Baciarlo, lasciarsi baciare, baciarsi. Una “spiritualità dei baci”
Riflessioni Luigi Testa* sulla “spiritualità dei baci”, parte terza
Il bacio è quanto più esprime un’intimità che tiene in sé sia la parte sensuale ed erotica del desiderio che quella limpidamente affettuosa di un amore. È significativa l’esperienza comune di una certa resistenza a lasciarsi andare a baci nel contesto di un incontro mercenario, o comunque occasionale. Forse anche perché è proprio l’impiego della lingua a permettere simbolicamente l’accesso ad un alfabeto nuovo, condiviso: permette l’accesso alla lingua dell’altro – intesa non solo come dato anatomico ma come canone espressivo da decifrare.
«Sentire la lingua dell’amato è sentire il suo cuore; è dichiarare il mio amore, è far esistere l’amore, è come fare l’amore. Mentre mantengo il bacio, tocco la tua lingua, la tua voce, la tua parola, il tuo nome. Mentre mantengo il bacio, trasformo il tuo corpo in una nuova lingua e in un nuovo alfabeto. Sento tutta la storia del tuo corpo depositata sul mistero unico della tua lingua. Sento tutta la vita che ho vissuto passare in questa nuova lingua che siamo diventati ora» (M. Recalcati, Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore).
È possibile quest’esperienza nella relazione con il Signore Gesù? L’importanza che Egli dà ai baci nella trama del Vangelo sembra anzitutto rassicurarci di questo, e liberarci dalla paura opposta: sì, è possibile. E arrivano a confermarcelo la liturgia, la pietà popolare, e la storia della spiritualità cristiana. Sarebbe piuttosto riduttivo, infatti, credere che «i baci della sua bocca» che i mistici desiderano e sperimentano siano semplicemente delle allegorie o dei simbolismi.
La mistica è tutt’altro che allegoria: è esperienza viva. Di baci veri, dunque, si tratta, anche se, almeno il più delle volte, impressi nella dimensione dell’anima, e non in quella fisica – il che non ne diminuisce la realtà, di cui il dato fisico è soltanto la parte visibile. Allo stesso modo, nella vita contemplativa ciascuno può mettersi ai piedi del Signore e coprirglieli di baci, può andargli incontro mentre egli ci si getta al collo e ci bacia, può baciargli la guancia per cancellare il ricordo di quella “prima brutalità fisica”.
Una spiritualità dei baci ha dunque tre momenti: baciarlo; lasciarsi baciare; baciarsi. Baciarlo, anzitutto; partendo dal dato certo evangelico per cui Egli desidera il nostro bacio, tanto da far pesare a Simone il fariseo di non avergliene dato neanche uno, da quanto è entrato in casa sua.
Se Ignazio di Loyola, nell’applicazione dei sensi dei suoi Esercizi Spirituali, suggerisce di «toccare con il tatto, per esempio abbracciare e baciare i luoghi dove tali persone camminavano e siedono» (Esercizi, 125), a maggior ragione si potrà abbracciare e baciare direttamente l’Amato del nostro cuore (Ct 3,2).
Se dovesse sorgere il timore che si possa inclinare verso forme non opportune di erotismo, questo va ordinariamente letto come uno scrupolo, interiorizzato dall’ambiente radicalmente sessuofobo in cui ancora siamo immersi, e sintomo di una incompleta integrazione tra le diverse parti dell’ “io”, di cui il Nemico si serve per creare ancora un diaframma tra noi e il Signore Gesù. Se altri avessero dato ascolto a questo scrupolo, oggi non avremmo il Cantico dei Cantici, né i testi di Giovanni della Croce, né tanti altri vertici della spiritualità mistica.
Vale la pena di notare che la liturgia – molto più esperta di umanità di quanto non si possa credere –, prescrivendo nelle sue rubriche il bacio all’altare e all’Evangeliario, ci suggerisce che, in alcuni tornanti della vita spirituale, può avere senso e può essere di aiuto anche un’esperienza fisica, materiale, di bacio. È vero che l’approdo definitivo di una vita cristiana autentica sarà quella di «ungere i piedi di Cristo, annunciando il Vangelo, servendo i poveri» (Papa Francesco, Discorso a Timor-Leste, 10 settembre 2024), ma nel cammino verso questa maturità la vita affettiva di fede può essere educata da piccoli gesti per così dire pedagogici.
Chi invece ritiene di poterne fare a meno farà attenzione a non disprezzare “i piccoli” ma a lasciarsi eventualmente edificare dalla loro semplicità. È toccante da questo punto di vista l’esperienza raccolta da un santo del secolo scorso: «Pazzo! – Ti ho visto – ti credevi solo nella cappella episcopale – deporre un bacio su ogni calice e su ogni patena appena consacrati: perché Egli trovasse quel bacio nel “discendere” per la prima volta in quei vasi eucaristici» (J. Escrivà, Cammino, 438).
Oltre a baciarlo, lasciarsi baciare da Lui, partendo anche qui dal Suo desiderio cui arrendersi. È suggestiva, da questo punto di vista, la descrizione del crocifisso che fa uno pseudo-Agostino in realtà del XIII secolo: «Guarda le ferite del suo corpo appeso: ha la testa china, per baciare – caput inclinatum ad osculandum; ha il cuore aperto, per amare; ha la braccia allargate, per abbracciare».
Lasciarsi baciare da Lui significa ricevere in noi il Suo alito, il Suo spirito. Quando il Risorto appare nel cenacolo e comunica lo Spirito Santo, nel racconto di Giovanni, ἐνεφύσησεν (enefùsesen), nella Vulgata latina «insufflavit»: è importante il suffisso originario, ἐν – in (Gv 20, 22). Non è un soffiare nel vuoto, non è un alitare indistinto: è un soffiare in. Come in un bacio, in cui i due amanti si scambiano l’alito a vicenda, pur tuttavia restando due persone distinte.
«Il bacio non unifica, non compenetra, non fonde gli amanti in un solo corpo. Nel bacio, i corpi restano sempre divisi, separati, distinti. L’intimità del bacio fa sprofondare l’Uno nell’Altro, ma i corpi restano due. Anzi, è solo perché i corpi restano Due che il bacio è possibile» (M. Recalcati, Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore).
Il dono del Suo Spirito, come in un bacio, ci riempie di Sé, del Suo alito vitale, del Suo respiro, ma non ci distrugge: ci lascia individui nella nostra libertà di figli. Così, il Suo Spirito, primo bacio del Risorto, realizza in noi quello che Pedro Salinas racconta dei baci con la donna di cui è innamorato: «I baci che tu mi dai sono sempre redenzioni: tu baci verso l’alto e qualcosa di me porti a luce, costretto prima nel fondo oscuro» (P. Salinas, La voce a te dovuta, XLV].
Dopo averlo baciato ed essersi lasciati baciare, baciarsi, nell’unione che Egli per primo desidera. Di molti baci ricordiamo il sapore dell’altro, o il calore delle labbra. Si tratta di compiere questa particolare applicazione dei sensi anche qui: trattenere il sapore del bacio del Signore sulle nostre labbra, per tornare a rigustarlo, per riportarne alla mente e al cuore il calore.
Di Francesco d’Assisi ci raccontano che «ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e deglutire tutta la dolcezza di quella parola» (Tommaso da Celano, Vita prima, 86).
Nessuno ci autorizza a credere che quello fosse un gesto teatrale, poco più che una messa in scena: la semplicità dell’esperienza di Francesco ci porta piuttosto a ritenere che egli davvero – in quella dimensione mistica in cui anche i sensi servono alla vita dell’anima – trovasse sulle sue labbra la dolcezza lasciatagli dal nome dell’Amato. Quanto più il Suo sapore sarà sulle nostre labbra, dopo averlo baciato ed esserci lasciati baciare da Lui.
Davide Maria Montagna, poeta e frate servita del secolo scorso, con meno fortuna di quanta meriterebbe, scriveva nel 1997 nella premessa ad una sua raccolta: «Quella dell’eros è la parabola più universale che svela il Sogno di Dio, di cui è intrisa tutta la creazione. Le “tastiere” dei sensi lascino finalmente risuonare, pur quando sono appena sfiorate, nitide melodie d’altrove.
Sono le carezze nascoste e lievi, che rendono luminose le stelle ed anche il cuore segreto di ogni orante. Nella complicità del silenzio» (oggi in D.M.Montagna, Stupore).
In questa complicità, ognuno può sfiorare le tastiere dei sensi, tessendo la sua personale spiritualità dei baci. Perché un giorno non arrivi anche a noi il rimprovero del Maestro: «Non mi hai dato neanche un bacio…».
*Luigi Testa è autore di testi a carattere giuridico e scrive su alcuni quotidiani nazionali. “Via crucis di un ragazzo gay” (Castelvecchi, 2024) è il suo primo libro di natura spirituale, altre sue riflessioni sono pubblicate anche su Gionata.org
> Le riflessioni sulla “spiritualità del bacio” di Luigi Testa