Bambini e adolescenti transgender: linee guida per una crescita corretta
Articolo pubblicato sul sito dell’American Ostheopatic Association (Stati Uniti), liberamente tradotto da Chiara Spasari
Fin da piccolo tuo figlio giocava a travestirsi con gli abiti di sua sorella. Preferiva sempre giocare con le bambine piuttosto che con i maschietti, e ti ripeteva di voler essere una femmina. Di recente ha iniziato ad insistere di essere una ragazza. Che succede? Tuo figlio può avere la disforia di genere.
La disforia di genere è essenzialmente definita come conflitto fra l’identità sessuale di una persona e la sua anatomia, il sesso attribuito alla nascita.
“La disforia di genere è il disordine emotivo che le persone transgender avvertono” dice la dottoressa Laura Arrowsmith, che dirige una clinica ad Oklahoma City: “Vivono in un corpo che non rispecchia l’idea che hanno di se stesse”.
Non tutti le persone transgender accusano disforia, dice la dottoressa Arrowsmith, ma i giovanissimi che si scoprono transgender si trovano ad affrontare una dura battaglia con i genitori, che di solito non capiscono cosa sia l’identità di genere.
“Molti genitori dicono ‘Oh, é solo un periodo, crescendo ne uscirà’” dice la dottoressa Arrowsmith, “E alcuni bambini ne escono. Vediamo ragazzi che inizialmente si dimostrano trans, poi più avanti si identificano come gay, lesbiche, o nessuno di questi”.
Rischi per le persone transgender
Le ricerche su giovani e adulti transgender mostrano tassi molto più elevati di senzatetto, abuso di sostanze, infezioni da HIV, depressione, disturbi d’ansia, autolesionismo e pensieri di suicidio che nel resto della popolazione. Il rifiuto da parte di famiglie e comunità sono considerati i principali catalizzatori di queste problematiche.
È stato dimostrato che il consenso della famiglia gioca un ruolo essenziale nella determinazione di salute mentale, abuso di sostanze e rischio di malattie sessualmente trasmissibili in adolescenti e giovani transgender. Uno studio del Journal of Child and Adolescent Psychiatric Nursing del 2010 ha dimostrato che il supporto familiare a lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) nell’adolescenza conduce a “una maggiore autostima, approvazione sociale e condizione generale di equilibrio” in età adulta; scongiura inoltre la depressione, l’uso di stupefacenti, i pensieri e comportamenti suicidiari.
La transizione sociale
Un secondo studio, pubblicato l’anno scorso sulla rivista Pediatrics, dimostra che I ragazzi che hanno effettuato la transizione sociale, cioè quelli che hanno adottato nome, pettinatura, abbigliamento e pronome associato con il genere da loro rivendicato in luogo di quello di nascita, presentavano tassi di depressione simili a quelli dei loro coetanei non-transgender, e disturbi d’ansia in misura leggermente maggiore.
La ricerca dimostra che I bambini incoraggiati ad essere quello che sono e che vengono amati incondizionatamente sono notevolmente più felici e sani di quelli che non godono di questo sostegno:
“I genitori hanno un ruolo rilevante nella crescita dei bambini transgender” dice la dottoressa Arrowsmith, “I genitori hanno grosse difficoltà ad accettare e dare ai figli affetto incondizionato, ma una volta a bordo —dopo fasi di rifiuto, rinuncia, condanna, angoscia— diventano i loro difensori a scuola e davanti ai parenti, e questo è cruciale per il benessere del figlio”.
La transizione sociale è anche un’azione del tutto reversibile, che consente al bambino di essere a suo agio nel genere da lui desiderato, e decidere se è la scelta giusta.
“Insistenza, perseveranza e coerenza”
Il protocollo clinico per i bambini prevede che quando un bambino che abbia effettuato la transizione sociale continui con costanza e determinazione ad affermare il suo essere transgender, può essere inserito nei programmi con i farmaci bloccanti della pubertà.
Queste terapie impediscono al bambino di sviluppare i caratteri sessuali secondari, quali i seni femminili o la peluria facciale maschile. Interrompere l’insorgenza della pubertà è un processo reversibile, e facilita le terapie nel caso in cui il paziente decida per la transizione completa.
Generalmente gli adolescenti proseguono le terapie ormonali per uno/tre anni, così da avere più tempo per maturare e assicurarsi che il cammino intrapreso sia quello giusto: “Sappiamo che, se un ragazzo continua per tutta la pubertà a identificarsi col sesso non attribuitogli alla nascita, è quasi certo che sia transgender” dice la dottoressa Arrowsmith.
Qualora decidesse di invertire la rotta e sospendere i farmaci per il blocco della pubertà, andrebbe semplicemente incontro a una pubertà posticipata del sesso di nascita.
Terapia ormonale
Se decide di proseguire il percorso verso la transizione, il passo successivo sarà la terapia ormonale. La transizione da femmina a maschio si serve di testosterone, mentre quella da maschio a femmina adotta estrogeni con inibitori degli androgeni. La terapia ormonale, a differenza della transizione sociale e del blocco della pubertà, è solo parzialmente reversibile: “Se ho in cura un adolescente che, per esempio, è nato con un corpo maschile e sta passando al genere femminile, mi assicuro che sia consapevole delle conseguenze” dice la dottoressa Arrowsmith, “Se decide di sospendere la terapia ormonale, non sarà possibile invertire la crescita di tessuto mammario, se non con un intervento chirurgico, e probabilmente non potrà più avere figli. Le femmine che stanno diventando maschi non potranno invertire la mascolinizzazione del volto e l’ampliamento del clitoride”.
Cosa possono fare i genitori
I genitori devono anzitutto informarsi sulla disforia di genere, sull’identità di genere e le difficoltà della vita da transgender, “Poi vigilare contro disturbi alimentari, autolesionismo, abuso di sostanze e tendenze suicide” dice la dottoressa Arrowsmith, “È molto importante trovare un esperto di salute mentale che abbia familiarità con soggetti transgender, e trovare gruppi di supporto”.
Spesso i gruppi di supporto sono un punto di svolta per le famiglie che lottano per accettare i loro figli transgender, dice la dottoressa Arrowsmith: quando incontrano altri genitori e vedono ragazzi che hanno cambiato sesso, si tranquillizzano.
Un luogo comune sull’identità di genere è che sia legato all’orientamento sessuale, ma le due cose sono distinte e separate: “Vorrei che la gente capisse che essere transgender non ha niente a che fare con l’orientamento sessuale” dice la dottoressa Arrowsmith, la quale, nata uomo, ha cambiato sesso da adulta: “L’identità di genere e l’orientamento sessuale sono due cose del tutto diverse. Non ha niente a che fare con il sesso da cui sono attratto: ha a che fare con la mia identità, e non è una scelta”.
Testo originale: Transgender youth: a guide to helping their child transition