso venivano contattati da loro per tentare, con la loro mediazione, un cammino di accettazione e riconciliazione con i figli.
Questa opera di riconciliazione veniva da loro attuata anche nei confronti di coppie a rischio di separazione o già separate che si rivolgevano a loro, con una attività discreta e nascosta, ma costante e paziente, portata avanti con delicatezza e benevolenza.
Se si è conclusa la storia terrena dell’eremo, ma non si è certamente conclusa la vita e lo spirito di amore di queste sorelle, che rimangono sempre accanto a chi le ha conosciute ed ha beneficiato della loro presenza rigenerante, che ci stimola ad aprirci alle diversità ed alle sofferenze delle persone che si rivolgono a noi.
Ultimamente, suor Mariangela, rimasta sola e prostrata dalla malattia, pregava e ripercorreva con la memoria i volti delle persone passate dall’eremo, e ha recuperato la foto di Cristian, un ragazzo di 23 anni suicidatosi diversi anni fa perché non riusciva a reggere il peso della sua condizione di omosessuale e di credente.
Aveva la serena consapevolezza di reincontrarlo presto nella vita eterna, insieme a tutte le altre persone conosciute nella sua lunga vita terrena, e che l’hanno preceduta nella pienezza. Ora non sarà più necessario parlare di loro con Dio (come dice nella sua poesia riportata qui sotto), ma può parlare con loro e con Dio, finalmente tutto in tutti. (1 Cor. 15,28).
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Un piccolo mare il mio cuore:
dalle rive dell’infinito navigli giungono
spinti dal vento di Dio.
Navi e piccole barche
vanno, vengono, ritornano.
Onde d’affetto
sulla via d’ognuna;
l’incontro si frange nel luccichio
della spuma gioiosa.
Dilegua la scia,
un solco d’amore si stampa
nel piccolo cuore profondo.
Vengono,vanno, ritornano.
Il piccolo mare rimane nel sole
e nel vento, a sognare
e parlare di loro
con Dio.
suor Mariangela Periti
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Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte (Mt. 5,14)